La classe ’82 non si è fatta mancare proprio niente durante i lunghi anni di vita vissuta in Italia.
Prima ci fu la riforma dell’Università e la frantumazione della vecchia struttura universitaria che fino ad allora aveva retto gli equilibri di tutti quegli studenti che si avvicinavano al mondo dell’istruzione “superiore”. Difatti la riforma, trasformando il sistema dei 5 anni in 3+2, ha completamente stravolto quelle indicazioni, date dalla legislazione europea, che miravano ad uniformare i vari sistemi universitari della zona Euro. Ho avuto un’ esperienza personale di studio all’estero e vi assicuro che non c’è niente che ci faccia assomigliare ai sistemi universitari europei. Innanzitutto perché siamo gli unici a dover sostenere due tesi di laurea (una triennale e una specialistica) che non fanno altro che far perdere tempo agli studenti; secondariamente perché al di fuori dei confini del Bel Paese, il biennio specialistico è visto come un Master non come una semplice specializzazione, anzi meglio detta ripetizione, di quanto già fatto durante il triennio.
Ma questi oramai sono temi vecchi, unti e bisunti (come dicono nella vecchia e cara Toscana) e infatti ormai a nessuno importa più il fatto che le persone escono dall’Università con una grande preparazione accademica e poi però non riescono a trovare lavoro. Alzi la mano chi di voi è riuscito a trovare un lavoro degno della propria esperienza professionale e accademica!
Eh già perché la seconda cosa che, noi generazione del ’82, ci siamo beccati è la crisi economica con conseguente crisi del mercato del lavoro. Crisi che impedisce ai giovani di trovare lavoro, avere progetti per il futuro, pensare di poter migliorare questo nostro paese. Invece siamo obbligati a rimanere a casa o a chiedere aiuto ai nostri genitori perché soldi non ce ne sono e, quando ci va bene, riusciamo a trovare un lavoro sottopagato e sfruttato. Non è davvero inusuale sentir dire nelle comitive dei ragazzi “meno male ho trovato lavoro, certo è un lavoro di merda, ma pur sempre un lavoro. In fondo quello che mi precedeva era il figlio di un politico e ovviamente per lui queste condizioni non erano assolutamente previste, anche se magari non parlava inglese e non sapeva fare nemmeno la metà delle cose che faccio io. Ma che ci volete fare: welcome to italy!”
Forse una via di scampo ci sarebbe per la classe ’82 così martoriata e allo stesso tempo così speranzosa nel futuro ed effettivamente molti l’hanno già intrapresa: la fuga verso l’estero. Il fatto è che nemmeno all’estero siamo poi così convinti di trovare un lavoro sicuro e ben pagato, vuoi per motivi linguistici, vuoi perché ci accontentiamo di fare lavori che in Italia non faremmo (siamo per caso i nuovi immigrati del XXI secolo?), ma alla fine lo accettiamo semplicemente perché abbiamo solo voglia di vivere in pace i nostri sbalzi umorali o le nostre inquietudini lontano dalla protezione materna dei nostri genitori.
Certo la classe politica non ci aiuta a realizzare i nostri sogni, e come potrebbero visto che sono ancora impantanati in mille discorsi e nella spartizione del potere. Una classe politica, quella italiana, che è la più vecchia di Europa e che inoltre prende anche di più rispetto ai loro colleghi europei. In Italia se entri in politica, o se sei così fortunato da avere un padre che fa il politico, hai la garanzia di vedere il tuo futuro chiaro e roseo.
Discorso qualunquista e ipocrita? Beh lo è, ma sono più ipocrita io a dire quello che penso o coloro che lo dicono e non fanno niente per cambiare la situazione in cui viviamo?
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