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Web e politica, binomio imperfetto

Creato il 27 aprile 2012 da Fabio1983
Chi ha tentato di anticipare le possibili innovazioni “della più grossa novità della politica italiana” annunciata giorni fa da Angelino Alfano, ha raccontato della volontà di costruire un Pdl, o qualsiasi cosa sarà, in stile 2.0 emulando così il modello Obama, ormai buono per ogni occasione se c’è da parlare di politica ed internet. Alfiere di tale rinnovamento tecnologico, poiché anche nel centrodestra è finalmente chiaro come la Rete sia fondamentale nei moderni processi comunicativi, sarebbe il parlamentare Antonio Palmieri, già impegnato nella comunicazione online del Pdl. Ora, a vederla in questo modo, equivarrebbe da parte degli stessi attori politici ammettere un certo ritardo sul campo delle nuove tecnologie. Reso sempre più evidente, peraltro, dagli studi di settore. Altro che modello Obama, insomma. Quello fu valido oltreoceano già nel 2008 mentre in Italia, nel 2012, siamo ancora lontani anni luce. A tale proposito ci corre in aiuto una recente pubblicazione di Sara Bentivegna, professoressa di Comunicazione politica all’Università La Sapienza, Parlamento 2.0 (Franco Angeli, 2012). Ciò che emerge dallo studio di Bentivegna (già autrice di Campagne elettorali in Rete, Laterza, 2006) è un quadro sconcertante di come i politici utilizzino gli spazi online, non solo per la scarsa presenza, ma anche per la qualità dei contenuti. La maggior parte di loro apre un sito o un blog a ridosso delle elezioni per poi sparire una volta esaurito il compito di auto-celebrarsi. Tanto per rendere l’idea: solo il 25% dei nostri politici ha un sito internet contro l’81% di quelli di altri Paesi. E anche sui social network, luoghi in cui l’interazione con i potenziali elettori dovrebbe risultare più semplice, solo il 21% dei parlamentari italiani fa sentire la propria voce quando nel Regno Unito sono il 49% e negli Stati Uniti il 70%. Ad ogni modo Facebook è la piattaforma più utilizzata (35,6% del campione), ma almeno il 44,5% dei parlamentari italiani è totalmente sconnesso. In senso letterale, è il caso di dire.
(continua su T-Mag)

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