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Violenze sui bambi

Creato il 12 ottobre 2012 da Tnepd

Violenze sui bambi

Violenze sui bambi C’è una scena del film “Kill Bill” in cui una conturbante Uma Thurman fa un combattimento all’ultimo sangue con una donna, all’interno di una cucina. A un certo punto, per un motivo qualsiasi, entra nella stanza la figlia dell’altra donna e le due combattenti fanno velocemente sparire dietro la schiena i coltellacci che avevano in mano, immobilizzandosi all’istante. La scena si fa surreale. Dopo che la donna risponde con la massima naturalezza possibile alle domande della figlia e dopo che questa se n’è uscita, il combattimento riprende feroce, dal punto in cui era stato interrotto. Il messaggio è che l’infanzia è sacra e ci sono due modelli di comportamento nella società umana, quello dei grandi e quello dei piccini, che a volte, anzi spesso, entrano in corto circuito. La convivenza di questi due modelli, o mondi, genera schizofrenia negli adulti, che finiscono per diventare anche ipocriti nel momento in cui vorrebbero tenere lontani i bambini dalle bruttezze e dalla brutalità della vita. Non sempre i due modelli riescono a rimanere separati e perciò finiscono per sovrapporsi. Hanno fatto il giro del mondo le foto di

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 due fratellini guatemaltechi, rimasti soli al mondo come novelli Hansel e Gretel. Non hanno avuto la fortuna del tutto irrealistica della bambina del film di Quentin Tarantino perché hanno visto tutto. Hanno visto i sicari uccidere sette dei loro familiari. Ma la cosa sorprendente è stata la sicurezza del fratellino maggiore con cui ha gestito l’arrivo della polizia, raccontando agli agenti come si erano svolti i fatti e assumendo un atteggiamento di protezione nei confronti della sorella. Qualcuno direbbe che in quel corpicino di bambino alberga un’anima antica. Io che non credo nell’anima né nella reincarnazione, propendo per una spiegazione diversa, anche se al momento per me oscura. Di natura diversa, anche se forse non troppo, è la violenza che prende singoli individui, a differenza di quelli che hanno agito in gruppo sterminando tutti i componenti adulti della famiglia guatemalteca. Un singolo malnato individuo di nome Patrizio Franceschelli, il 4 febbraio scorso, ha prima strappato il figlioletto di 16 mesi dalle mani della nonna e poi lo ha gettato nelle gelide acque del Tevere. Il corpo del bambino è stato trovato alla foce del fiume due mesi dopo. La domanda che sorge spontanea è come sia possibile che un uomo di 26 anni possa fare una cosa del genere, visto che il piccolo Claudio era sangue del suo sangue. Va detto che l’istinto paterno è meno forte di quello materno, come regola di natura, ma in questo caso si è superato un limite di decenza consuetudinario e l’unica spiegazione che mi viene in mente, escludendo l’ipotesi malanghiana di un essere umano posseduto da una memoria aliena (Padre Amorth direbbe da un diavolo), è che presso i mammiferi esistono casi di cannibalismo e soppressione dei propri cuccioli e non c’è niente di cui stupirsi. Lo fanno i leoni maschi, allo stato libero, con i figli del rivale spodestato dall’harem, senza che la leonessa glielo impedisca. Lo fanno altre specie di mammiferi in cattività negli zoo, quasi per non voler dare ai propri nati una vita da reclusi. Lo fanno le coniglie e le gatte, in particolari condizioni di stress.

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Se tanto mi dà tanto, anche il signor Franceschelli, orfano di entrambi i genitori, stava vivendo una situazione cronica di stress, che lo ha indotto a comportarsi come un qualsiasi leone della savana. Con l’aggravante che non c’era alcuno scopo riproduttivo, ma solo una forma di vendetta verso la moglie anoressica già più volte malmenata e già disgraziata di suo. Ragionare retrospettivamente chiedendosi come una ragazza possa innamorarsi e sposare un simile mostro, non ha senso perché prima di diventare un mostro l’individuo appare normale come tutti gli altri. E’ anche il caso dell’accoltellatore veneto capitato pochi giorni fa. Idem con quella donna di 43 anni, di un paese vicino Cervignano del Friuli, che con un’unica coltellata al petto ha mandato al Creatore il suo compagno trentanovenne ubriaco. E poi dicono che l’alcol non fa male! Io sono qui a disquisire dottamente (si fa per dire) su casi di cronaca nera, ma quel Franceschelli corre il rischio che qualche detenuto possa porre fine alla sua disgraziata esistenza. Regola vuole, infatti, che i detenuti che commettono violenza su bambini e donne siano puniti duramente dagli altri carcerati. Cosa che se da un lato denota una qualche nobiltà d’intenti nelle regole della malavita, non sempre seguite se consideriamo il caso del bambino sciolto nell’acido, dall’altra mostra un quadro squallido di violenze incrociate e autorigenerantesi, che fanno di questo pianeta un inferno per uomini e animali. Nei casi finora esaminati, i due fratellini scampati all’eccidio, il piccolo Claudio gettato nel Tevere e gli accoltellamenti tra adulti in stato d’alterazione di coscienza, i responsabili sono privati cittadini, ma nel caso del “rapimento” di un minore da parte della polizia, su mandato di un giudice, sono le istituzioni a comportarsi in maniera esecrabile. Una frase detta dal giornalista del tiggì che ha dato la notizia mi ha colpito: “sono centinaia, ogni anno in Italia, i casi 

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di….rapimento da parte della polizia, ma questo ha fatto scalpore perché è stato filmato con un telefonino”. Se non fosse successo nessuno se ne sarebbe interessato, perché così vogliono le leggi. Dura lex, sed lex. Il ministro dell’interno ha sollecitato un’inchiesta, quel nomen omen di Manganelli, capo della polizia, si è addirittura scusato, ma la sensazione d’ipocrisia qui è ancora più forte. Ergo, portatevi sempre dietro una fotocamera digitale o meglio ancora una piccola cinepresa. Non si sa mai che qualche sbirro voglia darvi dimostrazione di chi è che comanda su questa terra. Come se non lo sapessimo di già! Il problema a quel punto sarà non farsi spaccare l’oggettino tecnologico che gli punteremo contro e che sicuramente lo farà arrabbiare ancora di più.

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Se i narcos uccidono i rivali, se i padri impazziscono e si vendicano, se coppie problematiche, con o senza tendenze alcoliche, perdono il lume della ragione e versano sangue, sarà anche contemplato dalle leggi di natura, ma resta pur sempre qualcosa di disdicevole dal momento che, fin dall’inizio della creazione dell’Homo sapiens, ci siamo concordemente impegnati a neutralizzare la parte più spietata di quelle leggi, addolcendo i nostri costumi e stabilendo contratti sociali basati sulla pacifica convivenza. C’è però una vistosa eccezione che comporta lo scioglimento istantaneo di quel tacito contratto ed è quella della macellazione. E’ stato spiegato da molto tempo, e da persone più valenti di me, che la violenza sugli animali è propedeutica alla violenza sull’uomo, ma l’uomo non ha mai voluto capire questo semplice principio e ha sempre fatto orecchio da mercante. Il risultato sono le violenze di tutti contro tutti, di adulti contro adulti, di adulti contro bambini e di adulti contro bambi. Sì, proprio il Bambi disneyano, rappresentante emblematico di tutti gli animali trasfigurati o meno nella fiction d’animazione. Alcuni, se truccati adeguatamente, sembrano usciti da un cartone animato, ma la maggior parte è più terrestre e prosaica, pelosa, puzzolente e rumorosa. Sfrascano, corrono e scappano, orinano, brucano e stanno acquattati. Muggiscono, belano e bramiscono.

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Ma tutto ciò, che fa parte della bellezza della natura selvaggia, non interessa, non piace e non influisce minimamente sui trogloditi con licenza di uccidere che ne traggono vantaggi economici, quando non anche solo emozioni adrenaliniche. Una cosa la religione ha mancato di dire: se si vuole un uomo pacifico si deve essere pacifici con tutti i viventi, permettendo solo a rare eccezioni di confermare la regola. Attuando compromessi, s’inficia il tutto. Star seduti sulla sedia della bontà e dell’amore fraterno e, contemporaneamente, voler star seduti anche sulla sedia del profitto, dell’opportunismo, del menefreghismo e dei porci comodi, fa sì che tutte le nostre velleitarie buone intenzioni d’esseri angelici vadano in vacca. E qui, tra porci comodi e andare in vacca, abbiamo già due esempi di diffamazione e di negatività attribuiti agli altri animali. Noi, specie padrona, siamo sempre innocenti! Posso capire che i bambini, facendo parte della nostra specie, suscitino maggiore empatia, ma per coloro che vedono negli animali dei bambini solo leggermente diversi – e questo capita spesso alle femmine della nostra specie, conosciute come animaliste – trovarsi di fronte ad abusi e a violenze ai danni delle bestie è una pena continua, uno scandalo senza fine. Gli altri, coloro che hanno corazze etiche robuste e consolidate dai millenni di specismo, trattano noi come malati e ci riversano quell’odio che scaturisce forse dalla profonda consapevolezza che essi hanno torto e noi ragione. Sanno, i persecutori di animali e i loro fiancheggiatori, che un mondo di rispetto universale sarebbe preferibile, ma preferiscono rigettare un simile pensiero e considerare noi animalisti come pazzi fanatici. Un mondo diverso sarebbe possibile, se ci fosse l’accordo degli uomini di buona volontà, ma il privilegio della razza padrona verrebbe meno. Non possono rinunciare a cacciare e macellare gli animali, come non possono rinunciare a gettare nei fiumi gl’infanti e a sciogliere nell’acido i figli dei pentiti di mafia. E’ un privilegio troppo prezioso per dovervi rinunciare. Il rispetto per la sensibilità dei bambini preferiscono lasciarlo alla Pulp Fiction di Tarantino e quello per gli animali alla Walt Disney company. Il Carrozzone, comunque, riprende sempre a camminare, lasciandosi dietro scie di sangue altrui e i nostri sguardi sbigottiti.

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