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Vita sulle lune extrasolari?

Creato il 27 giugno 2011 da Stukhtra

Un’ottima alternativa agli esopianeti

di Silvia Fracchia

ResearchBlogging.org
La caccia agli esopianeti simili alla Terra, uno dei temi astronomici più in voga negli ultimi anni, si trova ora a una svolta. E’ bastato infatti introdurre una nuova ipotesi, geniale nella sua semplicità, per aprire un nuovo ed entusiasmante scenario nella ricerca di mondi extrasolari abitabili: l’idea è quella di estendere la classe dei possibili candidati, includendo anche i satelliti. Quest’ipotesi è stata studiata in dettaglio da Simon Porter e Will Grundy di Flagstaff, in Arizona, autori di un paper di prossima pubblicazione su “The Astrophysical Journal Letters” ma già disponibile su arXiv.

Quali sono le caratteristiche che deve possedere un oggetto celeste appartenente a un altro sistema planetario per essere potenzialmente in grado di permettere la nascita e lo sviluppo di forme di vita? Anzitutto dobbiamo considerare la stella madre, attorno alla quale orbitano tutti i pianeti del sistema: essa, come il Sole, dev’essere di piccola massa, così da poter rimanere stabile per miliardi di anni. In secondo luogo si richiede che la distanza tra la stella e il corpo celeste sia simile a quella tra il Sole e la Terra, ossia tale da consentire per qualche miliardo di anni la presenza di acqua liquida sul pianeta. Quest’ultimo deve essere di tipo terrestre e avere una massa sufficiente a trattenere un’atmosfera.

Vita sulle lune extrasolari?

Il campo di vista di Kepler e i candidati esopianeti abitabili classificati in base alle loro dimensioni. (Cortesia: NASA/W. Stenzel)

Ma proprio qui troviamo un ostacolo: le osservazioni astronomiche, come quelle effettuate dall’Osservatorio orbitante Kepler della NASA, rivelano che la maggior parte degli esopianeti scoperti finora, distanti dalla rispettiva stella madre all’incirca quanto la Terra dista dal Sole, appartiene invece alla famiglia dei giganti gassosi. In ciò consiste il famoso problema degli hot Jupiter, un vero e proprio rompicapo per gli astronomi: la presenza di pianeti con caratteristiche simili a quelle di Giove ma molto vicini alla loro stella è infatti in contrasto con quanto accade nel Sistema Solare, considerato fino a poco tempo fa il modello standard di sistema planetario, dove i giganti Giove, Saturno, Urano e Nettuno orbitano invece nella parte più esterna del sistema.

Ad ogni modo, che ci piaccia o no, la realtà è questa: la maggioranza degli esopianeti nella fascia di abitabilità sembra essere costituita da giganti gassosi e quindi inabitabili. Se però supponiamo, come è lecito fare, che questi Giovi caldi possiedano dei satelliti, ecco allora che prende corpo l’ipotesi che siano proprio loro i possibili candidati a ospitare la vita extraterrestre.

Porter e Grundy hanno simulato l’evoluzione di 12 mila pianeti con massa simile a quella della Terra, i quali, venutisi a trovare nel campo gravitazionale di un gigante gassoso, non siano in grado di resistere alla sua attrazione, diventandone quindi satelliti. Dalla simulazione è emerso che, a distanza di qualche migliaio di anni, circa la metà dei pianeti diventati satelliti finiscono per cadere sul gigante gassoso o per essere espulsi dall’orbita, mentre l’altra metà continua a orbitare imperturbata, sviluppando in questo modo un’atmosfera stabile per miliardi di anni.

Vita sulle lune extrasolari?

Visione artistica del panorama su un'ipotetica luna abitabile in orbita intorno a un pianeta gigante gassoso. (Cortesia: Dan Durda)

Alcuni planetologi, come Alan Boss, della Carnegie Institution for Science di Washington, vedono come principale ostacolo a questa teoria il fatto che la probabilità di ingresso di un pianeta terrestre nell’orbita di un gigante gassoso sembra molto piccola. Dai calcoli di Porter risulta però che, su 20 giganti gassosi situati nella fascia di abitabilità di una stella di tipo solare, uno di essi dovrebbe possedere un pianeta terrestre in orbita stabile. In altre parole, dei circa 300 esopianeti a distanza idonea dalla loro stella che si suppone saranno rivelati da Kepler entro il termine della missione, una dozzina potrebbe essere dotato di un satellite abitabile.

Restano tuttavia altre perplessità sulla possibile esistenza di queste esolune abitabili. Ad esempio, esse dovrebbero essere investite dalla forte radiazione proveniente dal gigante gassoso: un grosso ostacolo allo sviluppo di forme di vita. Se però assumiamo che questa radiazione venga in buona parte assorbita dall’acqua e dalle rocce, ecco che prende corpo l’ipotesi di una vita sotterranea o subacquea. Un altro problema è la possibilità che il calore generato negli istanti successivi all’ingresso in orbita della luna extrasolare provochi l’evaporazione dell’acqua.

Lasciamo alle osservazioni astronomiche il compito di indagare su questa nuova teoria. Un compito tutt’altro che banale: una volta individuati gli esosatelliti, bisognerà rivelare la presenza della loro atmosfera prima di poterli catalogare come abitabili.

Simon B. Porter, & William M. Grundy (2011). Post-Capture Evolution of Potentially Habitable Exomoons arXiv arXiv: 1106.2800v1


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