Venerdì scorso, 18 maggio, ricorreva l'anniversario della morte di Ian Curtis, leader dei Joy Division. Curtis si è impiccato in casa sua a soli 23 anni. Nel film biografico "Control", del regista Anton Corbijn, viene spiegato come le ultime cose che fece Ian Curtis, prima di compiere il gesto fatale, furono quelle di ascoltare l'album "The Idiot", di Iggy Pop, e di guardarsi il film "La ballata di Stroszek", di Werner Herzog. Come cappello introduttivo ad un post incentrato sulla figura e le opere di Werner Herzog non è quel che si dice il massimo, lo so, ma ad essere sinceri era già da un po' che volevo scrivere qualcosa sul regista monacense e fino ad adesso non avevo ancora trovato la giusta ispirazione. Poi, l'altro giorno, ascoltando Rock Files alla radio, la voce di Ezio Guaitamacchi mi ha ricordato di questa singolare coincidenza e così mi son detto: forse è ora che dedichi un post di sangue sul muro al vecchio Herzog. Dopotutto, è uno dei miei registi preferiti di sempre e, per quel che può valere la mia opinione, uno dei più grandi di tutti i tempi. Ogni opera di Herzog è un'esperienza unica, irripetibile: non ce n'è uno, tra i film che ha diretto, che possa essere in qualsiasi maniera considerato un brutto film, oppure un passo falso. A partire dai suoi capolavori con Klaus Kinski (Aguirre, Fitzcarraldo etc...), fino ad arrivare a "My son, my son, what have you done" e all'ultimissimo "Cave of forgotten dreams"... se c'è un regista che ha saputo raccontare la feroce meraviglia della vita, beh, quello è stato sicuramente Werner Herzog. Nei suoi lavori c'è tutto quello che si può chiedere ad un film (tranne, forse, l'intrattenimento fine a se stesso): poesia, mistero, tecnica e cuore. Vi consiglio, se non mi credete, di guardare il documentario che trovate in questo post. E' intitolato "Il mondo contemplativo di Werner Herzog", e probabilmente riuscirà più di mille altre mie parole a spiegarvi il perché io consideri quest'uomo un grande artista, un immenso poeta e un altrettanto esemplare filosofo dei nostri tempi.
Magazine Cinema
Venerdì scorso, 18 maggio, ricorreva l'anniversario della morte di Ian Curtis, leader dei Joy Division. Curtis si è impiccato in casa sua a soli 23 anni. Nel film biografico "Control", del regista Anton Corbijn, viene spiegato come le ultime cose che fece Ian Curtis, prima di compiere il gesto fatale, furono quelle di ascoltare l'album "The Idiot", di Iggy Pop, e di guardarsi il film "La ballata di Stroszek", di Werner Herzog. Come cappello introduttivo ad un post incentrato sulla figura e le opere di Werner Herzog non è quel che si dice il massimo, lo so, ma ad essere sinceri era già da un po' che volevo scrivere qualcosa sul regista monacense e fino ad adesso non avevo ancora trovato la giusta ispirazione. Poi, l'altro giorno, ascoltando Rock Files alla radio, la voce di Ezio Guaitamacchi mi ha ricordato di questa singolare coincidenza e così mi son detto: forse è ora che dedichi un post di sangue sul muro al vecchio Herzog. Dopotutto, è uno dei miei registi preferiti di sempre e, per quel che può valere la mia opinione, uno dei più grandi di tutti i tempi. Ogni opera di Herzog è un'esperienza unica, irripetibile: non ce n'è uno, tra i film che ha diretto, che possa essere in qualsiasi maniera considerato un brutto film, oppure un passo falso. A partire dai suoi capolavori con Klaus Kinski (Aguirre, Fitzcarraldo etc...), fino ad arrivare a "My son, my son, what have you done" e all'ultimissimo "Cave of forgotten dreams"... se c'è un regista che ha saputo raccontare la feroce meraviglia della vita, beh, quello è stato sicuramente Werner Herzog. Nei suoi lavori c'è tutto quello che si può chiedere ad un film (tranne, forse, l'intrattenimento fine a se stesso): poesia, mistero, tecnica e cuore. Vi consiglio, se non mi credete, di guardare il documentario che trovate in questo post. E' intitolato "Il mondo contemplativo di Werner Herzog", e probabilmente riuscirà più di mille altre mie parole a spiegarvi il perché io consideri quest'uomo un grande artista, un immenso poeta e un altrettanto esemplare filosofo dei nostri tempi.
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