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§ Volevo restare nella caverna. O no? §

Creato il 13 maggio 2010 da Faith

Stanotte ho riflettuto su una sensazione di disagio che mi coglie quando mi trovo a discutere con persone che hanno opinioni diverse dalle mie, in un momento, appunto, in cui quel disagio lo stavo provando. E' il potere della metacognizione, pensare sui propri pensieri. Come se non fosse sufficiente già avere miliardi di pensieri, uno li mette pure al quadrato :asd:. Il primo pensiero automatico è che io sia fondamentalmente una persona arrogante e che non tollero che non mi si dia ragione. Non mi è però sembrato credibile, vista la facilità con cui mi trovo a riconoscere che avevo torto, che il mio pensiero era incompleto, fino a cambiare opinione, avendo acquisito altri dati durante una discussione, e visto che io non ho particolari difficoltà a chiedere scusa quando capita. Non sono sul serio arrogante nè orgogliosa. Non sono competitiva, anzi, fondamentalmente credo che l'incontro di opinioni diverse sia il momento migliore per far emergere "sapienza" cui poter attingere, quindi non mi sembra credibile nemmeno questo. Non sono nemmeno il genere di persona che si circonda di persone che la pensano nel suo stesso modo, anzi, per lo più mi annoia questo. Preferisco mille volte discutere con una persona di destra che con una di sinistra (nonostante io non sia realmente di sinistra, di sicuro sono più vicina a questa sensibilità che non a quella di destra), mi sembra che il mio pensiero e la mia conoscenza si perfezioni nel dover fare sempre l'avvocato del diavolo, piuttosto che nell'essere sostenuti da una platea che ti applaude compiacente.

Cos'è allora che mi mette a disagio, quando questo disagio si verifica? Perchè si verifica in ben specifiche, e per fortuna rare, condizioni.

Non è l'ironia, non è nemmeno la saccenza dell'interlocutore. Sebbene psicodinamicamente (e anche non psicodinamicamente, credo basti l'esperienza quotidiana a farci pensare ciò) si possa dire che entrambe sono manifestazioni più o meno edulcorate di aggressività, non mi danno fastidio. Credo sia l'aggressività vera e propria a mettermi a disagio. Anzi, forse in un certo senso mi spaventa proprio. E questo è interessante, perchè forse è una reazione a specchio riflesso. Io non ho esperienza esplicita di aggressività, i miei genitori non hanno mai alzato le mani, non hanno mai urlato , io e mio fratello ci siamo picchiati pochissimo, non ho mai fatto a botte con nessuno (ok, solo una volta per difendere mio fratello...e con la Pazza, ma sorvoliamo su questo 

:asd:
 
§ Volevo restare nella caverna. O no? §
), non litigo con le persone (nemmeno quando urlo con la Pau sono litigate vere
:asd:
 . Ci sono due modi in cui questa cosa può essere pensata: da un lato si può pensare che io non avendo esperienza dell'aggressività, non riesco a tollerarla perchè mi è ignota. Ma dall'altra parte si può pensare (e questo pensiero mi piace di più) che l'aggressività faccia parte dell'esperienza universale dell'essere umano. Che io la manifesti poco o nulla o in modi invisibili (anche questo pensiero, tra le tre ipotesi mi piace di più), non la rende assente. Anzi, come tutti i "Grandi Assenti" , è il più presente di tutti. E un nuovo compito evolutivo potrebbe essere quello di incuriosirmi di modi funzionali in cui io posso scaricare la rabbia e l'aggressività e permettere inoltre che questa mi tocchi quando proviene dalle altre persone.

Ho scoperto, inoltre, un'altra faccenda, verso la quale ho sempre avuto dei sospetti circa la sua esistenza. Una parte di me, forse quella più pigra, è estremamente invidiosa delle persone che hanno certezze assolute. E per "assolute" intendo dei granitici tunnel monocorsia che attraversano la realtà e la sezionano trasversalmente con l'assoluta convinzione che tutto ciò che è nel tunnel e la strada che percorre è l'assoluta verità. E non solo. Essendo un tunnel chiuso, con le aperture solo ai due estremi, tutte già occupate dalle auto che viaggiano in una sola direzione, la mente applica con forza la cancellazione di qualsiasi informazione che possa portare una dissonanza cognitiva. Una parte di me (quella più attaccata alla morte, probabilmente) prova invidia, perchè crede che a queste persone basti leggere un libro solo (probabilmente ne leggeranno molti di più, ma scommetto che saranno solo repliche posticce dello stesso) e che dormano benissimo. Io ho tragicamente scoperto di aver letto in vita mia (e per vita mia intendo negli ultimi 4 anni) almeno un centinaio di libri (arrotondando per difetto) e se dovessi dirvi che su un argomento ho certezze, beh, non saprei trovarne. Su alcuni argomenti (ad esempio la psicoterapia) ho fatto delle scelte, ho scelto la cosa che mi sembrava più utile, ma se dovessi dirvi che questa scelta è stata fatta basandosi su criteri di certezza razionale, assolutamente no. Accanto alla valutazione di aspetti concreti e razionali devo considerare l'esistenza di una parte di me che ha scelto per intuizione. Quindi io non ho certezze, piuttosto faccio scelte. Scelte mutevoli, oltretutto. Scelte di curiosità, immagino. Questo ha in sè una grande forza vitale, nel senso di motore attivante. Naturalmente poi c'è la benzina dentro il motore, che è la mia mente pericolosa e malata

:asd:

Ergo, in conclusione, ho due cose di cui devo incuriosirmi. La rabbia. E la vita.


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