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Wandering around London

Creato il 03 giugno 2013 da Unarosaverde

London map on paper

Partenza all’alba, per un altro giro rapidissimo a Londra, città che mi diverte, che mi incuriosisce, che mi ispira, come l’Inghilterra tutta, sentimenti oscillanti tra la reverenza davanti a certi modi di intendere la cultura e alla ricchezza della lingua e l’incredulità per altre strane abitudini, di solito quelle legate al cibo e all’abbigliamento. Londra è il mio parco dei divertimenti all’aria aperta, il mio pozzo senza fondo di musei meravigliosi, la mia vetrina sulla variegata moltitudine di razze che popolano il mondo e che attraversano Trafalgar Square durante il giorno.

Ogni volta che torno, aggiungo un pezzetto di terra scoperta e ripasso luoghi già noti. Nell’elenco delle cose da vedere ne ho tre o quattro a cui tengo: Greenwich, il museo Petrie, i Kew Gardens, il Museum of London. Ero partita con l’idea di depennarne almeno una.

Infatti sabato e domenica ho esplorato palmo a palmo Soho, in cui ero solo velocemente transitata nelle visite precedenti,  mi sono infilata nei negozietti di belle arti, in quelli di tessuti, in una sala da tè informale e dall’aspetto finto shabby-vintage-country terribilmente trendy, ho delimitato la passeggiata con i confini di Regent Street per una puntatina nel solito Hamley dove, come al solito, sono rimasta con la bocca aperta per mezz’ora in mezzo a tanti giocattoli splendidi, mi sono fatta irretire da un gioco scientifico salvo scoprire, con immensa delusione infantile, che è  un’illusione da quattro soldi e ho scoperto che da Caffè Nero si beve un espresso vero e non acqua marrone. Poi ho passeggiato fino al Big Ben avvolto nelle luci del tramonto e ancora di là, oltre il ponte, per voltarmi e vedere per la prima volta Westminster illuminato specchiarsi sul Tamigi scuro. Poi ancora ho girellato per la National Gallery, che sempre mi cattura, per salutare i bagnanti di Seurat, le ragazze di Vermeer e dire loro che tornerò ancora. Poi sono salita per la prima volta a Londra sui double-decker, mi sono seduta sul piano alto e ho percorso il centro prima in un senso, lungo il fiume, fino a Liverpool Street e poi nell’altro, lungo Oxford Street per vedere i palazzi dall’alto e scorgere monumenti già noti e fughe di strade da un’altra prospettiva. Poi ho mangiato un hamburger fatto in casa circondato da morbido pane e salsa guacamole in un localino sempre di quelli dall’aspetto finto shabby-vintage-country terribilmente trendy, e ho scoperto che esistono alternative ai fast food anche a Londra – ma quanto male mangiano gli inglesi –  che non prevedono l’accensione di un mutuo, basta cercarle bene.  Poi mi sono consumata di agitazione quando la metro verso Heathrow si è imprevedibilmente fermata e i minuti passavano e passavano e costringevano a percorsi alternativi lungo la mappa gialla della tube, su e giù per le scale sottoterra, tra i lavori in corso della domenica e l’ansia che cresceva per la paura di perdere l’aereo sapendo che non posso più correre, nemmeno per salvarmi la vita, con un ginocchio così, con questo dolore continuo che mi rovina le esplorazioni e mi rallenta il passo. Poi, una volta sicura che non avrei perso l’aereo, mi sono rilassata e ho sentito la stanchezza che piombava addosso di colpo e faceva venire voglia di casa, del cotone fresco delle mie lenzuola e della colazione del lunedi, con un muffins ai mirtilli tornato a casa con me, per ricordare. E pensavo a quanto sarebbe bello se la porta di casa si aprisse, per magia, su una diversa città ogni sabato e sulla solita via, di lunedi.

Poi ho pensato che Londra, vista con la mia compagna di viaggio ufficiale, che mi ha trascinato nei negozi, mi ha seguito mentre svoltavo nelle stradine, mi ha fatto compagnia tra le illusioni dei giocattoli e le perfezioni dei quadri, mi ha fatto scoprire il profumiere dei principi, mi ha calmato l’agitazione sui vagoni della metro, mi ha aspettato, zoppicando con me, mi ha sopportato mentre inibivo la sua propensione all’acquisto per riuscire a tenere a freno la mia era ancora più bella, anche se la suddetta compagna mi ha completamente alterato la scaletta. Le toccherà riportarmici.


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