Ormai l'avevo annunciato a qualcuno, quindi eccolo qui, il secondo aneddoto di cui sono stata involontaria protagonista. Curioso notare -cosa che non avevo fatto fino ad ora- che entrambi si svolgono in piazza Repubblica. Procediamo.E' inverno, una di quelle giornate inspiegabilmente clade che, ogni tanto, sorprendono Firenze e chi ci cammina. Gironzolo per il centro senza meta mentre spettegolo al telefono con un'amica da un'ora. Ad un certo punto, stanca di camminare, decido di sedermi davanti alla vetrina di Zara. Praticamente per terra, come sempre. Continuo a chiacchierare animatamente, ginocchia alte, io e la mia gonnellina. Non ci faccio nemmeno più caso, imbaccuccata come sono in calze coprenti 70 denari e cappotto in lana tricot da clochard fino al ginocchio. Di certo non immagino quello che sta per accadere. Mi passano davanti centinaia di persone, tutte alquanto rialssate pur essendo un giorno feriale, e tra queste c'è un ragazzo in bici. è lento, completamente vestito di nero, e li per li, non lo noto neppure, camaleontico com'è tra la folla scura. D'improvviso vengo distratta da un rumore meccanico prolungato, tenue ma durevole. Alzo gli occhi d'istinto e vedo che il sopracitato ragazzo, mentre continua in suo moto a passo d'uomo, tra la mano destra inguantata rigorosamente di nero, e il manubrio della bici dello stesso colore, tiene in mano qualcosa (indovinate il colore?), e da quell'oggetto proviene quel rumore meccanico non identificato. Sento un "CLICK" e in un attimo realizzo, abbasso le gambe con uno scatto
mood song - Ti scatterò una foto- Tiziano Ferro. Ha ha ha.





