Magazine Cinema
di Abel Ferrara (Usa, 2014)
con Gerard Depardieu, Jacqueline Bisset, Drena De Niro, Paul Calderon, Amy Ferguson
durata: 124 min.
★★★☆☆
A volte, si dice, la miseria aguzza l'ingegno. E in questo caso è un bene: Abel Ferrara è un ex-cineasta di culto che, ormai è chiaro, difficilmente tornerà a rinverdire i fasti de Il cattivo tenente e Fratelli. Altri tempi e altra verve per il regista newyorchese, che comunque fa di necessità virtù: dopo il tonfo clamoroso (d'incassi e di critica) dell'imbarazzante 4:44 Last day on Earth, (spernacchiato a Venezia e mai uscito in Italia), ha accettato di buon grado di dirigere questo instant-movie su uno dei casi più scabrosi e chiacchierati del decennio: Welcome to New York è infatti ispirato alla vicenda dell'economista francese Dominique Strauss-Kahn, arrestato per violenza sessuale a danno di una cameriera nel maggio 2011, proprio durante un soggiorno d'affari nella Grande Mela. Ferrara ha girato il film in due settimane, con un budget ridotto all'osso e senza neppure una distribuzione cinematografica (il film è uscito in in tutto il mondo direttamente su internet). Ne è venuta fuori una pellicola discontinua, imperfetta, ma anche innegabilmente interessante e inattesa, molto spontanea e diretta, che non giudica nè vuole giudicare ma esprime coraggiosamente i fatti compiuti, lasciandoci una visione del tutto personale.
Non sappiamo infatti se il film racconti la verità, e soprattutto quale verità: per la cronaca, Strauss-Kahn fu rilasciato quasi subito e assolto dopo pochissimi giorni da ogni accusa penale, mentre patteggiò un risarcimento economico con la sua accusatrice. La sua carriera politica però ne uscì a pezzi: membro del Partito Socialista Francese, Strauss-Kahn era considerato il candidato per eccellenza della gauche all'Eliseo. Costretto a dimettersi dopo lo scandalo, venne sostituito da Françoise Hollande che poi avrebbe vinto le elezioni. Il dubbio rimane: fu una clamorosa stupidata compiuta da un uomo potente (e che si credeva onni-potente) oppure una clamorosa trappola ordita dai suoi oscuri nemici? Probabilmente non lo sapremo mai, ma a Ferrara questo non interessa più di tanto: lo scopo del suo film è tutt'altro, quello di indagare sulla personalità di un uomo ricco, famoso, viziato, mai contraddetto ma solo adulato (per interesse), che proprio in virtù di questo non riesce a sopraffare i suoi istinti animaleschi e la sua depravazione, da tutti sottaciuta (se non incoraggiata) e perciò terribilmente genuina, naturale.
Deveraux (questo il nome del protagonista nella finzione) non è un uomo abituato a obbedire. Dalla sua posizione controlla i destini economici del mondo e tutti strisciano ai suoi piedi. Il suo tallone d'achille è la totale dipendenza dal sesso, in ogni forma e quantità. E' un uomo divorato dalla propria voracità sessuale, irrefrenabile e famelica, un uomo in grado di controllare il pianeta e che non riesce invece a controllare se stesso: lo interpreta Gerard Depardieu, con una performance in tutti i sensi 'debordante'... talvolta comica (purtroppo involontariamente), in special modo nelle scene erotiche nelle quali si denuda e grugnisce, sbuffa, ansima, mostrando il suo corpo sfatto e indisponente. Talvolta invece da attore vero, della sua portata, capace di esprimere più che efficacemente la deriva morale e privata di un individuo talmente laido ed egocentrico da non accorgersi neppure delle (poche) persone che ancora credono in lui: molto pregnante e significativa, in tal senso, la figura della moglie (una splendida Jacqueline Bisset) che Deveraux continua a violentare psicologicamente, e che malgrado tutto continuerà a stargli vicino anche nei giorni della bufera.
Welcome to New York è, a suo modo, un film nichilista: Deveraux è l'emblema della disillusione, del crollo di quei valori etici e morali che appaiono ormai lontanissimi, irrecuperabili. L'ultimo Abel Ferrara non crede più nella salvezza, nella redenzione, negli ideali: il suo cinema è forse involuto, meno graffiante rispetto agli esordi, ma è cinico e onesto nella sua visione del mondo. Di questo dobbiamo rendergliene merito.
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