Ero con Nicola, siamo partiti presto dopo pranzo, era un caldo soffocante, gli adulti murati nelle case. Era il giorno della finale, ma dovevamo farne altre ventimila, non è che un evento solo, seppure così importante, poteva saziare il nostro vagabondo spirito estivo.
Siamo andati prima al lago del Migliorini, strisciando per fossi e viottoli erbosi incuranti del caldo e, una volta là, abbiamo fatto strage di persici: pesciolini fin troppo colorati e vivaci per vivere in quella melma di lago ma comunque immangiabili.
Poi siamo tornati e sudati fradici ci siamo buttati sul divano per ammirare i nostri eroi sul catodico tubo del mio Radio Allocchio Bacchini.
Nicola teneva Borg e io Nastase, perché tenere Nastase era più comodo, lui era famoso, l'altro era un pischello venuto da chissà dove. Nicola, invece, che faceva sempre l'alternativo tifando Stenmark, il Lanerossi Vicenza e James Hunt sposò la causa del biondone, imparò pure il rovescio a due mani e prese a farmi il culo sul campo in terra rossa del Rampizzi (eh sì).
A me Wimbledon rilassa, oltre a scandire piacevolmente la vita. Intanto è in un periodo in cui siamo spesso in ferie, al mare nei weekend o in piscina ed evoca giocoforza scenari migliori della sagra della ballotta di novembre. E poi è preciso, puntuale, si presenta educato sul tuo schermo, ti irrora il salotto di un bel verde e pare che ti dice "ciao, stai ancora là? Io ci sono, puoi buttare un occhio se ti va".
Wimbledon è una garanzia, ritorna ogni anno ed è sempre carico di fascino.
Tutto questo per dire che se un anno avrò quei due-tremila euro da buttare ci vado a vedere una finale.