il condominio è un microcosmo, sapete?
un microcosmo annidato in una scatola cinese di altri microcosmi, inghiottito dalla strada, che a sua volta è inghiottita dal quartiere (o rione, dipende dalla città in cui siete), e poi dalla zona, per arrivare infine alla città (se non alla metropoli di cui parliamo, appunto).
Ma il condominio, già il condominio in sé presenta le caratteristiche, rancide e immutabili, che un tempo si affibbiavano ai paeselli: quelli in cui tutti sapevano tutto di tutti, e succedevano le cose più scandalose. Gente che si accoppia con gente, gente che accoppa gente, chi ruba, chi è la vecchia zitella acida, chi la da via a tutti, etc.
Il condominio, se lo vivete bene (e noi disoccupati ce lo viviamo ben bene, il nostro condominio, che non solo è casa nostra ma diventa anche luogo di lavoro e, qualche volta, prigione), vi può insegnare molte cose sulle dinamiche che regolano le relazioni sociali fra scimmie umanoidi. Non ci credete?
Vi faccio qualche esempio:
- nel condominio c’è sempre, invariabilmente (così come nella vita), il maleducato. Ora, voi potete chiamarlo in altri modi, come faccio io quando sono particolarmente ispirata dagli starnazzi alle 4 di mattina, dalle urla in corridoio, dai bambini incolti che camminano su e giu dalle scale come tanti piccoli Godzilla, ma una cosa dovete riconoscere: ogni condominio ha il suo maleducato, che perdipiù è anche quello che si crede il più gran figo, il padrone di tutto.
Egli dunque si permette di fare quel che cavolo gli pare e piace, poiché sta a casa sua, e poiché il detto recita “la tua libertà inizia dove finisce la mia”, il maleducato si configura nella sua maleducazione semplicemente respirando. E mancando di rispetto alla proprietà pubblica (spazi comuni che diventano un’estensione della sua pattumiera perché diciamocelo: egli ha il sacrosanto diritto di non aver voglia di farsi 5 piani di scale per “scendere la pattumiera”.. perciò la lascia sul pianerottolo e con il tempo, e il caldo agostale, a suddetta pattumiera spunteranno le gambe ed essa si accingerà a scendere da sola per andare a depositarsi, come ogni buona pattumiera sa di dover fare) nonché a quella privata (la tua, di inquilino dello stesso stabile che deve sopportare tanta maleducazione).
Ecco, il maleducato mi fa pensare un po’ al politico cazzeggione di turno: quello che arriva sul suo bel sgabellino in parlamento e bon. Sistemato per la vita, non deve avere più nessuna preoccupazione, né per il pubblico decoro né per quello privato.
- poi, c’è la famigliola felice. Quella uscita dal mulino bianco, e depositata apposta accanto alla tua soglia per ricordarti le tue mancanze: non sei una donna in carriera, noi hai venticinque splendidi figli da pubblicità, un cane che la fa in bagno come tutti i cristiani, un marito che guadagna fior di milioni consentendoti di fare la mantenuta con 5 tate, personal trainer e cazzi e mazzi (soprattutto i cazzi, perdonate il francesismo, sono quelli che volano a mazzi, dalle parti della Signora Famigliola Felice).
E’ meglio se non vi dico chi mi fa venire in mente questo bel quadretto. Libera interpretazione.
- c’è ovviamente la pettegola. Quella che sa tutto di tutti.. quella ovviamente sarei io.. se non vi dispiace. Visto che sto scrivendo un trattato sulla vita di condominio, significa che almeno un po’ per i corridoi ho origliato…
Nulla a che vedere con i Gazzettini Padani da cui ho avuto l’onore di imparare solo qualche becero trucco del mestiere, quella che abitava nella mia via quando ero piccina era leggendaria, e non passa giorno – mentre mi chiedo chi sono certe facce che vedo aggirarsi per il mio vecchio quartiere, e non ne riconosco neanche una - che non pensi a lei con un sospiro: lei avrebbe saputo. Lei avrebbe saputo anche cosa fare, in questo amaro frangente.
- poi ci sono i due o tre vecchietti. Vivono soli, rintanati nei loro cubicoli, forse cercando di abituarsi a quando in angusti cubicoli, sottoterra, ci finiranno davvero. si allenano a smettere di esistere, mentre in sottofondo alla tv la D’Urso racconta storie di raccapricciante e ordinaria follia che accadono “fuori di qui”, per le strade.
Strade in cui si avventurano poco dopo l’alba, per l’unica occasione sociale degna di nota: la visita quotidiana al supermercato o al mercato. A volte, nemmeno quella.
un po’ come noi disoccupati, insomma, no?
Soprattutto per la parte in cui ci alleniamo a smettere di esistere, a occupare meno spazio possibile, a respirare poco, a non avere idee e pensieri pericolosi tipo quelli di “inventarsi un nuovo lavoro”
- infine, ci sono gli studentelli. Fancazzisti per costituzione (Ce l’hanno nel DNA). I bocconiani e i cattolicini upperclass, che si fanno pagare affitti milionari dal papy per stare in centro a pochi passi dall’università (sai papy altrimenti p uno sbatti alzarsi all’alba per andare a seguire…) e la cui agenda universitaria è scandita più o meno così: ore 12.00 sveglia, ore 13.00 si esce per andare in uni ore 14.30 si rientra dall’uni con un folto gruppo di amici che verranno stipati nei 20mq di monolocale subaffittato in nero, dove resteranno fino alle 23.00 meridiano di Greenwich a stordirsi di canne e giocare alla play. Ore 24.00 si esce per andare in disco, ore 4.00 si rientra, avendo ben cura di sghignazzare per tutto il tragitto, colpire le porte e suonare anche qualche campanello fingendo una retata della Finanza (aattirata indubbiamente dall’odore di cannabis.. quei maledetti hanno FIUTO, eh?)
Ecco, loro più di tutti mi fanno capire perché viviamo in un paese condannato all’ergastolo, pencolante dalla forca e con il corpo in decomposizione avanzata già da mo.
Ogni volta che vedo uno di loro, rammento che il mio futuro è nelle sue mani.
Nelle sue molto abili e capaci (riescono a tenerci bottiglie intere di vodka senza farle cadere!), molto volenterose (già, molto) e molto abituate a… non fare una benedetta mazza dalla mattina alla sera.
E’ un’arte che va coltivata, in previsione di un futuro da mantenuti della peggio specie, da classe dirigente di un paese inesistente, no?
E Dio mi perdoni, è a questo punto che penso con dispiacere ai vecchi che a loro volta guardano me, e alla stessa maniera, vedono nelle mie mani disoccupate e incapaci, il loro, di futuro.
Così, me ne ritorno nel mio monolocale a coccolare la mia gatta. Lei, almeno, è una brava gatta.