“Pulitzer al Watergate manette per Assange”, è il titolo dell’editoriale del direttore Carlo Bollino, sulla prima pagina del quotidiano “La Gazzetta del Mezzogiorno” di oggi. Finalmente anche la stampa ufficiale, dopo i blog, scopre le la caccia alle streghe nei confronti di Wikileaks ha il sapore amaro del maccartismo degli anni quaranta-cinquanta. “Il mondo occidentale – scrive Bollino – sembra preda di una isteria collettiva contro Wikileaks e il suo patron Julian Assange per il quale qualcuno evoca addirittura la pena di morte. Eppure non è questo sproporzionato spiegamento di forze contro un uomo solo a sorprendere, quanto l’imbarazzante silenzio della nostra categoria”.
“Che piaccia o no – aggiunge il direttore della Gazzetta del Mezzogiorno – Julian Assange viene perseguitato semplicemente per aver ottenuto e pubblicato documenti coperti da segreto. Neppure segretissimi a dire il vero, visto che il 90 per cento di quei cablogrammi circolano nelle reti intranet accessibili a migliaia di dipendenti dell’amministrazione americana. Ma la nostra categoria tace, nessuno protesta, nessuno si indigna, quasi che i segreti violati da Assange non siano del tutto simili a quelli che migliaia di nostri colleghi (ma forse sono soltanto centinaia, o forse ancora meno) dovrebbero tentare di forzare ogni giorno, in Italia e in giro per il mondo, per affondare occhio e penna dentro i misteri inesplorati del potere e della politica. Quando Bob Woodward e Carl Bernstein recuperarono prove e documenti sullo scandalo Watergate pubblicandoli sul Washington Post, vinsero il premio Pulitzer, non un mandato di arresto. E’ cambiato così tanto il mondo se meno di quarant’anni sono bastati a trasformare un giornalista scomodo in un terrorista globale“?
Lo scandalo Watergate
Imbarazza il silenzio dell’Ordine nazionale dei giornalisti e della Federazione Nazionale della Stampa. Eppure il sito dell’Ordine dei Giornalisti pubblica in prima pagina un appello, a proposito delle stragi italiane, in cui si chiede “…che siano aperti tutti gli archivi con una gestione che ne faciliti l’accesso a tutti i soggetti interessati, senza preclusione alcuna; …che vengano fatte decadere tutte le classificazioni di segretezza su tutti i documenti relativi all’evento – compreso i nominativi ivi contenuti – in possesso in particolare dei servizi segreti, della polizia, dei carabinieri e della guardia di finanza, che i documenti vengano catalogati e resi pubblici senza distinguere tra documenti d’archivio e d’archivio corrente”.
Viene da commentare che se si fosse stato Wikileaks, ai tempi delle stragi, forse non staremmo a questo punto…
Quanto alla FNSI, il sito ufficiale si limita a pubblicare la dura presa di posizione della Federazione Internazionale dei Giornalisti (IFJ): “…”La risposta degli Usa è disperata e pericolosa perché va contro principi fondamentali della libertà di parola e di democrazia“.
Un po’ poco, non vi sembra?
Se il giornalismo ufficiale – con l’eccezione di Carlo Bollino e della Gazzetta del Mezzogiorno – stenta a prendere posizione, in rete cresce la protesta nei confronti di Amazon, la multinazionale delle vendite on line che ha cacciato Wikileaks dai suoi server.
E’ bastata una manciata di ore per far capire ad Amazon che la decisione di ‘staccare la spina’ a Wikileaks potrebbe costargli qualche milione di dollari. Mercoledì pomeriggio, il gigante statunitense del commercio elettronico ha cacciato il sito di Julian Assange costringendolo ad ore di oscurità prima che Wikileaks trovasse un rimedio, ‘emigrando’ in Svizzera. Solo poche ore dopo, su Facebook è stata pubblicata una pagina dal titolo inequivocabile:
”Boicottiamo Amazon per aver scaricato Wikileaks”. La pagina è stata letteralmente invasa dagli utenti. In due giorni sono quasi settemila le persone di ogni età, genere e origine che hanno mostrato la propria adesione. E molti di loro, senza troppi giri di parole, hanno seguito l’idea iniziale pubblicata sul web: ”Chiamare Amazon.com e cancellare il proprio account”.
A sostegno di Wikileaks è sceso in campo anche Daniel Ellsberg, l’uomo dei ‘Pentagon papers’, la più clamorosa fuga di notizie militari nella storia, ai tempi della guerra del Vietnam.
Daniel Ellsberg
In una lettera aperta pubblicata sul sito, Daniel Ellsberg si è detto ”disgustato dalla codardia e dal servilismo” di Amazon per ”l’inaspettata” cacciata di Wikileaks ”di fronte alle minacce del senatore Joe Liberman edi altri membri repubblicani del Congresso”.
”Per diversi anni, ho speso più di 100 euro al mese in libri nuovi e usati su Amazon. Ora è finita”, ha tuonato Ellsberg, invitando chiunque ”a incoraggiare i loro contatti a fare ugualmente e far sapere ad Amazon esattamente perché sposteranno i loro affari”.
L’invito di Ellsberg certamente non resterà inascoltato. Su Facebook decine di utenti hanno già annunciato il loro addio ad Amazon. ”Fatto, account rimosso”, scrivono tra numerosi punti esclamativi. ”Grazie a Wikileaks per aver fatto conoscere al mondo la verità sul genocidio dei Tamil”, aggiunge un giovane cingalese. ”Amazon ha dimostrato che il tuo account è solo merce degli altri”, sentenzia un americano. In cima alla pagina, una foto con in primo piano un volto con gli occhi coperti da una benda a stelle e strisce da’ il senso all’iniziativa.
Del resto Amazon, solo oggi, ha motivato il suo gesto. La fondazione di Assange violava ”numerosi punti” del regolamento seguito dalla società. Per esempio l’utente deve ”garantire di essere in possesso o di avere il controllo di tutti i diritti dei contenuti” pubblicati, e che ”l’utilizzo dei contenuti forniti non violi il regolamento e non sia causa di danni a persone o entità. E non è il caso di Wikileaks”, ha reso noto Amazon. Ma la spiegazione probabilmente non convincerà Assange e i suoi collaboratori che già ieri aveva ‘consigliato’ la società a ”smettere di vendere libri se si sente così a disagio con il primo emendamento”, quello cioè che garantisce libertà di parole stampa. E, se il boicottaggio continuerà su questi livelli, l’invito di Assange suona quasi come un’infausta previsione.
Ecco alcuni link per raggiungere Wikileaks:
http://wikileaks.de
http://wikileaks.fi
http://wikileaks.nl
http://wikileaks.eu
http://wikileaks.pl
http://wikileaks.ch
http://jasonditz.com
http://213.251.145.96/
http://88.80.13.160/
(Fonti: Ansa, Antiwar.com, La Gazzetta del Mezzogiorno, Facebook)