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Win some, lose some

Creato il 19 maggio 2015 da Danemblog @danemblog
(Uscito sul Giornale dell'Umbria del 19/05/2015)
Mentre le forze speciali americane portavano a termine un raid molto discusso in Siria contro un leader dello Stato islamico, il governo iracheno perdeva il controllo di Ramadi: due vicende non collegate avvenute nel week end passato, che però sono indicative dello stato dell'arte nella guerra al Califfato.
Si parte dalle brutte notizie, come da prassi. Dalle informazioni che iniziate a circolare domenica ─ quelle “ufficiali” e quelle di alcuni attivisti sul campo, sentiti tramite Twitter ─, sembra che lo Stato islamico abbia preso il controllo completo della città di Ramadi. Venerdì aveva issato la bandiera nera del Califfo sulla sede del governo locale e sul quartier generale della polizia. Dagli Stati Uniti (e da Baghdad) all'inizio erano arrivati commenti miti, quasi a sminuire la situazione, poi il vice presidente Joe Biden aveva parlato con il premier iracheno Hadar al Abadi e aveva ammesso la criticità della situazione, garantendo rinforzi militari. Ironia della sorte, sembra che trenta Humvee arrivati a Ramadi nelle ultime ore, siano stati abbandonati dai soldati dell'esercito iracheno, in fuga davanti agli uomini dell'IS.
Perdere Ramadi rappresenta una sconfitta molto importante per il governo iracheno e per la Coalizione internazionale guidata dagli USA. Ramadi è il capoluogo dell'Anbar, la più grande provincia irachena, che si estende praticamente da Baghdad fino al confine siriano, a ovest. Basta l'inserimento geografico, per comprenderne l'importanza strategica: è quell'area che dà continuità territoriale tra l'est siriano e l'ovest iracheno sotto il controllo del Califfato. L'Anbar è una regione a stra-maggioranza sunnita: l'insurrezione contro gli “invasori” americani, nel 2003, partì da questa zone ─ qui Abu Musab al Zarqawi, il capo degli insorti e fondatore del prodromo dell'IS al Qaeda in Iraq, è considerato un eroe nazionale. La provincia era già per larga parte nelle mani del Califfo: gli abitanti esasperati dal settarismo del governo Maliki, sciita, hanno accolto l'arrivo del Califfato come una manna dal cielo (più o meno in senso letterale) e il revanscismo locale ha armato i clan tribali locali al fianco di Baghdadi ─ Baghdadi è di Falluja, città dell'Anbar a pochi chilometri da Ramadi, luogo di una delle battaglie più sanguinose tra gli Stati Uniti e i locali ai tempi della Guerra d'Iraq.
Baghdad e gli alleati (165 bombardamenti della Coalizione solo nell'ultimo mese), è da un anno e mezzo che ceravano di tenere il capoluogo, quanto meno come simbolo della presenza del potere centrale. A questo punto, se il governo non organizza in fretta una controffensiva (in fretta significa adesso, in queste stesse ore) per riprenderselo, e permette allo Stato islamico di approfondire le proprie radici nell'area e di impostare le proprie statehood, è molto probabile che questa zona non tornerà mai più sotto il controllo i Baghdad.
***
Venerdì notte, una squadra molto corposa della Delta Force (unità d'élite americana) è salita a bordo dei Night Stalker del 160th reggimento elicotteristi (unità speciale dell'aviazione) e partendo da un imprecisato luogo dell'Iraq è arrivata ad al Amr, zona petrolifera siriana nei pressi di Deir Ezzor. Scesi a terra i commandos hanno ingaggiato uno scontro a fuoco con un gruppo di militanti dell'IS: secondo le informazioni non ufficiali dell'Osservatorio siriano per i diritti con base a Londra, sarebbero stati uccisi 32 combattenti. Tra i morti c'è il possibile obiettivo, Abu Sayyaf il tunisino, che contrariamente a quanto detto finora dai medi italiani, non è una figura di primissimo piano del Califfato: è un leader di medio livello, che si pensa potesse curare i traffici di materie prime energetiche dello Stato islamico.
Da quando, diversi mesi fa, l'IS ha preso il controllo dei campi della provincia di Deir Ezzor, il governo siriano non ha mai smesso di tenere a libro paga i tecnici degli impianti, e ha impostato con il Califfo uno scambio di contrabbando: Assad paga a Baghdadi il proprio petrolio e gas naturale, per poi rivenderlo a prezzo più basso ─ è un'attività molto ambigua, che però trova ragione nella guerra civile che ha messo in crisi di materie prime la Siria. A marzo, per cercare di bloccare il contrabbando ─ che altro non fa se non arricchire il Califfo ─, l'Unione Europea ha messo sotto sanzioni un uomo d’affari siriano, George Hawsani (proprietario della HESCO Engineering Company), con l’accusa di essere il mediatore per il governo siriano di questi traffici. Dall’altro lato di questi sporchi negoziati, ci sarebbe stato Abu Sayyaf, dunque.
Il raid della Delta non è l'inizio di una nuova strategia americana in Siria, come invece alcuni giornali italiani hanno scritto. È un'operazione come ce ne sono state altre, più o meno ufficializzate. Solo che ci si chiede come mai la Casa Bianca ─ Obama ha autorizzato personalmente la missione ─ ha scelto di agire differentemente dal solito, e cioè non ha portato un attacco mirato sull'abitazione, ma ha deciso per l'impiego di boots on the ground. Una possibile risposta l'ha data Martin Chulov del Guardian: secondo le sue fonti, insieme a Abu Sayyaf, oltre alla moglie catturata e portata in un campo di detenzione americano in Iraq (e questa è di per sé una notizia, visto che dai tempi di Abu Ghraib non se n'era più sentito parlare di certe strutture), c'era qualcuno di molto più importante. Centrale al punto da essere catturato vivo: alcuni dicono che Abu Sayyaf era un intimo del portavoce dello Stato islamico Abu Mohammed al Adnani, uomo che gli USA cercano insieme ad altri tre leader, perché lo considerano uno dei possibili sostituti del Califfo.
Nel poker d'asso dell'IS, c'è anche Abu Alaa al Afri, che il governo iracheno ha misteriosamente dichiarato ucciso in un raid aereo qualche giorno fa: al Afri è considerato il vicario del Califfo, che sempre Baghdad, ha dichiarato morto o agonizzante (per la quarta volta in un anno), ma che invece ha rilasciato un audio venerdì: nel messaggio chiedeva una conquista militare, ed è arrivata la presa di Ramadi.
Diversi esperti concordano sul fatto che la “strategia della decapitazione”, non sconfigge i gruppi jihadisti nel medio e lungo termine. Detto poi al netto delle false notizie e della propaganda: sabato, quasi contemporaneamente all'annuncio americano sul raid in Siria, la Tv di Stato siriana diffondeva la notizia di un attacco in un campo pozzi dell'est, dove era rimasto ucciso “il ministro del petrolio dello Stato islamico”. Avvenne qualcosa di analogo quando lo scorso luglio gli USA annunciarono un raid a Raqqa (quello per liberare gli ostaggi occidentali, tra loro c’era James Foley, che non andò a buon fine): poco dopo la propaganda siriana dichiarò un attacco, con esiti molto positivi, nello stesso luogo.


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