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Wall Street e la City puntano su un crollo dell’Italia

Creato il 07 settembre 2011 da Coriintempesta

di: Filippo Ghira

La stampa anglosassone, Financial Times e Wall Street Journal, boccia la manovra e spera nella fine dell’euro

La stampa anglosassone, espressione dei veri poteri forti che hanno in mano i destini della finanza e quindi dell’economia internazionale, ha espresso un giudizio negativo sul contenuto della manovra finanziaria. Il fatto non dovrebbe preoccupare in quanto lascia il tempo che trova il fatto che un giornalista dia un giudizio negativo sull’azione di questo o quel governo. Nel caso specifico però gli attacchi del Financial Times e del New York Times devono essere presi nella dovuta considerazione perché sono l’annuncio di nuove speculazioni contro l’Italia. Non si tratta comunque di un fatto nuovo. Gli ambienti finanziari di oltre Manica e di oltre Atlantico si muovono infatti in maniera coordinata. Il mondo anglo-sassone non ha mai nutrito particolare simpatia per l’Italia e per il suo ruolo nel Mediterraneo, nel vicino Oriente e in Asia Centrale e negli ultimi anni per i rapporti strettissimi stabiliti oltre che con la Russia anche con la Libia di Gheddafi.

Wall Street e la City puntano su un crollo dell’Italia

Così le difficoltà del nostro Paese a tenere sotto controllo la dinamica dei conti pubblici, a cercare di ridurre il disavanzo e il debito per rientrare nei limiti del Patto di Stabilità, come ci chiedono la Commissione europea e la Bce, attraverso una manovra finanziaria aggiuntiva dagli effetti devastanti, ha rappresentato un invito a nozze per i due quotidiani che, dietro l’apparente e dichiarata obiettività, nascondono invece la sporcizia e il comportamento criminale degli ambienti che li ispirano.

Tale realtà è particolarmente grave per una gazzetta come il FT che appartiene ad un Paese che non fa parte del sistema dell’euro, avendo preferito restare attaccato alla sterlina e che all’interno dell’Unione europea ha continuato a svolgere il ruolo di cavallo di Troia degli interessi anglosassoni. Non è un caso che proprio dai paradisi fiscali sotto la sovranità di Londra, le isole del Canale (Guernsey e Jersey) e i dominions dei Caraibi, siano transitati i capitali che hanno operato la massiccia speculazione contro i titoli di Stato greci, portoghesi, spagnoli, irlandesi e italiani e quindi contro la stabilità dell’euro. Soltanto gli idioti di questa sinistra italiota possono utilizzare le uscite del FT (o del settimanale confratello Economist) e del WSJ per rafforzare le proprie critiche nei confronti di un governo, quello di Berlusconi, che ha mille e più motivi per essere criticato. A questi imbecilli, che dovrebbero avere soprattutto a cuore la stabilità dell’Italia, non viene da pensare che gli attacchi della City e di Wall Street siano motivati da ragioni squisitamente di bottega. Come ad esempio la volontà di mettere le mani sulle aziende pubbliche, come Enel, Eni, Finmeccanica e Fincantieri che con buona pace di Frattini rappresentano il nostro vero Ministero degli Esteri e senza le quali il nostro ruolo sullo scenario internazionale sarebbe ridotto a zero. A nessuno di questi imbecilli che auspicano le privatizzazioni, e ai molti che nel centrodestra condividono tale idea criminale, giustificata con la necessità di fare cassa e di abbattere il debito pubblico, viene di pensare, o perché sono ignoranti (nel senso che non conoscono i fatti) o perché sono in malafede, che siamo giunti alla fine di un processo storico. Una fase che prese il via in piena Mani Pulite e che venne avviata dalla Crociera del Britannia del 2 giugno 1992, quando i rappresentanti della City londinese radunarono sul panfilo reale i rappresentanti delle imprese a partecipazione statale per indottrinarli sulla bellezza delle privatizzazioni. Poi ad ottobre partì la speculazione anglo-americana contro la lira (con Soros in prima fila), la nostra moneta fu svalutata del 30% e le imprese pubbliche divennero più convenienti per quella stessa percentuale. A bordo si vide Mario Draghi, allora direttore generale del Tesoro, che fece un discorso introduttivo e quindi scese prima che il panfilo salpasse da Civitavecchia per l’Isola del Giglio per poi tornare in serata. Quel Draghi che poi lavorò alla Goldman Sachs, per poi approdare alla Banca d’Italia ed ottenere ahinoi, anche con il sostegno mediatico inglese, la presidenza della Bce dal 1 novembre prossimo. A tutti gli idioti, specie nel centrosinistra, che delirano per l’indipendenza della stampa britannica, vogliamo ricordare che nel febbraio 1978 la copertina di uno dei numeri dell’Economist riportava l’immagine di Aldo Moro rappresentato come un burattino tirato dai fili e con la didascalia: “E’ finita la commedia”. Poi vennero Via Fani e via Caetani… Basterebbe quindi riciclare il buon vecchio Carlo Marx per ricordarsi e tenere sempre presente che sono la finanza e l’economia a muovere il mondo e che la politica, purtroppo, finisce per esserne soltanto una sovrastruttura, pur potendosi ritagliare qualche angoletto di indipendenza. Purtroppo i signori del PD sono così impegnati sul fronte interno ed estero a presentarsi come il partito delle banche e i fautori del Libero Mercato da avere scordato che esiste un minimo di decenza dal quale non si può derogare. Ed è sconfortante prendere atto che il loro massimo desiderio sia quello di un governo “tecnico” guidato ad esempio da un Mario Monti che, guarda guarda, come i vari Romano Prodi, Mario Draghi e il non compianto Tommaso Padoa Schioppa, vanta rapporti di lavoro o di consulenza con la Goldman Sachs. La banca salvata da Barack Obama con 7,5 miliardi di dollari e considerata dal cittadino medio Usa come il simbolo della più odiosa e odiata speculazione finanziaria.
Per la cronaca il FT considera la manovra aggiuntiva “un fiasco colossale” in quanto essa è stata “annacquata” togliendo il contributo di solidarietà a carico dei ricchi e non contenendo riforme strutturali. Così essa danneggerà l’economia italiana invece di accelerare la crescita. Sulla stessa linea il WSJ che titola “Atene e Roma tengono in ostaggio l’Europa. Se la Bce dovesse interrompere gli acquisti dei Btp italiani decennali, auspica il WSJ,  il conseguente rialzo dei rendimenti potrebbe far cadere il governo Berlusconi, aprendo la strada ad un governo tecnico. In questo caso, gongola il quotidiano dei gangsters americani, il lungo processo per ricostruire la credibilità della terza economia europea potrebbe ricominciare seriamente. Dichiarazioni che confermano che niente avviene per caso e che ignorano volutamente che i rischi che l’economia mondiale corre per una possibile bancarotta italiana sono niente di fronte ai disastri provocati nel 2007-2008  dalla speculazione anglo-americana sull’economia mondiale. Una speculazione che il WSJ e il duo mondezza Bush e Obama avevano bellamente ignorato considerandola la cosa più normale del mondo e che anzi hanno alimentato e premiato

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FONTE: Rinascita


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