Tutto l’anno tiriamo avanti spinti dall’immagine delle vacanze, invernali ma soprattutto estive, sognando spiagge di tiepida rena in cui affondare i piedi e frizzanti acque cristalline che tonifichino le nostre stanche membra. O magari vette che si stagliano nel blu di un cielo ad alta quota, godendosi il silenzio e i profumi di malghe fiorite, provando un brivido di piacere nell’infilarsi un maglione di lana quando cala la sera. Ma non sempre e non tutti possono raggiungere queste mete, vuoi per far quadrare il bilancio familiare, vuoi per star vicino a qualcuno che non può muoversi, o chissà per quali altri mille impicci.

Al risveglio, quando il trillo della sveglia ti catapulta fuori dai sogni, è come aver fatto un viaggio spazio-temporale, che ti fa ripiombare nella realtà quotidiana, costellata di piccoli gesti che ripeti ogni giorno, quasi sempre nella medesima sequenza: scendere dal letto, infilare i piedi nelle ciabatte, trascinarsi fino al bagno per fare pipì, e poi in cucina a mettere su il caffè; nel frattempo lavarsi e vestirsi, etc., e maciniamo chilometri e chilometri giorno dopo giorno, senza nemmeno rendercene conto. Ma non è di questo che volevo raccontare…
Ciò su cui vorrei richiamare l’attenzione è la capacità, probabilmente riservata solo all’essere umano, di fantasticare, la capacità che abbiamo di costruirci mentalmente qualcosa che non è reale, ma che, per tutto il tempo in cui ci stiamo dentro, è reale.
Indipendentemente dall’attitudine più o meno spiccata che si può manifestare nelle persone, ognuno di noi è in grado di isolarsi per un breve tempo dal mondo esterno e proiettarsi in spazi differenti, creando scenografie, animando personaggi, recuperando dalla memoria profumi, suoni, sapori, sensazioni tattili, emozioni, registri interni che sono propri di uno stato mentale che si discosta dal luogo, momento e situazione in cui si trova il corpo nel medesimo istante in cui si sta compiendo questa operazione.
Ed è incredibile quanto questi scenari possano essere vividi e seguire i nostri desideri o le nostre paure, dando maggior carica ad un semplice pensiero, arricchendolo di sfumature e significati, e allo stesso tempo andando ad alimentarli, infarcirli, fino a volte condizionare i nostri comportamenti nella vita quotidiana o in situazioni particolari.
Credo che tutte le nostre paure siano mosse proprio dalle immagini che ci creiamo nell’intimità della nostra mente, dai timori più piccoli alle angosce più profonde, quasi insondabili: partiamo da un elemento e iniziamo a girarci attorno un filo di pensieri che diventa sempre più spesso e difficile da sgarbugliare, come un gomitolo che diventa sempre più grosso, ingombrante e ricco di ornamenti terribili e spaventosi che vanno a toccare le nostre più celate insicurezze che stentiamo a riconoscere ed accettare, e che rimane come un trasfondo che accompagna le nostre notti e le nostre azioni.
Ma questa proprietà della nostra psiche la usiamo anche per nutrire i nostri sogni: quante volte per esempio ci siamo soffermati ad immaginare i mille possibili risvolti prima di incontrare una persona che ci piace, perdendoci in fantasie scaturite da esperienze che desideriamo vivere, facendoci dei viaggi che superano di gran lunga i confini della realtà, sentendoci liberi di sperimentare qualsiasi cosa, senza timori, senza censure, senza limiti. Ah se potessimo portare queste illusioni fuori da quegli spazi di rappresentazione… come cambierebbe tutto quanto! Ma in fondo… chi ce lo impedisce?
E se provassimo davvero per una volta (ma anche di più eh?!) a mettere da parte lo stabilito, quel che si deve fare, e lasciare che il nostro essere si lanci seguendo la direzione delle nostre aspirazioni più profonde, rompendo gli schemi, prendendo distanza da morali lontane che non risuonano in noi, ma che ci sono state cucite addosso come camicie di forza?

