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Ci voleva un grande concerto per smaltire la mia delusione per lo show di Mellencamp, e Warren Haynes ha oltrepassato qualsiasi aspettativa. Nella deliziosa cornice dell’Arena del Mare nel porto vecchio di Genova a poca distanza dall’Acquario con la lanterna sullo sfondo e gli enormi traghetti della Moby Line che sembravano infilarsi sul palco tanto erano vicini (ma le navi a contrario degli aerei non disturbano) Warren Haynes ha stupefatto le centinaio di presenti (una cifra ridicola per un colosso del genere, molto meno delle “esigue” ottocento prevendite per le quali il bulletto dell’Indiana ha annullato il concerto di Udine) con un set dove la musica è scivolata elegante, intensa, convincente rendendo indimenticabile una serata di mezz’estate. Uno show in cui Warren Haynes ha dato il meglio di sé come cantante e chitarrista e dove la band rigorosamente all blacks ha dimostrato, se ancora ce ne fosse bisogno, che quando bisogna mischiare groove, tecnica e anima i neri non sono secondi a nessuno. In scena è andato l’ultimo album di Warren Haynes, quel Man In Motion che ha spostato il baricentro della sua musica dal duro e arcigno free rock/blues dei Gov’t Mule ad un più rotondo e morbido soul/blues tinto di jazz governato dalla sua Gibson vintage color oro. Il suo è un nuovo Memphis Stax sound che nasce da Albert King e Steve Cropper e incamera rock, blues e jazz mentre la voce si erge superba per intensità, limpidezza, espressività. Da sempre Haynes è lodato come chitarrista ma è come cantante che oggi è diventato un colosso, entra nel cuore, strappa emozioni e arriva dove il suo maestro Gregg Allman gli ha insegnato.
Haynes è un mostro di bravura e talento, è un extraterrestre con la chitarra ed un cantante dall’ugola straziante che proprio nella sua nuova veste di Man In Motion trova massima espressione come soulman e come bluesman tanto da preferirlo in questa veste ai Gov’t Mule, senza naturalmente togliere nulla a quest’ultimi.
Haynes è un musicista in pace con sé stesso, gode a stare sul palco e suonare, ha l’atteggiamento del fan impegnato a deliziare sé stesso ed il suo pubblico, è instancabile, non molla un attimo, passa dall’elettrico all’acustico senza una pausa, accorda la chitarra mentre canta, si asciuga il sudore della fronte e poi riparte con un nuovo blues, non fa in tempo a concludere un pezzo che già inizia il seguente, è un uomo in movimento. Fermo sul palco come una statua è un monumento alla sacralità del rock, coinvolto in una missione dove la musica è la ragione della sua vita. In questo tour non ha portato i musicisti che lo hanno accompagnato nella registrazione di Man In Motion ad eccezione del sassofonista Ron Holloway, bravissimo nel soffiare un mix di be bop newyorchese e di shout alla Arnett Cobb e King Curtis sopra un groove memphisiano assolutamente irresistibile creato dalla coppia Terence Higgins, un batterista elegante e vivace, mai sopra le righe e Ron Johnson, il piccolo bassista con barba e cappello che sembra uno che organizza combattimenti di galli in qualche localaccio di New Orleans ed invece è un maestro di efficacia, tempismo, precisione, essenzialità. Un mago delle quattro corde. Completano la band il Booker T. Jones della situazione ovvero il tastierista Nigel Hall ed una cantante (Ruthie Foster) che fa poco ma basta e avanza. Due ore e mezzo di show senza break e cadute di tensioni, una grande dimostrazione di professionalità, feeling, amore e conoscenza. Passano uno dopo l’altro i brani del nuovo disco : lo splendido up-tempo di River’s Gonna Rise, appassionata, romantica, il funky grasso di Sick of My Shadow, l’eco Otis Redding di Your Wildest Dreams, spettacolare soul da brividi alla schiena, la sincopata On A Real Lonely Night, il Delta rivisitato alla Haynes di Hattiesburg Hustle , la jazzata A Friend To You dove il sassofonista mostra tutta la sua sapienza in termini di contaminazioni. Poi il palco si spoglia, rimane solo Warren con la chitarra acustica. La sua voce fende la notte, l’aria frizzante del mare si carica di magia, anche la lanterna si commuove, prima con una versione da pelle d’oca di One degli U2, poi con Spanish Castle Magic di Hendrix ed infine con Gallow’s Pole dei Led Zeppelin. Quando riparte la band il pubblico si scioglie, Beautifully Broken dei Muli è una ballad da mille e una notte e Man In Motion la chiusura del cerchio prima dell’ acclamato encore di Soulshine con cui Warren ringrazia la wonderful crowd.
Caldo, umile, superbo. Semplicemente divino.
Un esempio per tutti.
MAURO ZAMBELLINI LUGLIO 2011
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