Stesso discorso vale per la vitamina D, che per tanto tempo è stata associata al rachitismo e a pochissime altre patologie confinate al sistema osseo.
Com' è infatti ampiamente risaputo, questa vitamina è fondamentale per l' assorbimento del calcio e del fosforo, la cui carenza è collegata a malattie ossee come il rachitismo, l' osteomalacia (la variante adulta del rachitismo infantile, caratterizzata da fragilità e rammollimento delle ossa, e conseguente deformazione, con debolezza e dolori generalizzati alle ossa) e anche l' osteoporosi.
Tuttavia le conoscenze maturate in particolare in questi ultimi dieci anni grazie a studi randomizzati (oramai lo standard di riferimento nella ricerca medica) hanno dello sbalorditivo, tanto da indurre qualcuno a parlare di rivoluzione in campo medico.
Avreste immaginato che una carenza di vitamina D potesse avere a che fare con ben diciassette (!!!) tipi di cancro, malattie cardiache (in particolare insufficienze e aritmie), ipertensione, ictus, malattie autoimmuni, diabete, dolori cronici muscolari e articolari, asma, fibromialgia, deterioramento delle funzioni cognitive senile (Alzheimer), depressione e altri disturbi psichici, autismo e perfino banali influenze e raffreddori?
Ce lo rivela nel suo libro, "I poteri curativi della vitamina D", Soram Khalsa, un medico docente molto in vista negli Stati Uniti, specializzato in medicina internistica, che ha ottenuto un prestigioso riconoscimento nel 2007.
dr. Soram Khalsa
Nella sua pratica clinica, che esercita in Arizona, segue la cosiddetta medicina integrata, in quanto sintesi di fitoterapia, nutrizione, omeopatia, agopuntura, medicina ambientale e medicina internistica convenzionale.
E come c' era da aspettarsi, alla luce di tutte queste nuove scoperte, cambia anche la prospettiva da cui valutare i fabbisogni di questo prezioso nutriente, essendo quelli in vigore fino a poco tempo fa ormai anacronisticamente bassi, in quanto calcolati unicamente in funzione della prevenzione dei disturbi ossei.
A ciò si aggiunge, altra sorpresa, che le carenze di vitamina D sono più diffuse di quanto si immagini, al punto che si potrebbero considerare una nuova, vera epidemia mondiale. Lo stesso dr. Khalsa lo ha riscontrato nel 75% dei suoi pazienti, e nonostante questi vivano in una zona (il sud degli Stati Uniti) dove la luce solare non difetta di sicuro.
Già, perchè, come molti sapranno, questa è una vitamina molto particolare, l' unica che può essere di produzione endogena, che avviene grazie appunto all' azione dei raggi ultravioletti solari sull' epidermide, e quindi non di provenienza alimentare, tanto che forse sarebbe più appropriato considerarla un ormone steroideo, molto simile per struttura al colesterolo, dal quale in effetti deriva. Anzi, ad essere precisi, più che di una singola sostanza, si tratta in realtà di una famiglia di molecole molto simili tra loro, che però, pur condividendo alcune proprietà a livello fisiologico, se ne differenziano per altre.
Le forme più diffuse in natura sono la D3 (colecalciferolo), quella prodotta ed utilizzata dal nostro corpo (e presente anche nelle poche fonti alimentari) e la D2 (ergocalciferolo), che deriva da alcune fonti vegetali come lieviti e funghi per irradiazione solare. Quest' ultima, da molto tempo usata dall' industria alimentare per fortificare comuni alimenti, è stata accusata di comportare pericolosi effetti collaterali, e comunque è molto meno efficace della D3.
Ma com' è possibile che in società evolute ed opulente come quelle occidentali siano così diffuse carenze che, nel caso degli ultrasettantenni, arrivano ad interessare la grande maggioranza degli individui?
Premesso che le fonti alimentari non sono certo abbondanti, limitate praticamente ad alcuni cibi animali (a parte l' olio di fegato di merluzzo, che ne è particolarmente ricco, la vitamina D si trova nel pesce azzurro e in altri pesci grassi, mentre quantità inferiori si riscontrano nel tuorlo delle uova, nel grasso del latte e nelle frattaglie) è la luce solare, come dicevo, la fonte principale.
Ed è questo molto probabilmente il punto cruciale: la maggior parte dei medici sottovaluta il problema, ritenendo le avitaminosi e il rachitismo roba del passato, e danno per scontato che tra dieta ed esposizione solare si possa agevolmente coprire il fabbisogno di questa vitamina.
Lo stesso dr. Michael Holick, il massimo esperto mondiale sulla vitamina in questione, è stato licenziato dal dipartimento universitario di dermatologia di Boston per le sue idee in netto contrasto con quelle dei dermatologi, che da diversi anni raccomandano di limitare l' esposizione al sole per ridurre i rischi di tumore alla pelle.
Su questa idiozia mi sono già espresso nel post "Tumore al seno: istruzioni per l' uso", e a tal proposito posso solo aggiungere che si tratta di un ottimo esempio di una scienza che si muove coi paraocchi, che divide tutto in compartimenti stagni e continua a non capire che concentrandosi ogni volta su di un unico distretto si finisce col perdere la visione d' insieme. Si tratta insomma di teorie basate unicamente su nozioni astratte e frammentarie, non opportunamente filtrate attraverso un criterio di giudizio universale ed attendibile.
Chiusa la breve digressione, è necessario evidenziare che l' approvvigionamento di sufficienti quantità di vitamina D è tutt' altro che scontato per più di un motivo:
- La vita moderna ha cambiato molte nostre abitudini e la gente passa davvero ben poco tempo all' aperto. Una volta i contadini lavoravano tutto il giorno sotto il sole e i bambini giocavano a pallone all' aperto: oggi la maggior parte di noi vive quasi tutto il giorno in un ufficio e i ragazzi passano troppe ore in casa davanti ai video-giochi, computer e tv.
- L' inquinamento atmosferico ha una parte considerevole di responsabilità, perchè l' anidride solforosa e altre sostanze in sospensione oscurano il cielo filtrando i raggi ultravioletti necessari alla sintesi della vitamina.
- Da ottobre a febbraio anche in zone climatiche temperate la luce solare è scarsa e difficilmente vi si espone più del viso e delle mani, imbacuccati come siamo specie in inverno. Perciò solo chi ha fatto adeguate scorte in estate, quando c'è la possibilità di prendere tutto il sole che si vuole, può considerarsi al sicuro, dato che questa vitamina può essere immagazzinata. Il problema è ancora più grave per tutte le zone a nord dei 35° di latitudine: per dare un' idea, queste comprendono città come Parigi, Londra, Stoccolma, New York, Chicago, Detroit, solo per menzionarne qualcuna, dove il sole non si alza mai oltre i venti gradi al di sopra dell' orizzonte e il suo contributo in questo senso in inverno è praticamente nullo.
- Come se non bastasse, da anni si è aggiunto il terrorismo mediatico demenziale di cui sopra, per cui la gente cerca di esporsi il meno possibile al sole per timore di ammalarsi di cancro, e le creme cosmetiche di cui si fa largo uso sono dotate, come si sa, di filtri solari, contribuendo così ad aggravare le cose.
Per concludere, voglio segnalare il libro di cui sopra perchè è veramente speciale, non solo perchè fornisce le più aggiornate e preziose informazioni su questa vitamina per troppo tempo sottovalutata (che neppure i medici nella maggioranza dei casi conoscono), ma anche perchè dà la possibilità al lettore di gestire in modo autonomo tutta quanta la questione, e cioè poter controllare il proprio livello di vitamina D senza rivolgersi ad un laboratorio di analisi ed intervenire, sempre da soli, per correggere eventuali deficienze.
Allo scopo di poter monitorare la propria situazione ogni volta che si vuole stando comodamente a casa, il libro dà indicazioni su come procurarsi un kit per effettuare un test domestico, ed altre su come eventualmente intervenire per fornire all' organismo le quantità di vitamina ottimali alle proprie esigenze, grazie a specifiche indicazioni del dr. Soram Khalsa.
Michele Nardella Soram Khalsa I Poteri Curativi della Vitamina D - Libro Macro Edizioni
Autori Vari Il Libro Completo delle Vitamine Giunti Demetra