Il Presidente del Venezuela e candidato della coalizione Gran Polo Patriota (GPP), il cinquantottenne Hugo Chávez, ha vinto per la quarta volta consecutiva le elezioni e continuerà a governare il paese nei prossimi sei anni.
Secondo i dati forniti alle 5am ora italiana, le dieci di sera a Caracas, dalla Commissione Nazionale Elettorale (CNE), Chávez ha ottenuto il 54,42% dei voti contro il 44,97% del leader dell’opposizione, il quarantenne Henrique Capriles. Lo scarto tra i due è di circa un milione trecentomila preferenze. L’affluenza è stata storica, pari all’80,94% dei 19 milioni di cittadini aventi diritto.
Capriles era il candidato della Mesa Unidad Democrática (MUD), una coalizione eterogenea di 28 partiti, dai post-democristiani ai socialdemocratici, che hanno provato a costruire un’alternativa “socialdemocratica” al progetto di stampo socialista di Hugo Chávez. La promessa di Capriles era quella di seguire il modello pragmatico e sociale dell’ex presidente brasiliano Lula, che però ha sostenuto esplicitamente il suo rivale.
Pochi minuti dopo l’annuncio dei risultati, migliaia di simpatizzanti di Chávez e della sua creatura politica, il Partito Socialista Unito del Venezuela (PSUV), sono scesi nelle piazze di Caracas e di altre città per festeggiare la continuazione della “Rivoluzione Bolivariana” e del “Socialismo del Secolo XXI”, due etichette per un modello sociale ed economico dal carattere nazionalista, anti-imperialista, redistributivo (giustizia sociale basata sul recupero delle risorse sovrane, in primis il petrolio) e integrazionista a livello latinoamericano che il presidente ha messo in marcia già dal suo primo mandato nel 1999.
Il Ministro degli Interni e della Giustizia, Tareck El Aissami, ha inviato un messaggio dal suo account di Twitter celebrando la vittoria del presidente. “Ha vinto la patria! Vittoria perfetta, viva la patria di Bolivar!”, ha scritto citando il patriota Simón Bolivar, libertador dei paesi andini dalla Spagna nel 1810 e ispiratore delle politiche d’integrazione regionale per l’America Latina promosse da Chávez.
Il presidente, sempre su Twitter, ha ringraziato il “suo popolo e Dio” per la vittoria e, dal Palazzo Presidenziale di Miraflores, ha voluto esprimere “un riconoscimento per chi ha votato contro di noi, per la dimostrazione civica, malgrado il loro disaccordo col nostro progetto”. “Il candidato della destra riconosce la vittoria bolivariana, questo è un passo per la riconciliazione in Venezuela”, ha aggiunto.
I seggi sono rimasti aperti dalle sei del mattino alle sei di sera, ma il processo è durato qualche ora in più perché è stato permesso ai cittadini che erano in fila di votare dopo l’orario di chiusura vista l’altissima affluenza. “Grazie a tutti i cittadini per la magnifica giornata elettorale e per questo processo tranquillo, senza scossoni, vissuto con allegria”, ha dichiarato Tibisay Lucena, presidentessa della CNE.
Il sistema elettorale venezuelano è considerato come altamente affidabile dal CNE e da organismi internazionali specializzati nell’osservazione dei processi elettorali come il Centro Carter. Il meccanismo di voto è completamente automatizzato: ogni cittadino effettua la propria scelta su uno schermo di un computer specifico e questo emette una ricevuta cartacea su cui è impresso il suo voto. Il conteggio finale avviene per via elettronica e il risultato viene confrontato con le ricevute cartacee in oltre il 50% dei seggi. Circa 200 organizzazioni di osservatori elettorali hanno accompagnato la CNE durante la giornata che s’è svolta in un clima pacifico e festoso e senza problemi rilevanti.
Con indosso una felpa rossa, blu e gialla, i colori della bandiera venezuelana, Capriles ha riconosciuto immediatamente i risultati e in conferenza stampa ha chiesto “a coloro che restano al potere rispetto e riconoscimento per la metà del paese che non è d’accordo con questo governo”.
“Sono un democratico, non porterò mai il nostro popolo al conflitto, così è la democrazia”, ha ribadito il candidato di Unidad Democrática dopo aver fatto i suoi auguri a Hugo Chávez e aver ringraziato gli oltre “sei milioni di venezuelani” che l’hanno votato e anche “quelli che hanno scelto un’opzione diversa”.
La MUD non ha convinto le masse popolari, gli abitanti dei quartieri o barrios e delle campagne. Infatti, milioni di cittadini sono stati beneficiati dai programmi sociali redistributivi del governo, finanziati dall’esportazione del petrolio di cui il Venezuela è il settimo produttore mondiale, e dall’abbattimento degli indici di povertà, passati dal 47% al 27% in 10 anni.
Sebbene il centro-destra venezuelano avesse trovato in Capriles un candidato presentabile, già governatore di Miranda, la seconda regione più popolosa del Venezuela, non è stato in grado di sdoganarsi da un passato di corruzione, clientelismo, governi oligarchici e repressione del dissenso ancora vivo nella memoria collettiva.
La presidentessa dell’Argentina, Cristina Fernández, è stata la prima a complimentarsi con Chávez domenica sera. “Ho appena parlato con il presidente, molta emozione”, ha scritto su Twitter. “la tua vittoria è anche la nostra, quella dell’America del Sud e dei Caraibi”, ha espresso in un secondo messaggio. L’Argentina, inseme al Brasile, il Paraguay e l’Uruguay, è legata al Venezuela nella Unione della nazioni sudamericane (Unasur) e nel blocco commerciale Mercosur che, considerato nel suo insieme, rappresenta la quarta economia del mondo.
Altri leader latinoamericani come il presidente ecuadoregno Rafael Correa e il cubano Raúl Castro, alleati di Chávez e promotori del sistema d’integrazione regionale ALBA (Alleanza Bolivariana per le Americhe), hanno fatto altrettanto.
“Chávez vince con 10 punti di differenza! Viva il Venezuela, la Patria Grande e la Rivoluzione Bolivariana”, ha comunicato Correa. In nome del governo e del popolo di Cuba mi complimento per questo storico trionfo che dimostra la forza della Rivoluzione Bolivariana e il suo innegabile sostegno popolare”, ha invece espresso Castro.
Chávez dovrà da subito affrontare tre problemi dall’opposizione in campagna elettorale: l’inflazione galoppante a tassi di quasi il 30% all’anno; il debito pubblico, passato da 34 a 150 miliardi di dollari nell’ultimo decennio; e l’insicurezza. Con un tasso che oscilla, a seconda delle fonti, tra i 49 e i 67 omicidi ogni centomila abitanti, il Venezuela è uno dei paesi più violenti dell’America Latina. Gli esperti attribuiscono questa situazione alla corruzione, all’impunità e all’assenza delle istituzioni, della polizia e della giustizia, più che alla povertà o alla disuguaglianza sociale. Infatti, il Venezuela è il paese latinoamericano con le minori differenze economiche tra ricchi e poveri, ma la violenza non diminuisce. La crescita venezuelana, in media del 2,25% nel 1999-2011, ha avuto storicamente alti e bassi estremi e dall’ultimo anno è in fase di recupero intorno al 5%, ma resta in gran parte dipendente dall’andamento dei prezzi del petrolio. Linkiesta – Fabrizio Lorusso (TWT @FabrizioLorusso)