Nuntio vobis gaudium magnum: stoccata alle pensioni dei parlamentari. Non si è andati fino in fondo ancora, ma il passo è già importante. Sulla strada c’è ancora qualche pericolo, ma il cammino è ben avviato.
Ieri il ministro del welfare Elsa Fornero ha incontrato Fini e Schifani e i questori di Camera e Senato e ha messo a punto le basi della riforma dei vitalizi parlamentari. Il provvedimento è soggetto all’approvazione per l’appunto dei questori delle due camere e poi della ratifica dei rispettivi Uffici di Presidenza, ma traspare ottimismo (o pessimismo, se siete parlamentari). La riforma spetta alle Aule visto che il Governo non ha legislazione su di loro, anche se ovviamente l’operazione è stata concordata.
Dal primo gennaio 2012 verrà introdotto il sistema di calcolo contributivo, vale a dire che percepiranno quanto hanno versato. Il sistema sarà totale per i deputati e senatori neoeletti, misto per chi ha delle legislature alle spalle.
Slitta l’età pensionabile: 60 anni se si son passati tra i banchi più di una legislatura, 65 se solo una, con un minimo di 4 anni, sei mesi e un giorno.
I conti della serva: un parlamentare neo-eletto che occupa la poltrona solo 5 anni andrà ora in pensione a 65 anni prendendo circa 1.500 euro al mese. Prima, sarebbe andato in pensione a 50 anni a 3.000 euro.
L’intervento poteva essere più radicale: dovevano essere toccate le vergognose pensioni per chi è stato pochissimo tempo in Parlamento e rivedere quelle cumulate. Ma è stato deciso di non toccare i privilegi acquisiti.
Antonio Borghesi sottolinea che, però, questo sistema rischia di gravare di più sui contribuenti: il parlamentare ora dovrà versare il 10% dello stipendio come contributi, il Parlamento circa il 20% che manca. Il tutto verrà a costare 25 milioni di euro l’anno, però ci sentiamo di dire che farà respirare le casse dell’Inps in futuro, visto che il sistema retributivo per onorevoli e senatori era davvero fuori dal mondo.
I malumori non si sono fatti attendere. Niente urla, sia chiaro, perché apparire veniali in questo periodo vorrebbe dire uccidere la propria carriera politica, ma molti mugugni. C’è chi si lamenta del forte impatto sulle nuove generazioni, molto più penalizzate rispetto ai brontosauri, chi invece denuncia il cambio di regole in corsa. Antonio Mazzocchi, questore del PDL, non esclude che se un parlamentare adisse alle vie legali contro lo Stato, potrebbe vincere.
È balenata pure una folle idea: le dimissioni entro l’anno. In questo modo si andrebbe in pensione con il vecchio sistema. Sono circa 350 i neoeletti colpiti al futuro portafoglio dal nuovo ordinamento, una cinquantina, quelli più a rischio trombatura, che ci starebbero pensando seriamente. Le dimissioni, comunque, dovrebbero essere votate dall’Aula.
Nel caso ciò avvenisse, vogliamo vedere i nomi, i cognomi e le facce. Sapremo così benissimo chi non bisogna rivotare. E sapremo pure benissimo dove mandarli.
Fonti: Corriere, Repubblica, Libero