Vita di Pi è un film del 2012 diretto da Ang Lee e tratto dal romanzo di Yann Martel. Vince ben quattro premi Oscar: Miglior Regia, Miglior Fotografia, Migliori Effetti Speciali e Miglior Colonna Sonora.
La storia è raccontata da Pi a uno scrittore in cerca di ispirazione. Piscine era ancora un ragazzino quando, durante una traversata oceanica, rimase unico superstite del naufragio della nave insieme a un orango, una zebra, una iena e una tigre (dello zoo che la sua famiglia stava trasportando in Canada). La storia narra la sua lunga avventura nel bel mezzo dell’oceano. Tuttavia alla fine del film Pi racconta agli assicuratori della compagnia della nave su cui viaggiava un’altra storia, fatta di esseri umani e non di animali e ben più tragica che incredibile.
LA MIA INTERPRETAZIONE DEL FILM (ATTENZIONE RISCHIO SPOILER)
DIO, ANIMALE E UOMO. Da un lato a far sopravvivere Pi in mezzo all’Oceano non è l’uomo, ma la tigre. Non è lo spirito, ma la forza animale e l’istinto di sopravvivenza. E questo lo scrive Pi stesso sul suo diario di permanenza nell’Oceano quando dice che Richard Parker (la tigre) lo tiene in vita perché lo tiene vigile. Dall’altro la salvezza di Pi è dovuta all’uomo e non a Dio. La fortuna gli è avversa, non c’è alcun destino, alcun disegno, c’è solo la sua astuzia. In mezzo all’Oceano Pi non trova Dio (come preannuncia allo scrittore), trova l’uomo. Uomo come animale e come essere razionale.
DIO. Dio non è che una bella storia che maschera la realtà e questo Pi ce lo dice alla fine del film. Chiede al suo interlocutore: «lei, quale storia preferisce?» E quando lui risponde quella straordinaria, quella fatta di animali feroci, plancton luminoso e isole carnivore, Pi gli risponde «Anche Dio». Pi non trova Dio, trova che Dio non c’è. Lo abbandona ma allo stesso tempo lo assorbe quando decide di raccontare proprio quella storia e non quella vera. Anche perché alla fine sempre l’interlocutore sfoglia per un attimo il rapporto e vi legge un accenno alla tigre del Bengala. Dunque gli investigatori stessi, pur così scettici, hanno preferito la versione fantasiosa. Ed è proprio quello che ci insegna la storia: gli uomini tendono a preferire le verità di fede a quelle di ragione.
ANIMALI E NATURA. Nel libro, la scena in cui Pi fa risalire Richard Parker sulla nave e lo salva dall’annegamento non c’è. Questo perché non c’è nulla di umano nel rapporto tra Pi e la tigre. Soprattutto da parte della tigre. C’è qualcosa nel cervello degli uomini che ci permette di comprendere le espressioni umane. Il nostro problema è che forse pensiamo di vedere l’intenzione anche dove non c’è. Come l’anima nello sguardo della tigre più feroce (che non si gira a salutarlo, perché è solo un animale). O l’intenzione di un disegno divino dietro a ciò che ci accade per caso (un naufragio, una pioggia di pesci volanti quando mancano le provviste). Perfino la Natura è un’isola carnivora.
UOMO. L’uomo si muove in questo limbo. Tra ciò da cui proviene, l’animale, e ciò che aspira ad essere per ambizione della ragione: Dio. Il padre di Pi a tavola gli spiega che prima di trovare la fede bisogna imparare dalla ragione. E non c’è nulla di più razionale di ciò che ci insegna Darwin: che non siamo tanto diversi dal più piccolo degli insetti e che anzi, forse siamo anche meno importanti per la vita del pianeta. La ragione, ciò che l’uomo ha di più nobile, raggiunge il suo massimo quando scopre l’animale, ciò che abbiamo di più rozzo, e impara a conviverci.
Qualcosa su cui vorrei far riflettere tutti voi: se Piscine Molitor Patel arriva su un’isola e si butta in una piscina naturale, trova se stesso?
VOTO: 7
TITOLO: Life of Pi
REGIA: Ang Lee
ANNO: 2012
CAST: S. Sharma, I. Khan