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VIVERE PER-DONARE , anziché DONARE PER VIVERE

Da Mente Libera

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DOMANDA:
Il perdono (al di la della religione) implica l’abbandono ed il superamento di emozioni quali risentimento, rabbia, vendetta ecc… e dalle letture (che ho potuto avere) ne viene fuori un messaggio ambiguo…ovvero:
a) da un lato, scritti di psicologia, dicono che la rabbia è bene, che bisogna sfogarla, interiorizzarla, quindi capirla, accettarla, e di conseguenza superarla…
b) gli scritti sul perdono, semplificano e omettono la parte psicologia di tutte quelle emozioni di cui sopra
c) gli scritti descrivono il perdono come, essenzialmente, una pratica egoistica, ovvero, ti perdono perchè così io mi libero del potere che hai su di me, e io vivo meglio….serve forse, per dare sollievo anche all’altro, ma per chi da il perdono non deve essere la priorità… la priorità viene data a se stessi.
d) il perdono, come concezione cristiana (se è vero che nasce li…) anche quella appare alquanto egoistica, ovvero: ti perdono così anche i miei peccati verranno perdonati….
e) ed è la domanda: ma il perdono come l’amore non dovrebbero esser donati e basta? senza ricompensa? la ricompensa non dovrebbe essere solo la consapevolezza di esser cresciuti interiormente? indi alla conoscenza…(di se stessi per lo meno)?
f) possiamo integrare e spiegare le emozioni rabbia, rancore, vendetta ed il loro superamento per arrivare al concetto di perdono, non solo egoistico, ma come equilibrio, e giovamento, tra entità differenti?
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RISPOSTA:
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Dunque, conosci i seguaci dell’hooponopono?
Sono una frangia di new agiani che ripetono fino alla nausea 4 parole:
mi dispiace, perdonami, grazie, ti amo
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Perché lo fanno?
Perché hanno sentito improvvisamente una vocazione misericordiosa che li spinge al perdono e all’amore incondizionato verso il prossimo?
Assolutamente No.
Lo fanno per una semplice ragione: autostima, senso di libertà.
Pronunciare quel mantra li fa sentire meglio.
Con tre parole in croce si scaricano da un sacco di preoccupazioni legate all’oggetto-persona che non riuscivano a staccarsi di dosso [... Del tipo "Evvai !! io lo perdono, lei mi perdona e mo' siamo entrambi liberi e con la coscienza apposto"].
Ma perché li fa sentire meglio, più buoni, ricettivi, disponibili, intuitivi, mistici, uniti con Dio, l’Uno, il Cosmo e compagnia bella?
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Perché quando si perdona, si ama, si ringrazia, si sprizza di gioia avviene un mutamento invisibile all’interno del nostro organismo: neurobilogicamente il cervello secerne ossitocina e si verificano reazioni neurochimiche che apportano un senso di sollievo, beatitudine, conciliazione con l’ambiente circostante.
Ecco spiegato (in maniera sbrigativa) uno dei motivi dell’efficacia “temporanea” del perdono fai da te.
Ma è un’efficacia molto superficiale, perché non va a toccare il cuore della questione, cioè l’effettiva accettazione-assimilazione-comprensione-superamento-conciliazione-trasmutazione psico-emozionale del proprio vissuto.
Con le strategie di psicologia spiccia (l’hooponopono, o l’esame di coscienza di catechismi populistici) il caos/vortice interiore viene soltanto ammorbidito con del balsamo scaduto o accantonato in un stanzino mentale, lasciato in sospeso; è là in stand-by, quasi represso ma mai placato; chiuso in quell’angolino subcosciente; attende l’ora di sbucare fuori in tutta la sua veemenza, magari attraverso i contenuti onirici latenti.
Il perdono autentico richiede un lavoro interiore impressionante, un vero e proprio Sacrificio.
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Sacrificio (Sacro-Fare) di cosa, quando, come, perché ?
Bhè, è un discorso un po’ lungo e difficile da affrontare o sintetizzare in due righe.
Basta ricordare che il Sacro-Fare Per-Donare non è alla portata di tutti, perché necessita di un coraggio enorme, un amore spassionato per la Vita, e altri attributi che “o ce li hai o non ce li hai”… Certi attributi o te li ha donati madre natura, o te li sei guadagnati col sudore della fronte o è meglio lasciare stare.
Il coraggio di buttarsi, la passione della conoscenza, il desiderio di intraprendere sentieri impervi, la capacità di perdonare non li possiamo trovare in un libro.
Perdonare è riuscire ad andare oltre la maschera di cera, al di là del muretto egoico.
E’ donarsi, offrirsi al Mondo (autentintico non quello fittizio della gente falsa che ti fa il sorrisetto e poi è pronta ad accoltellarti alle spalle… quel mondo evitalo ogni volta che puoi; certi tipi fai prima a mandarli in “Via dalle Palle”).
Per donarti veramente devi dapprima riconoscere le vittime vere da quelle affette da sindrome di stoccolma o dai lupi travestiti da agnello. Il perdono non è un bonus da regalare al primo autostoppista galattico.
Ma soprattutto devi aver vissuto e superato le fiamme del tuo inferno interiore e averlo trasformato in un paradiso.
I residui vanno dissolti, sfogandosi, liberandosi con alcune tecniche (te le puoi anche inventare… che ne so, c’è chi si Auto-Osserva mentre soffre in modo da elaborare l’esperienza – è un ottimo approccio -, oppure c’è chi medita,  chi usa le visualizzazioni, chi fa paracadutismo e chi canta a scuarcia gola le canzoni di Marilyn Manson ).
Per offrirsi al mondo autentico bisogna dapprima essere autentici con se stessi. A quel punto, puoi perdonare te stessa e il mondo; Li perdoni perché non hai più paura di sapere cosa ci sarà “dopo” (si vendicherà o mi perdonerà a sua volta?) o al di là del gesto in sé (se lo merita o no…?);
Lo fai e basta perché sei diventata abbastanza forte da potertelo permettere; da non dover dipendere dalla ricompensa esteriore dal placebo interiore. La ricompensa diventa il tuo stesso gesto ; di gesto in gesto accumuli ricompense inaspettate, giorno dopo giorno; questo è l’atteggiamento di uno monaco guerriero. Partecipa alla battaglia quotidiana con amore e misericordia.
A quel punto puoi
VIVERE PER DONARE
anziché
donare per vivere


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