6 aprile 2015 Lascia un commento
La passione di Gesu’ Cristo viene interpretata nei secoli attraverso l’interpretazione propria di artisti diversi appartenuti ad epoche altrettanto diverse. Se il compositore polacco Szymanowski scrisse lo "Stabat Mater" attorno al 1925 laddove lo spirito religioso permea l’opera fin dal titolo, anche Wagner quasi cinquanta anni prima infuse nel Parsifal il suo omaggio piu’ alto a Dio e nel complesso dell’opera non e’ un caso se ad essere eseguito e’ "L’incantesimo del Venerdì Santo". Torniamo indietro di oltre un secolo invece, esattamente nel 1768 per Haydn e la Sinfonia n. 49 in Fa minore detta "La Passione" completando in questo modo un percorso importante all’interno della storia dell’Occidente e della sua musica.
Orchestra del Teatro comunale di Bologna diretta dal giovane maestro Tito Ceccherini, personaggio sempre piu’ di spicco nell’ambito della musica internazionale e ascoltando e vedendo la sua direzione, si capisce come egli abbia saputo ritagliarsi un ruolo importante anche al di fuori dei nostri confini.
Gia’ a partire dalla scelta artistica, Ceccherini evidenzia una predisposizione per opere vigorose, energiche cosi’ come e’ potente ed energica la sua regia. Se in apparenza il Venerdi’ Santo non sembra un momento soave e tantomeno allegro, Ceccherini del sacrificio di Nostro Signore sottolinea la forza del gesto, forza il cui eco illumina ancora oggi il cuore dei credenti. E’ cosi’ che l’ha interpretato Wagner, e’ cosi’ che Szymanowski in qualche modo ne diviene un emulo specialmente nel secondo e quinto movimento dedicati al baritono e anche Haydn a dispetto del tema, infonde nella sinfonia un’energia che fa sospettare gli storici che l’affinita’ con la Passione sia legata all’occasione della sua esecuzione e non tematica. Ceccherini percio’ domina e sferza coro e orchestra, col vigore domanda e ottiene un’esecuzione orgogliosa e fiera di un’appartenenza e cosi’ e’ per tutti i tre momenti che compongono la serata. Dell’orchestra resta sempre l’ottima impressione di duttilita’ e capacita’. Di tutti vorrei pero’ evidenziare la voce di Vittorio Prato, baritono, che nello "Stabat Mater" mi ha impressionato per tecnica e autorevolezza.
Ancora una volta le perplessoita’ restano sull’acustica della sala ma purtroppo nulla possono i musicisti r tolto questo un invito per tutti a seguire altre esecuzioni del teatro bolognese.