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Vuoti pieni

Da Miwako
Parcheggio al solito posto, davanti al cancelletto, per metà addossata ai cespugli di lavanda.S. è nel garage, col gatto che le scalda le caviglie e una pila di panni tra le mani.Quando mi vede, nonostante il buio, riconosco il bagliore nei suoi occhi.Ci abbracciamo, lì, tra la lavanda e i panni, col panforte in mano e il gatto tra i piedi. So di cosa profumano i suoi capelli biondi, ma cerco di non respirare. Non so bene che effetto mi possa fare sentire quell'odore.
"Torna quando saprai cosa vuoi fare della tua vita. Vienimi a trovare e raccontami di te"Queste furono le sue parole, quasi un anno fa.Mentre la seguo lungo il vialetto ciottolato che conduce alle scale, mi chiedo se sia già passato un anno dall'ultima volta in cui sono stata qui.S. apre la porta e mi invita ad entrare.Travolta dall'odore di quella casa, per un attimo perdo il contatto con la realtà. S. accende una candela e mi chiede se voglio qualcosa da bere. Rifiuto, sono così piena che anche un misero the sembra un maritozzo alla panna al mio stomaco. Rollo una sigaretta, invece, mentre iniziamo a parlare di cosa è cambiato nell'ultimo anno. Le racconto dell'università, del lavoro, della scrittura, di quella-cosa-di-cui-ancora-non-parlo-per-scaramanzia, di Stè, di tutte le cose che mi sono successe.Lei ascolta, sorride, fa domande.Sono un po' nervosa.Me ne accorgo dalle dita che si arrampicano su per il collo, alla ricerca di un ciuffo sfuggito al bastone con cui ho raccolto i capelli. Lo trovo, nel momento in cui sentiamo un tonfo farsi strada dalle scale a chiocciola che portano alla taverna."P., ci sei? Vieni a vedere chi c'è ...""Chi c'è?""Sali, sali, vieni a vedere."Mi alzo in piedi, ascolto quei i passi pesanti farsi strada ritmati per le scale, mentre con gli occhi fisso l'apertura nel pavimento da cui uscirà.Quando lo vedo, il suo viso mi colpisce come una secchiata d'acqua gelida a dicembre.Non me l'aspettavo, di solito solo S. mi fa quest'effetto, ma con lei non è una novità.Lo guardo sorridermi, e lo abbraccio. Una voragine larga un decennio mi si apre dentro. Non so cosa darei per poter piangere. Mi trattengo.Ogni volta che lo vedo penso sempre che è davvero altissimo.E' invecchiato di colpo. Ed è un po' stanco, meno sereno dell'ultima volta che sono stata qui.S. invece ha la solita consapevolezza pacata, avvolta da quella sua arrendevole tristezza che finisce, esausta, per diventare serena accettazione, sono certa intuisca la fatica con cui freno le lacrime.P. ritorna in taverna, S. ed io in cucina.Parliamo ancora un po' prima di salutarci, col buio fuori dalla finestra aperta di un soffio ad origliare chiacchiere vaghe che si sostanziano in relazione a chi manca all'appello.Lei è ovunque. Nei discorsi, nel sorriso di S., nei silenzi, in quelle mura che ci hanno viste ragazzine, in quelle scale di legno che si arrotolano su fino alla sua camera, scricchiolanti come un tempo nonostante lei i piedi lì non ce li appoggi più. E' incredibile la forza con cui queste cose mi si avviluppano addosso, l'immensità del vuoto lasciato da qualcuno di così piccolo, giovane, come era lei. Ed è paradossale che una persona che non c'è più riesca a fare tutto questo rumore, a lasciare in giro cose che da oltre dieci anni sanno ancora raccontare come se non fosse passato nemmeno un giorno.E' un vuoto pieno, quello che ha lasciato, straripante di lei.Mi ha insegnato un sacco di cose. Quando era qui, e pure dopo.Ho la sensazione che a Natale, tutto questo, faccia ancora più male. Sarà il cuore rimasto aperto, come accade spesso in questo periodo dell'anno. O forse è proprio lei, che senza saperlo ha disseminato piccole gemme luminose affinché noi potessimo trovarle nel corso delle nostre vite. E' un regalo bellissimo. Vorrei potergliela urlare questa gratitudine. So che non si può. Perciò la semino nelle vite degli altri, con la speranza che le persone colgano anche solo la metà di ciò che lei ha dato a me.Grazie T.Te lo scrivo qui, che anche se non ci passi magari mi senti.

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