Magazine Scienze

Vita, morte e miracoli di un mitocondrio

Creato il 17 maggio 2011 da Emmecola

Vita, morte e miracoli di un mitocondrio

Piacere, mi chiamo Mitocondrio. Lo so, ho un nome bizzarro, ma d’altra parte tutta la mia vita è stata piuttosto originale. Tanto per cominciare, non ho avuto un’infanzia facile: sono nato durante la cosiddetta catastrofe dell’ossigeno. Non bisogna essere molto evoluti per capire che non era un bel periodo: a quel tempo l’ossigeno era tossico, e per qualche strana ragione la concentrazione di ossigeno nell’atmosfera si era alzata di colpo. Ehi, sto parlando di qualche miliardo di anni fa, perciò se non ricordo qualche particolare perdonatemi. La cosa importante, comunque, è che tutto quell’ossigeno stava diventando un problema serio per tutti. Oh beh, non proprio per tutti. In realtà, io in qualche modo me la sono cavata: a differenza dei miei simili, avevo imparato a usare questo gas per ricavarne energia. I miei amici mi stimavano un sacco per questo, e mi facevano tanti complimenti. Prima di morire intossicati, si intende.

Ad ogni modo, cercavo di respirare tutto quel ben di Dio senza troppi sensi di colpa. Dopotutto ero solo un batterio, e il senso di colpa si è evoluto di recente, mi dicono. Un giorno, in pieno Proterozoico, mi sono imbattuto in una cellula strana. Ho capito subito che era diversa da me: sospetto appartenesse al regno degli Archea, un gruppo di esseri viventi sfigatissimi che non si fila nessuno, e che come tanti altri stavano subendo gli effetti terribili dello stress ossidativo. Caspita, stavo giusto dando un’occhiata, non volevo ficcarmi nei guai! Sta di fatto che sono finito in guai anche molto grossi: quella cellula era enorme, e quando mi ha mangiato ho pensato che non ne sarei uscito vivo. Mi ha salvato il mio superpotere: il cellulone era molto interessato alla mia capacità di utilizzare l’ossigeno, così abbiamo stretto un patto che dura tuttora. Mi ha risparmiato la vita quell’Archea, e in cambio ho deciso di dargli tutta l’energia di cui aveva bisogno. La nostra simbiosi era così felice che presto ci diedero un nuovo nome: ci chiamavano “la cellula eucariote“, che non so bene cosa significhi ma a me piaceva un sacco. Sapete, a volte mi chiedo cosa sarebbe stato della vita sulla Terra se non fossimo nati noi batteri aerobici.

Ma non è mica finita qui! Mi ero appena abituato al drastico cambiamento che me ne è capitata un’altra. A un certo punto, qualcuno si è messo a dire che, se volevamo contare qualcosa nell’evoluzione, noi eucarioti avremmo dovuto iniziare a riprodurci per via sessuata. Cioè, dico, stavamo così bene prima! Perché inventare i maschi e le femmine? Bella mossa davvero: così ogni volta dovevo fare conoscenza con nuovi cromosomi. Ad ogni fecondazione, era tutto diverso! Come si possono instaurare rapporti sociali decenti in un contesto del genere? E così mi sono rotto. Al diavolo la simbiosi, e tutte le belle promesse che ci eravamo fatti. Se volete un consiglio, non fidatevi mai di un Archea.

Quella cosa della riproduzione sessuata proprio non mi andava giù, così ho deciso di fare un po’ di casino. Ho scelto di stare dalla parte delle femmine, e di dichiarare guerra al genere maschile. Sì, d’accordo, anche le cellule maschili hanno i loro mitocondri, che le tengono in vita producendo energia. Ma non volevo mica stroncarli subito, i maschi. La mia strategia era molto più subdola: ho deciso che avrei perfezionato le mie performance solo per compiacere il gentil sesso, e se la mia evoluzione avesse fatto danni alla controparte maschile, poco male. Sono riuscito nel mio intento, direi. Per milioni di anni sono stato ereditato soltanto per via materna, e questo mi ha portato ad evolvermi esclusivamente per far piacere alle cellule femminili. Quando mi trovavo in una cellula maschile, sfruttavo il mio piccolo genoma per farle i dispetti. E se per caso il mio DNA avesse sviluppato una qualche mutazione benefica, nessun problema: l’eventuale cellula figlia non ne avrebbe mai goduto, perché io me ne sarei andato prima della fecondazione. Sissignori, i mitocondri che avete in ciascuna delle vostre cellule derivano tutti da vostra madre, che li ha ereditati dalla vostra nonna materna, e così via. Di madre in madre, per innumerevoli generazioni.

Grazie a questo meccanismo di ereditarietà asimmetrica, la selezione naturale ha potuto agire solamente sui mitocondri che stavano nelle cellule materne, perché quelli maschili non venivano mai trasmessi. E’ stato così che ho raggiunto il mio malefico obiettivo: le mutazioni che ho sviluppato per avvantaggiare le femmine, oggi fanno disastri quando si trovano in una cellula maschile. Ovviamente non sono stupido: metto a soqquadro soltanto i processi biologici tipici dei maschi, come quelli attivi nei testicoli. Ehi, dico sul serio: se provate a scambiare due mitocondri in una cellula maschile, vedrete che sono in grado di modificare l’espressione di oltre mille geni del nucleo. Inutile sottolineare che se fate la stessa cosa in una cellula femminile, non succede praticamente nulla.

Vi chiederete perché ho deciso di raccontarvi questo segreto. E’ molto semplice: mi hanno scoperto. E’ stato un ricercatore italiano, tale Paolo Innocenti, il quale, facendo degli esperimenti con i moscerini della frutta, si è accorto che la maledizione della madre (la chiamano così) esiste per davvero. Da tempo immemore le donne controllano gli uomini, di questo ve ne sarete accorti spero. Beh, ora sapete anche in che modo riescono a farlo: hanno trovato un alleato tanto piccolo quanto tremendo. Uomini, il vostro destino è segnato!

Questa è la versione romanzata di un articolo da poco pubblicato su Science. Se volete saperne di più, Oggi Scienza ne ha parlato qui.

Vita, morte e miracoli di un mitocondrio


Innocenti, P., Morrow, E., & Dowling, D. (2011). Experimental Evidence Supports a Sex-Specific Selective Sieve in Mitochondrial Genome Evolution Science, 332 (6031), 845-848 DOI: 10.1126/science.1201157



Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :

Dossier Paperblog

Magazines