Il calcio italiano è affetto da frenesia congenita ed i presidenti dei club sono gli esponenti più rappresentativi di questa patologia. Dalle Alpi alla Sicilia è un continuo valzer di allenatori, le vittime designate dal trita-calcio moderno. La storia insegna che nessuna squadra di serieA tollera il proprio mister per più di due o tre campionati di fila, poi si deve cambiare.
Se il club non raggiunge i risultati attesi, il presidente è autorizzato a silurare l’allenatore; al contrario, in caso di vittoria, è lo stesso mister a cambiare preventivamente aria prima di essere bocciato.
«Questione di stimoli», è lo slogan perfetto per liquidare e liquidarsi da una squadra e dai suoi tifosi, cioè da una città.
In questo ennesimo giro, il malcapitato di turno è il nostro Walter Mazzarri: la sua anima è in fermento, il dubbio è atroce ed il mistero fitto.
Andare via da eroe (magari nella Roma da rifondare) oppure restare e rischiare di vincere nel suo Napoli?
Il filo che separa la gloria dal fallimento è labile, il dubbio legittimo: prossimo capro espiatorio oppure nuovo San Gennaro al pari di Maradona e Bianchi?
Ciò che non ha carpito Mazzarri è un concetto umano basilare: la forza di un allenatore non si evince dal numero di trofei alzati al cielo bensì nella costruzione della strada da percorrere insieme ai tifosi per raggiungere l’agognato traguardo. Il calcio è sogno, illusione, fedeltà, vittorie e sconfitte ma mai tradimento mercenario.
Le statistiche ci dicono che pochi allenatori hanno vinto qualcosa di veramente importante a Napoli.
Se, invece, si chiede ad un vecchio cuore azzurro: «quale allenatore ti è rimasto nel cuore?» si susseguiranno una serie di personaggi che – pur non arrivando mai primi – hanno regalato al popolo azzurro vere emozioni. Il Petisso Pesaola fece risorgere il ciuccio azzurro dall’ultimo posto per salvarlo dall’inferno della B, il leone Vinicio sfiorò lo scudetto, Marchesi e l’indimenticato Krol per una sfortunata partita col Perugia retrocesso.
Chi si ricorda del simpatico Albertino Bigon? Eppure ha vinto il secondo scudetto col Napoli di Maradona.
Fossi in Mazzarri non avrei dubbi: resterei sulla panchina azzurra un altro anno, poi ancora il successivo e poi ancora, ancora, ancora.
Le classifiche non dicono tutto, l’abbraccio eterno ai colori partenopei può trasformare il toscano nel Fergurson napoletano, il mitico allenatore seduto sulla panchina del Manchester United per ben ventisette anni.
Così Walter Mazzarri resterebbe per sempre nella storia del Napoli e di Napoli, a dispetto di coppe e scudetti.
MMo