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Wikileaks? Se di complotto si tratta è un complotto "pro-Italia". Ma lui ci ride sopra...
Creato il 29 novembre 2010 da David Incamicia @FuoriOndaBlogdi David Incamicia
Il dado è tratto. La web-offensiva che per giorni ha tenuto col fiato sospeso le diplomazie di tutto il mondo è stata lanciata e i suoi esiti appaiono ora imprevedibili. A leggere i dossier riservati resi pubblici da Wikileaks si comprendono molte cose. Alcune ovvie, altre effettivamente scottanti. Si comprende, ad esempio, perchè il Ministro degli Esteri Frattini e il partito del nostro Presidente del Consiglio abbiano vissuto la vigilia di questa ecatombe geopolitica con imbarazzo e apprensione.
Perchè a casa nostra ciò che conta non è la salvaguardia delle relazioni internazionali e non è nemmeno l'interesse nazionale. Ciò che da noi prevale nel dibattito pubblico è sempre e soltanto l'interesse del capo surpemo, di quel re ormai nudo - altro che Sarkozy! - che va protetto in ogni caso anche dinanzi all'evidenza. Va tutelato soprattutto ora, oggi che il suo personale destino politico è appeso a un filo ed è in discussione il suo ruolo nella storia della Nazione. Per carità, scoprire che perfino il caro e vecchio Zio Sam considera Silvio Berlusconi alla stessa stregua di almeno la metà del popolo italiano, vale a dire "persona incapace, inaffidabile, vanagloriosa, machista, una specie di portavoce dello Zar Putin, più attenta a soddisfare il proprio tornaconto di businessman ed i propri vizi privati attraverso orgiastici party celebrati perfino nei palazzi delle istituzioni che non il bene comune" non stupisce più di tanto.
E' come il segreto di Pulcinella, anche se fa sempre un certo effetto sapere che quei giudizi spietati e - possiamo dirlo? - per nulla inverosimili vengono stesi nero su bianco da funzionari consolari. Se pertanto di complotto si tratta, è certamente un complotto pro-Italia! Non importa se nelle intenzioni di Wikileaks non c'era di aiutare nientedimeno che gli italiani, anche i più distratti e sono ancora tanti, a prendere atto della triste realtà. Di un premier che tiene in ostaggio la nostra democrazia da quasi 17 anni, che confonde le responsabilità pubbliche con un potere personale da esercitare al di sopra, e al di fuori, di ogni freno e controllo costituzionale. Che ha gettato nel ridicolo, in definitiva, l'immagine del Paese.
Sostenere ciò non vuol dire affatto essere anti-italiani, non vuol dire essere traditori. Significa invece amare la Patria, ambire per essa a un avvenire migliore del presente. Ebbene sì, si può essere fieramente antiberlusconiani essendo al contempo autentici patrioti. Il berlusconismo, termine entrato prepotentemente nel lessico degli italiani da quella discesa in campo del 1994, non si riduce solo al controverso profilo della persona Silvio Berlusconi ma comprende una tendenza assai più vasta e radicata nel nostro tessuto sociale. Una filosofia di vita fondata sullo spregio delle regole, sull'individualismo selvaggio, sull'egoismo, sulla totale assenza di principi etici nella vicenda civile del Paese. Qualcosa che sopravviverà a Berlusconi stesso e sarà difficile da debellare.
E a chi reclama il rispetto della privacy, a chi obietta che in fondo ognuno è libero di vivere come più gli aggrada, a chi accusa gli oppositori del nostro primo ministro di essere squallidi moralisti io mi limito a dire che questo non può e non deve valere per chi rappresenta uno Stato ai più alti livelli. Chi ci rappresenta non solo deve essere impeccabile, deve anche apparirlo. Deve lui per primo preservarci dagli sghignazzi, anche da quelli interessati e malevoli, sulla scena mondiale evitando di portarsi in casa mignotte di ogni età munite di fotocamera, con la complicità delle forze preposte alla sicurezza, e di dar loro il proprio numero di cellulare. Voltarsi dall'altra parte non serve più. Far finta di niente, minimizzare sono le uniche reazioni veramente anti-italiane.
Malgrado ciò, per non attardarmi a mia volta nel solito gioco di nuotare nel torbido della vasca da bagno Italia dimenticandomi dell'oceano mondo, vengo ai riflessi più generali e delicati della questione Wikileaks. Premetto che quanto sta accadendo ha stimolato in me due reazioni contrastanti seppur ugualmente forti. Da un lato, considero molto pericoloso e grave che un sito specializzato in rivelazioni di affari riservati si sia spinto fino a questo punto. Così come considero altrettanto grave che siano possibili faglie talmente macroscopiche nei sistemi di sicurezza delle diplomazie.
E' risaputo che ogni governo, compreso il nostro, in quella zona grigia gestita sovente dai servizi segreti elabori rapporti anche crudi e politicamente scorretti sui propri interlocutori globali. Proprio in nome di quel sacrosanto dovere di tutelare la sicurezza nazionale. Tuttavia, il quesito che più di ogni altro prende il sopravvento è il seguente: siamo certi che un sito internet abbia potuto fare tutto questo da solo, che sia riuscito a entrare in possesso di circa 300 mila documenti top secret da decine e decine di ambasciate? E' impossibile non sospettare che dietro Wikileaks ci sia molto di più.
E allora non risultano poi così eccessivi quegli allarmismi che richiamano enfaticamente a un "11 settembre della diplomazia", perchè qui di terrorismo si tratta. Bisogna solo capire chi muove le fila, e se realmente è attiva una sorta di spectre mondiale pronta a tutto pur di destabilizzare la politica internazionale per trarne magari profitto. D'altro canto, però, ritengo pure che questo caso abbia degli aspetti non proprio nefasti in quanto a riflessi sull'opinione pubblica. Per la prima volta, infatti, i cittadini del mondo hanno l'opportunità di conoscere fino in fondo come i propri governi agiscono e quali interessi perseguono. Vengono messi in condizione di giudicare sulla scorta di dati reali che in condizioni normali non verrebbero certo messi a loro disposizione.
Superando la parte più scandalistica dei dossier (non c'era certo bisogno di Wikileaks per paragonare Ahmadinejad a Hitler o per intuire che Gheddafi usa il botox e la Russia è diventata uno Stato mafioso, del nostro premier si è detto), sono interessanti soprattutto i rapporti sugli scenari geopolitici. In particolare, inquieta la circostanza che il nostro governo abbia tentato, stoppato dagli USA, di vendere navi militari all'Iran del novello Hitler capaci di attaccare la flotta americana nel Golfo. Oppure il fatto che la Turchia, da sempre membro della Nato e considerata alleata di ferro delle democrazie occidentali nella guerra al terrorismo islamista, abbia consentito il passaggio sul proprio territorio di armamenti destinati in Iraq ad Al Qaeda. Ancora, che lo stesso Iran sia già dotato di missili a lunga gittata in grado di colpire le capitali europee e forniti dalla Corea del Nord. E che tutti i sovrani della penisola arabica abbiano fatto e tuttora facciano pressioni sugli Stati Uniti per un intervento militare contro Teheran. Per non parlare dei sospetti più che fondati circa l'esistenza di affari sporchi non proprio di natura intergovernativa, negli accordi energetici e petroliferi siglati dall'Italia con Russia e Libia (ancora loro!). Quanto sta investendo proprio in queste ore i vertici di Finmeccanica potrebbe esserne un segnale.
Ma ciò che maggiormente lascia sgomenti, è la scoperta che l'Amministrazione del democratico Obama abbia ordinato ai propri servizi segreti di spiare il Segretario Generale delle Nazioni Unite Ban Ki-Moon. E' proprio vero, se si è gunti addirittura a profanare il simbolo più sacro del pianeta è lecito affermare che da domani nulla sarà più come prima e quella rete fittizia di solidarietà tra Stati, costruita faticosamente nel tempo al duro prezzo di conflitti caldi e freddi, è destinata a sgretolarsi e a lasciare il posto a nuovi egoismi e a diffidenze di ritorno.
Forse la principale vittima di questa prospettiva è proprio la (ex?) superpotenza americana, a partire dal suo condottiero di oggi accolto all'atto della sua elezione come il fautore di una nuova era di prosperità e di pace. La pace... categoria che potrebbe ben presto vacillare sotto i colpi mortali inferti dalla spregiudicatezza del Sig. Julian Assange, fondatore di Wikileaks. Poichè è nell'inconfessabile, spesso, che si conserva l'equilibrio.
Ma intanto, sperando che possa nonostante tutto prevalere la realpolitik e in attesa di leggere gli oltre 3000 files che riguardano il nostro Paese (la pubblicazione andrà avanti per mesi), c'è chi continua a ridere e oggi riparte per la consueta gita dagli amici di sempre: destinazione Tripoli e Mosca.
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