William Gaddis – JR
(Alet Edizioni, 2009)
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di Amedeo Buonanno
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“JR” è la prima opera di William Gaddis a ricevere il National Book Award nel 1976 ma sono stati necessari quasi 35 anni per vederne pubblicata in Italia la traduzione ad opera dell’ottimo Vincenzo Mantovani e della coraggiosa casa editrice Alet Edizioni.
Molti sono gli aspetti che potrebbero scoraggiarne la lettura: la dimensione notevole (quasi 1000 pagine), l’uso esclusivo del dialogo tra personaggi senza l’indicazione di chi sia di volta in volta a parlare, un gran numero di personaggi e storie che si intrecciano, insomma tutti ingredienti che potrebbero allontanare un lettore medio; ma questo lettore perderebbe la possibilità di leggere una grandissima opera letteraria, lucida, satirica, in molti punti anche esilarante. Una volta iniziato a leggere, seguendone il ritmo, non si potrà che godere del piacere della lettura. Come infatti osserva Thomas Moore [1], l’uso del dialogo aumenta la vitalità del racconto riducendo la differenza tra la durata di un episodio ed il tempo necessario per leggerlo. Se infatti lo stesso libro fosse stato scritto usando metodi “tradizionali” sarebbe stato necessario un numero di pagine ben maggiore e la scelta coraggiosa di eliminare completamente la voce narrante, ha il preciso obiettivo di aumentare l’immediatezza e la partecipazione del lettore.
Lo stesso autore dichiara che “JR” nasce come parodia de “L’Anello del Nibelungo” di Wagner così come “Le perizie” lo era del Faust di Goethe. Nell’opera di Wagner il nano Alberich maledice l’amore per impadronirsi dell’oro del Reno da cui forgerà un anello con il quale potrà dominare il mondo, un anello che tutti, spinti dall’avidità, cercheranno di accaparrarsi. Il riferimento al libretto dell’opera di Wagner (lo stesso Gaddis dichiara di non amare particolarmente la musica di Wagner in quanto “un po’ troppo travolgente, troppo romantica, troppo freudiana” [2]) diventa lampante quando nella scuola di JR, il giovane protagonista da cui prende nome il romanzo, si sta per mettere in scena proprio “L’Anello del Nibelungo” in cui il ragazzino dovrà guarda caso impersonare Alberich (pag. 64). Se “la casa dei Nibelunghi sotto il regno di Alberico è la rappresentazione poetica del capitalismo industriale non regolato, quale fu rivelato in Germania alla metà del secolo XIX”, come dice Shaw nel suo libro sull’opera di Wagner [3], così “JR” anticipa “gli anni ‘80, la stupidità della versione Reaganiana di libera impresa” [2] mettendone in luce le contraddizioni, i pericoli e la profonda avidità.
Già a partire dalle prime pagine al lettore viene presentato il centro intorno a cui gravita la storia, senza giri di parole, senza introduzioni, senza mediazioni: il denaro.
<<Moneta…?>> con una voce che era un fruscio
<<Carta, sì.>>
<<E non l’avevamo mai vista. Cartamoneta.>>
<<Non avevamo mai visto cartamoneta prima di venire qui sulla costa orientale.>>
<<Aveva un aspetto così strano la prima volta che l’abbiamo vista. Senza vita.>>
<<Nessuno avrebbe detto che valeva qualcosa.>>
<<No, dopo aver sentito il tintinnio degli spiccioli di nostro padre.>>
<<Quelli erano dollari d’argento.>> (pag. 25)
A parlare sono Anne e Julie Bast, sorelle del defunto Thomas (detentore del pacchetto di maggioranza del Gruppo Generale Rulli), in un dialogo in presenza dell’avvocato Coen venuto a cercare il nipote delle stesse sorelle Bast, Edward, per chiarire alcuni discorsi sull’eredità dello zio. Edward, infatti, figlio di James e Nellie, rispettivamente fratello e moglie di Thomas, è nato prima ancora che Thomas e Nellie divorziassero e quindi potrebbe rivendicare metà dell’eredità, possibilità che la sorellastra Stella cerca in tutti i modi di scongiurare.
Stella, con il 22.5% delle azioni che erediterebbe dal padre, insieme al 23% di azioni del marito Norman Angel, ed insieme al 5% di azioni possedute dall’ex amante Jack Gibbs, avrebbe il controllo completo dell’azienda. In questo modo Stella non dovrebbe più preoccuparsi dello zio James, compositore e direttore d’orchestra, beneficiario dell’altro 22.5% che, con il 27% posseduto dalle sorelle Anne e Julie, otterrebbe quasi la maggioranza dell’azienda di famiglia.
Le sorelle Bast, durante la visita di Coen, ricordano un episodio dell’infanzia del padre, quando questi si rifugiò nella stalla per imparare a suonare un violino che aveva ricevuto in regalo:
<<[...] Be’, suo padre lo sentì e andò subito giù e gli ruppe il violino sulla testa. Eravamo una famiglia di quaccheri, in fondo, dove le cose che non rendevano non si facevano e basta.>> (pag. 26)
e ci pongono di fronte ad uno dei temi del romanzo, il conflittuale rapporto della famiglia Bast e, sembra suggerire Gaddis, di tutta la società moderna, con l’arte, considerata solo tempo rubato ad attività più redditizie e quindi importanti. “JR” è infatti pieno di artisti che per un motivo o un altro prostituiscono l’arte o la sospendono per i più disparati motivi. C’è ad esempio Jack Gibbs, professore di fisica alla scuola di JR che vorrebbe ma non riesce a concludere un libro che sta scrivendo da sedici anni (“è più un libro sull’ordine ed il disordine, più una … specie di storia sociale della meccanizzazione e delle arti, l’elemento distruttivo…”(pag. 324)); c’è poi l’amico Thomas Eigen uno scrittore che condivide con Gibbs l’appartamento sulla novantaseiesima strada che cerca di concludere una commedia sulla Guerra Civile (come dice la moglie “sta ancora lavorando a quella commedia, la sta ancora riscrivendo e cambiando e riscrivendo, non la mollerà, non la finirà perché ha paura di competere con se stesso” (pag. 355)), che per vivere deve scrivere discorsi per le società. Attraverso Gibbs ed Eigen veniamo a conoscenza di altri due artisti: Schramm e Schepperman. Il primo è uno scrittore che vorrebbe scrivere delle sue esperienze nella Seconda Guerra Mondiale che però tenta il suicidio (“è uno di questi… uno di questi uomini che volevano scrivere, aveva un padre che pensava che scrivere era roba da finocchi,[...] e Schramm ha passato gli ultimi vent’anni solo ad aspettare che morisse”(pag. 326)); il secondo è invece un pittore che per dipingere è costretto a vendere i diritti su tutti i suoi quadri alla ricca Zona Selk (“Vendendo il proprio sangue per potersi comprare i colori” (pag. 82)) che, una volta conclusi, “li chiudeva semplicemente a chiave in qualche posto, forse non li guardava nemmeno, non li vedeva nessuno” (pag. 524). Infine vi è Edward Bast appena diplomato al conservatorio che accetta di aiutare JR in cambio di denaro necessario per comporre un’opera ispirata a Tennyson.
In “JR”, come in “Le perizie”, è centrale il dramma dell’artista: l’arte, che dovrebbe redimere il mondo viene considerata una mera perdita di tempo che potrebbe invece essere utilizzato per accumulare denaro e potere. Però, mentre in “Le perizie” l’arte sembra necessaria a Wyatt, in “JR” al protagonista a sembrare necessario è il denaro escludendo una qualsiasi azione che non abbia un fine utilitaristico confermando, così, quello che diceva Recktall Brown nell’opera prima di Gaddis: “il denaro da importanza a tutto” [7].
In un’intervista a Paul Ingendaay del 1995 [2] Gaddis dice:
“L’artista è un agente del cambiamento. Questa è la funzione dell’artista. Ma questa società, soprattutto quella allineata con i repubblicani conservatori, non vuole cambiare a nessun costo. L’artista è quindi una minaccia, è visto come una minaccia ed infatti è una minaccia”
riconoscendo all’artista un ruolo fondamentale nella creazione di una nuova idea di società, quella stessa società che lo accoglie con un riso beffardo per l’intrinseca inutilità della sua creazione e per delegittimarne il ruolo. Molti sono gli esempi all’interno del romanzo di questa visione distorta dell’arte considerata, ad esempio, un lusso che non ci si può permettere, come dice chiaramente Davidoff a Bast (pag. 690) oppure, in un mondo mosso solo dal denaro e dalla smania di possesso, considerata alla stregua di un qualsiasi altro oggetto che è possibile acquistare (“Dove la trovi? L’arte? La trovi dove trovi qualunque cosa, la compri” (pag. 83)).
Contrapposto al mondo dell’arte vi è quello della finanza, che “JR” descrive come un microcosmo formato da avvocati, broker, politici locali e nazionali, dirigenti, addetti alle pubbliche relazioni, burocrati, tutti che parlano una sorta di linguaggio da iniziati, criptico e che nasconde sempre un unico scopo: il profitto. E’ questo mondo che affascina JR Vansant, il protagonista del romanzo, un bambino di 11 anni lasciato a se stesso dalla famiglia (la mamma infermiera è costretta a fare turni snervanti per guadagnare abbastanza) e dalla scuola che non si interessa di far crescere i propri ragazzi, ma solo di trovare altri modi per ottenere finanziamenti da reinvestire. La classe di JR andrà in gita nella capitale della finanza, Wall Street, accompagnata dalla professoressa Emily Joubert, insegnante di scienze sociali e figlia del ricco Monty Moncrieff, presidente della Typhon International, con l’obiettivo di comprare un’azione della Diamond Cable, quella che spesso viene indicata come la loro “quota dell’America”. E’ qui che JR avrà il primo contatto con il mondo della finanza che lo affascinerà a tal punto da farlo parlare, pensare ed agire come i suoi protagonisti.
Davidoff, direttore delle Public Relation per la Typhon International, farà una sorta di lezione ai giovani alunni spiegando lo scopo della Borsa (“E’ quello di mettere insieme la gente che vuole comprare con la gente che vuole vendere” (pag. 126)) o l’importanza di possedere anche solo un’azione (“anche se ora avete solo un’azione, ogni volta che vi verrà il sospetto che noi abbiamo deviato dalla retta via non dimenticate che quell’azione significa che potete trascinarci in tribunale” (pag. 155)).
Nonostante il secondo punto svolgerà un ruolo importante nella creazione dell’impero economico di JR, il ragazzo imparerà moltissimo ascoltando una conversazione nascosto in una toilette (pagg. 157-158) luogo in cui “Si sentono più verità […] che a venti consigli di amministrazione” (pag. 158)
JR assorbe tutte queste informazioni ed inizia ad acquisire un gran numero di azioni ed obbligazioni a basso costo, apre un conto in Nevada a nome della classe 1J di cui fa parte, pur non avendo legalmente l’età per farlo in quanto quello che interessa alla banca – spiega all’amico, il figlio del maggiore Hyde, che nel frattempo si fa spedire foto osé da una certa Mary Lou – è ricevere i soldi “così come questa Mary Lou che si becca cinque dollari, perché dovrebbero badarci se hai cent’anni” (pag. 231)
Il primo vero affare di JR è l’acquisto di novemila forchette di legno da picnic dalla “marina [che] ha comprato tutte queste forchette di plastica nuove, così ora offrono come residuato a chi le vuole quelle di legno a prezzi stracciati” (pag. 231) e cerca di rivenderle all’esercito. Per il pagamento “si manda solo la percentuale, tu fai solo quest’offerta e gli invii la percentuale del…” (pag.232) ed alle continue obiezioni dell’amico su queste operazioni che potrebbero procurargli molti guai, JR sicuro di sé risponde “Non venirmi a raccontare che ho fatto qualcosa di illegale, accidenti, è così che si fa!” (pag. 236)
Dal discorso con l’amico, il piano di JR è chiaro e simile alle operazioni messe in piedi dai grandi della finanza, comprare a credito, dando in garanzia cose che non è detto possedere, e vendere in contanti cercando sempre di far lavorare il denaro degli altri ai propri scopi.
Dalla visita a Wall Street in poi JR si addentra sempre di più in un mondo fatto di parole in codice, di sotterfugi, di cose possedute, acquistate, vendute, prestate, rubate. Il ragazzo si sente parte di questa strana famiglia che sembra non interessarsi minimamente del suo aspetto, della sua età, dei suoi problemi ma lo accoglie nelle sue braccia indifferenti riempiendo in parte il vuoto affettivo che lo circonda. JR non è un ragazzo prodigio, non è un genio, legge dai diversi “puscoli”, come erroneamente li chiama, delle informazioni che raccoglie e rielabora a modo suo, “non sa bene quello che fa ma deve farlo perché crede che questo sia il modo di fare successo” [2]. Dal vuoto affettivo che lo circonda JR ritrova, nel mondo cinico della finanza, con le sue regole, una sorta di rifugio in cui si sente accettato e di cui imita gli atteggiamenti ed i modi di fare. “E’ così che si fa” ripete in continuazione per giustificare un comportamento ed un agire che a Bast ed all’amico risultano incomprensibili o ai limiti della legalità. JR in fin dei conti è un innocente, lo stesso Gaddis infatti dirà [2]:
“Questa è la differenza tra lui e le persone che incontra che si comportano in modo amorale e sanno che è sbagliato; solo che loro accettano questo comportamento e sanno che se intralciamo la giustizia ed evitiamo lo spirito della legge, sapremo appena che stiamo rovinando le cose, ma questa è proprio l’America: sempre allegramente avanti per avere successo e guadagnare soldi senza alcun riguardo. E JR si guarda intorno ed ovviamente pensa: Aha, è così che si fa.”
Come dice Thomas Moore, è la giovinezza ed il vuoto morale nel quale vive che giustificano il suo comportamento amorale. Un comportamento che commuove, come dice la signora Joubert a Gibbs:
<<[...] C’è qualcosa di commovente in quel ragazzo [...] è così… ha sempre l’aria di abitare in una casa senza… non so. Senza adulti, immagino, come se ci dormisse dentro, nella roba che indossa [...] quando gli rivolgi la parola non ti guarda in faccia, ma non è come se… come se nascondesse qualcosa. E’ come se cercasse di far stare quello che dici in un mondo completamente diverso, un mondo di cui non sai nulla, è un ragazzo così servizievole, ma… c’è qualcosa di assolutamente desolato, come una fame…>> (pag. 327)
Ed è proprio la signora Joubert che cercherà di stimolare in JR un’emozione autentica, lontana da tutto ciò che è possibile acquistare o vendere:
<<[…] ha mai pensato, signora Joubert, che per tutto quello che si vede in qualche posto c’è un milionario?>>
[…]
<<Sì, alza gli occhi al cielo, guardalo! C’è un milionario per questo? [...] Ci dev’essere un milionario per ogni cosa?>> (pagg. 604-605)
JR è però ormai parte di quel mondo in cui non esistono relazioni autentiche, in cui è importante solo accumulare, come gli dirà Edward Bast:
<<Più roba metti insieme più avido diventi, ormai non sai nemmeno quanto… cioè, chi lo crederebbe, eh? chi lo crederebbe?>> (pag. 823)
Edward Bast insieme alla signora Joubert, è uno dei pochi personaggi che sente un dovere pedagogico nei confronti di JR, cercando di sopperire alle profonde mancanze del sistema scolastico, troppo impegnato in interminabili discussioni su progetti “educativi”, investimenti, note spesa, e poco attento invece alla propria missione educativa:
<<[...] senti, io voglio solo che tu smetta di pensare per un minuto alle detrazioni e alle attività tangibili per ascoltare un pezzo di musica stupenda, è una cantata di Bach, la cantata numero ventuno di Johann Sebastian Bach, maledizione, JR, non capisci cosa sto cercando di…? sto cercando di mostrarti che esistono cose come… come… come le attività intangibili [...] La musica è una… non sono semplici effetti sonori, ci sono delle cose che soltanto la musica può dire, cose che non si possono né scrivere né appendere a una corda da bucato, cose che…>> (pag. 833)
Anche in questo caso JR sembra non aver ricevuto una vera educazione sentimentale, non emozionandosi di fronte ad un opera di Bach ma, anzi, in qualche modo degradandola:
<<Voglio che tu non l’ascolti mai più, io stesso non voglio sentirla mai più! tu… tutto, tu rovini tutto quello che tocchi![...]non riuscendo a portarti al loro livello li abbassi fino al tuo, se c’è modo di rovinare qualcosa, di degradarlo, di immiserirlo…>> (pag. 838)
Chi dovrebbe prendersi carico della crescita dei ragazzi è la società intera ed in particolar modo la famiglia e la scuola. In “JR” i ragazzi sono lasciati a loro stessi ed i due soggetti educativi principali, la famiglia e la scuola, sono completamente assenti troppo presi dagli interessi economici. Lo stesso JR della scuola dirà che è solo un “mucchio di cagate che non c’entrano niente con la vita reale” e che invece dei voti la sua idea è quella di pagare gli alunni (pag. 825) evidenziando come, ormai, non possa essere preso in considerazione nulla che non sia esprimibile in termini monetari. Già il soprintendente Vern aveva suggerito ad una riunione con il direttore della scuola Whiteback (che curiosamente gestisce anche la locale banca)
<<Date a questi ragazzi un salario invece di dargli dei voti e forse impareranno qual è la vera faccia dell’America>> (pag. 582)
“La vera faccia dell’America” è una frase che si presenta spesso durante il romanzo ed è infatti una delle cose che interessa maggiormente Gaddis. In [2] l’autore dichiara, infatti, che:
“La questione che mi interessa è: in cosa consiste l’America? cosa accade all’ America? Voglio dire, è un paese dove l’uno per cento della popolazione ha a disposizione quasi il 40% di tutte le azioni della nazione – molto interessante per uno scrittore”
A quanto pare la vera faccia dell’America, ma in realtà di tutto il mondo, è quella impressa sui verdi dollari ed è anche alla luce di queste dichiarazioni che possiamo affermare con maggiore certezza che “JR” è una satirica, cinica, realistica analisi delle fondamenta della società liberale americana in cui è possibile, attraverso i contorti giochi della finanza, costruire un impero economico basato sul credito, sull’inconsistenza, sull’assenza. E’ anche questa assenza che ci colpisce: in “JR” sono assenti i sentimenti sinceri, il vero amore, il genuino rapporto interpersonale, la scuola che educa, i genitori attenti ai figli e lo stesso protagonista cerca di celarsi completamente facendosi conoscere da tutti solo come una voce camuffata al telefono o con una serie di note scritte piene di errori ortografici. JR comprende subito che “L’uomo economico non è un animale sociale e l’individualismo economico esclude la società nel proprio senso umano. Le relazioni economiche sono impersonali” [5], come dice l’economista Frank Hyneman Knight ed infatti lo stesso JR dirà all’amico:
<<Cioè, con le ore strane che fa mia madre quando lavora, come faccio a sapere quando torna? mentre questi, questi titoli e queste obbligazioni, non vedi nessuno e non incontri nessuno, solo per posta e per telefono, perché è così che si fa, nessuno deve vedere nessuno, puoi essere la persona più ridicola e vivere in una catapecchia o chissà dove e loro come fanno a saperlo, cioè tutti questi tipi della Borsa che si vendono tra loro tutte queste azioni? Non gliene importa un fico di sapere chi sono le persone alle quali le rivendono solo perché una voce gliel’ha detto per telefono, perché dovrebbe importargli qualcosa se hai centocinquant’anni? l’unica cosa che conta …>> (pag. 235)
E’ proprio questa impersonalità ed asetticità dei rapporti economici che piace a JR ed invece irrita la signora Joubert che all’avvocato Beaton, riguardo alle azioni privilegiate che non garantiscono diritto di voto, dirà:
<<Oh, niente, signor Beaton, è tutto così…così assurdo, così… inerte, non posso […] perché non ci sono… non ci sono emozioni, sono tutti dividendi reinvestiti e scappatoie fiscali, ecco tutto, una scappatoia, com’è sempre stato, come sempre sarà, non c’è una ragione al mondo per cui debba cambiare, eh?… che un giorno possa cambiare?>> (pag. 285)
L’impersonalità viene sottolineata anche dalla pesante presenza dei mezzi di comunicazione (la radio nell’appartamento della novantaseiesima strada, la televisione che proietta le videolezioni, il telefono usato da JR e da molti altri per discutere) che riduce drasticamente il contatto fisico producendo una trasformazione del corpo dei protagonisti in pura voce e l’uso pervasivo del dialogo da parte di Gaddis sembra quasi essere un catalizzatore di questo processo. L’epopea di voci che ne risulta rappresenta perfettamente il mondo moderno fatto di pura informazione, di semplici impulsi binari in cui della corporeità degli interlocutori non rimane altro che il messaggio e dove i disturbi, i rumori, ed il fruscio di fondo, ne riducono la comprensione e la decodifica.
Quando Jack Gibbs dice ai propri alunni, intenti ad “assorbire” le nozioni di una videolezione sull’Entropia (concetto frequente nella letteratura postmoderna e molto caro a Gaddis e Pynchon):
<<Dal momento che voi non siete qui per imparare un alcunché, ma solo per farvi spiegare da noi come superare questi esami, il sapere deve essere organizzato per poter essere insegnato, e per poter essere organizzato deve essere ridotto ad informazione, mi seguite? In altri termini, questo ti porta a supporre che l’organizzazione sia una proprietà intrinseca del sapere, e che il disordine e il caos siano solo forze irrilevanti che lo minacciano dall’esterno. In realtà è tutto il contrario. L’ordine è solo un fragile, pericolosa condizione che noi ci sforziamo d’imporre alla fondamentale realtà del caos…>> (pag. 46)
dichiara, tra l’altro, che l’informazione è una riduzione del sapere così che sia possibile il suo trasferimento. Concetti vicini a quelli presentati in “Una teoria matematica della comunicazione” in cui Shannon introduce proprio il concetto di Entropia nel campo dell’informazione.
Gli spunti di riflessione che questo romanzo stimola sono moltissimi ma una delle cose su cui ci invita a riflettere è la perdita di innocenza di JR in cui le gioie della sua giovane età sono sostituite dalla sete di possesso e di potere come un qualsiasi adulto arrivista. E’ proprio questo che commuove, come diceva la signora Joubert; JR ha imparato dal mondo degli adulti solo modi per fare soldi, per “arraffare tutto”, come si può vedere da una frase da lui pronunciata e riportata anche in copertina nell’edizione di Alet:
<<Perché uno dovrebbe andare a rubare e violare la legge per arraffare tutto quello che può quando c’è sempre una scappatoia grazie alla quale puoi agire legalmente e arraffare tutto in ogni caso?>> (pag. 840)
Dodici anni dopo l’uscita di “JR”, nel celebre film “Wall Street” di Oliver Stone, Michael Douglas avrebbe pronunciato il famoso monologo sull’avidità. E’ proprio l’avidità di denaro che hanno insegnato a JR ed ognuno di noi ha la propria dose di responsabilità.
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NOTE
[1] Steven Moore, William Gaddis, New York, Twayne Publishers, 1989 (pagg.63-111) – traduzione mia
[2] Paul Ingendaay, Agent of Change. Conversation with William Gaddis, 18th-19th December 1995 – traduzione mia
[3] George Bernard Shaw, Il wagneriano perfetto, E.D.T. 1981
[4] George Stade, Literature, moderns, monsters, popsters and us, Pari Publishing, 2007
[5] Frank Hyneman Knight, The ethics of competition, Transaction Publishers, 1997 (pag. 274) – traduzione mia
[6] Patrick J. O’Donnell, His Master’s Voice: On William Gaddis’s JR , Postmodern Culture vol. 1, n.2, 1991
Le opere di Gaddis attualmente disponibili in italiano:
[7] William Gaddis, Le perizie, Mondadori, 1999
[8] William Gaddis, JR, Alet Edizioni, 2009
[9] William Gaddis, Gotico Americano, Alet Edizioni, 2010
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