L’autismo è un disturbo dello sviluppo neurologico caratterizzato da difficoltà nell’interazione sociale e nella comunicazione, da movimenti ripetitivi e da isolamento. In Italia, un bambino su 100 soffre di questa patologia, le cui cause sono ancora sconosciute. Esiste sicuramente una componente genetica, ma studi sui gemelli suggeriscono che a essere determinanti possano essere, più che i geni da soli, le interazioni tra questi e i fattori ambientali. Si sa che la patologia potrebbe originarsi nella fase iniziale della gravidanza, quando cioè viene chiuso il tubo neurale, struttura da cui si forma il sistema nervoso centrale. Problemi in questa fase dello sviluppo possono portare alla spina bifida, una malformazione che colpisce un neonato su 8000 e che può essere efficacemente prevenuta con l’assunzione di acido folico prima del concepimento e nelle prime settimane di gravidanza.
Ricercatori californiani hanno ora scoperto che le vitamine B (come appunto l’acido folico) sono in grado di abbassare anche il rischio che il figlio nasca autistico, soprattutto quando sono assunte nei 3 mesi precedenti il concepimento e nel primo mese di gravidanza. Analizzando 288 bambini malati e 278 sani, hanno infatti calcolato un odds ratio di 0,62 per i casi dove la madre aveva fatto uso di vitamine prenatali in quel periodo. L’odds ratio (O.R.) è un indice statistico utilizzato quando si vuole determinare se una certa variabile (in questo caso l’assunzione di vitamine) abbia o meno un effetto nell’insorgenza, ad esempio, di una malattia: un O.R. di 1 denota un’influenza nulla, un O.R. maggiore di 1 indica un’influenza negativa, un O.R. minore di 1 come in questo caso segnala invece un effetto protettivo.
Gli autori del lavoro, pubblicato sulla rivista Epidemiology, non si sono però fermati qui. Hanno deciso infatti di esplorare anche un’altra possibilità, cioè che le vitamine siano sì importanti, ma che la loro importanza possa essere modulata anche da fattori genetici. Hanno quindi testato le madri e i bambini per una serie di geni chiave nel metabolismo delle vitamine B: MTHFR, COMT, MTRR, BHMT, FOLR2, CBS e TCN2. I risultati hanno confermato l’esistenza di forti interazioni geni-ambiente: due geni della madre (MTHFR e CBS) e uno del figlio (COMT), se presenti in una certa forma allelica, alzavano il rischio di autismo in modo considerevole, quando le madri dichiaravano di non aver assunto vitamine prenatali. Nelle madri che non avevano fatto uso di vitamine, la variante rs1801133(TT) del gene MTHFR era associata a un O.R. di 4,5, mentre la presenza dell’allele T nella variante rs234715 del gene CBS era legata a un O.R. di 2,6. Nel caso del bambino invece, la variante rs4680(AA) del gene COMT dava un O.R. di 7,2, sempre considerando il mancato apporto vitaminico.
I risultati hanno senso, considerando le funzioni svolte da questi geni. L’attività di COMT è nota per essere elevata all’inizio dell’embriogenesi, e il suo compito è quello di fornire i gruppi metile necessari per svolgere le reazioni di metilazione del DNA, fondamentali nello sviluppo embrionale. L’enzima COMT è a sua volta inibito dall’omocisteina, un aminoacido i cui livelli plasmatici dipendono, guarda caso, dagli enzimi MTHFR e CBS. Le varianti meno efficienti di questi enzimi portano a un innalzamento nella concentrazione di omocisteina nel sangue materno, concentrazione che è stato visto essere correlata con quella nel feto. Le vitamine servono a stimolare questi enzimi zoppicanti a funzionare nel modo corretto, ed ecco perché la loro carenza diventa in questi casi più problematica. Quando le vitamine sono presenti, invece, il rischio associato a queste stesse varianti si riduce di molto: per COMT l’O.R. passa da 7,2 a 1,8; per CBS scende da 2,6 a 0,99; per MTHFR, infine, precipita dal 4,5 allo 0,74.
E’ ormai lontana l’epoca del determinismo genetico, in cui si pensava che i geni fossero in grado da soli di determinare il nostro destino, e decidere se e quando ci ammaleremo. Il sistema uomo è un sistema complesso, prodotto da una miriade di interazioni che coinvolgono il nostro DNA e i fattori ambientali. Una variante genetica non è quasi mai una variante “cattiva” in senso assoluto: è soltanto bisognosa di attenzioni particolari, come ad esempio una dieta e uno stile di vita adeguati.
Fonte: M.Colaiacovo – Estropico
Image credit: “Da Vinci Studies” – Fabrizio Rinaldi
Schmidt, R., Hansen, R., Hartiala, J., Allayee, H., Schmidt, L., Tancredi, D., Tassone, F., & Hertz-Picciotto, I. (2011). Prenatal Vitamins, One-carbon Metabolism Gene Variants, and Risk for Autism Epidemiology DOI: 10.1097/EDE.0b013e31821d0e30