Per commentare la notizia relativa al proposito espresso dall’ex sindaco di Bolzano, Giovanni Benussi, di costruire un soggetto politico territoriale finalmente slegato dalle logiche di partito “romane”, forse si potrebbe ricorrere al famoso apologo della stalla chiusa con i buoi già tutti fuggiti. Nella nostra situazione si tratterebbe però solo di una mera approssimazione alla realtà, visto che quei buoi non risultano soltanto appena scappati, ma ora si trovano dispersi a pascolare chissà dove e pare inutile rimettersi a cercarli.
Parimenti, quando Michaela Biancofiore propone invece di attendere che il Pdl, terremotato in primo luogo dalla sua incapacità di corrispondere anche minimamente ai miracoli annunciati, possa essere rifondato grazie a una nuova immissione di “spirito berlusconiano”, sembra quasi di udire le voci di un tempo remoto. Più che di spirito, dunque, il suo assomiglia piuttosto a un esercizio di spiritismo: gli amici e i congiunti del trisavolo deceduto da secoli riuniti attorno a un tavolino che ondeggia e sussulta secondo gli improbabili protocolli delle sorelle Maggie e Kate Fox.
Chi avesse avuto la pazienza di seguire le recenti evoluzioni del centrodestra locale, certo non potrebbe avere soverchi dubbi riguardo agli sbagli compiuti da questa compagine adesso quasi completamente disfatta. La dipendenza pedissequa dalla matrice del partito di riferimento (o dei partiti, allorché non s’era ancora compiuta la tiepida fusione di Forza Italia e Alleanza Nazionale) ha sempre portato a inverosimili attese di soluzioni calate dall’alto. La rivendicazione della difesa di supposti “interessi italiani” da contrapporre allo strapotere della Svp ha confinato poi per decenni la critica al modello autonomistico, di per sé pienamente legittima, in una vieta e velleitaria retorica di stampo nazionalista. Persino chi, pur sempre replicando scelte strategiche avvenute lontano da Bolzano, ha provato a staccarsi dal ceppo originario, non è mai riuscito a proporsi in modo credibile; anzi, all’occasione, è caduto maldestramente nella trappola di confondere “italianità” ed “eredità fascista”, come se fossero termini non indecentemente sovrapponibili.
Il fatto è che non basta invocare un cambiamento affinché questo si avveri. A cambiare devono essere in primo luogo le facce e le idee. E il cambiamento delle prime – come ci suggerirebbe l’applicazione di una logica sicuramente impietosa, ma alla fine necessaria – è una condizione imprescindibile per avere quello delle seconde.
Corriere dell’Alto Adige, 23 maggio 2012