Tra la scettica Weaver e il medium De Niro si insinua lo psicologo-sensitivo Cillian Murphy. Peccato che la pellicola diretta da Cortés pecchi d’indecisione: rimane infatti a metà strada tra il desiderio di smascherare i truffatori (che sfruttano abilmente la credulità del cittadino) e quello di confermare l’esistenza del paranormale. E a causa di questa incertezza, che spacca Red Lights (Red Lights, 2012) in due, il film diviene progressivamente meno avvincente. La domanda sulla presenza del paranormale e del metafisico permane anche a fine pellicola. Cortés non da risposte e lascia tutto alla personale interpretazione dello spettatore. Thriller dalla fotografia e dalle atmosfere torve, Red Lights butta fumo negli occhi e ostenta un De Niro sottotono e una Weaver sacrificata troppo presto in favore di una vicenda che non riesce a fare proprio un genere riconoscibile. Nonostante questo, la curiosità la fa da padrona e 110 minuti passano velocemente. Uscita al cinema: 8 novembre 2012
Hates – House At the End of the Street *
Jennifer Lawrence, dopo aver vinto l’Oscar, torna sullo schermo con un teen horror (se può rientrare in questa categoria) ingiudicabile. Difatti, se la Lawrence dimostra di non essere una statuina inanimata nelle mani del regista (piuttosto che urlare a squarciagola senza motivo, preferisce combattere), purtroppo è la vicenda che latita e non è assolutamente convincente. Hates – House At the End of the Street (House At the End of the Street, 2012) apre i battenti con un’instabilità stilistica (la fotografia è sfocata e accompagnata da una colonna sonora stridula) e con un omicidio efferato. Sfortunatamente non succede più nulla nell’ora successiva, se non l’esibizione di una storia d’amore adolescenziale, nata dalla necessità da parte della protagonista di occuparsi del reietto ed emarginato Ryan. La piccola comunità statunitense lo rifiuta? Lo addita come “mostro”? E allora ecco che il personaggio interpretato da Jennifer Lawrence (che nonostante i 22 anni compiuti, impersona una diciassettenne) accorre in suo aiuto e se innamora. Pur rianimandosi nei venti minuti finali, la pellicola non è coinvolgente e scivola noiosamente verso una conclusione abbozzata e insoddisfacente. Tonderai, giunto alla sua seconda regia, non riuscendo nemmeno a intrattenere, mette in scena un meccanismo narrativo lento e portatore di sbadigli. Il risultato è un film consapevolmente deludente e privo di appeal. Uscita al cinema: 13 giugno 2013
Prodotto da Raimi e diretto dal danese Bornedal, The Possession (2012) rientra a pieno titolo nel filone demoniaco, ma, invece di cavalcare l’onda dell’esorcismo cattolico, piega su quello ebraico. Difatti il demone, che dimora in una scatola intagliata a mano e che prende possesso del corpo della giovane Emily, fa parte della cultura ebraica ed è molto pericoloso. Mettendo in mostra personaggi stereotipati (una famiglia divorziata, un’adolescente superficiale e arrogante e una ragazzina che soffre a causa della separazione), The Possession ostenta diverse scene spaventose (che fanno principalmente leva su contorsioni e sull’innato e primordiale terrore per i bambini posseduti; Friedkin docet) e un incipit azzeccato. Tuttavia questi elementi non bastano per non inciampare in una messinscena tediosa, che fa esclusivamente leva sugli effetti visivi e su qualche ripresa panoramica avvolta da una fotografia torva, che tende al grigio ovattato. Nonostante questo la curiosità di scoprire le reali forme del dibbuk fa capolino nella mente dello spettatore; purtroppo Bornedal neanche qui ci viene in aiuto, riuscendo a sporcare le scene conclusive in un intermittente e fastidioso neon impazzito. La versione yiddish de L’esorcista (The Exorcist, 1973) si fa guardare fino alla fine, ma non convince pienamente. La paura latita e lo sbadiglio è il padrone indiscusso di un film esile e privo di pretese. Uscita al cinema: 25 ottobre 2012