Il titolo originale del film, vincitore dell'ultima edizione del Torino Film Festival, più che al gelido inverno evocato dai titolisti italiani, rimanda alla cauzione pagata dal padre criminale della giovane e tenace protagonista, impegnando i pochi beni rimasti alla famiglia, una delle tante che vivono tra i boschi del Missouri.Nella rappresentazione per immagini di questa vicenda dalle origini letterarie non mi è risultato difficile, come rammentatomi anche da un amico, riandare con la mente alle pagine di Breece D'j Pancake ed in particolare del suo unico testo da noi conosciuto, Trilobiti, in cui è possibile rinvenire le stesse atmosfere di un'America profonda, già vista altre volte al cinema e che in questo caso rievoca la dura esistenza della protagonista di Frozen River.Similitudini di mondi che vedono ancora una volta una donna come protagonista in un mondo maschile, gretto e ancestrale, quasi primitivo, che fa inorridire per quello che puoi rilevare sottopelle, dietro le mura delle catapecchie in cui vivono dove la violenza è avvertibile e minacciosa aleggia in tutta la vicenda.Un film che sin dalla fotografia evita di riproporci lo stile usuale del cinema indipendente nel rappresentare queste realtà periferiche, cioè non siamo dalle parti di Larry Clark o Armony Korine per intenderci, ma che riesce a raccontare una storia che ha nel contesto sociale uno sfondo ideale per esprimere il dilemma interiore della protagonista, divisa tra la famiglia inerme, senza un padre, o meglio, senza un uomo che se ne occupi, e la possibilità per la stessa di un riscatto attraverso l'arruolamento nell'esercito, come garanzia di un futuro economico lontano dalla produzione di anfetamine e altri traffici loschi di quelle zone e del proprio padre ex galeotto.Un film in cui sono le donne, nonostante tutto, le figure che dominano e risolvono il mistero (disvelando le verità necessarie e lasciandone sepolte altre), che spinge la giovane protagonista a cercare il padre scomparso, ma senza negare infine un'ipotesi di riscatto anche per quelle figure maschili che sapranno trovare un nuovo ruolo all'interno di un contesto familiare ormai sempre più allo sbando e perso nel gelido inverno evocato dai titolisti.E, infine, parafrasando il più noto finale di uno dei racconti del suddetto Pancake, forse anche per l'eroina di Winter's Bone al termine del proprio viaggio di ricerca tenace e non priva di violenze, sentirà la sua paura allontanarsi in cerchi concentrici attraverso il tempo, per un milione di anni.
Magazine Cinema
Il titolo originale del film, vincitore dell'ultima edizione del Torino Film Festival, più che al gelido inverno evocato dai titolisti italiani, rimanda alla cauzione pagata dal padre criminale della giovane e tenace protagonista, impegnando i pochi beni rimasti alla famiglia, una delle tante che vivono tra i boschi del Missouri.Nella rappresentazione per immagini di questa vicenda dalle origini letterarie non mi è risultato difficile, come rammentatomi anche da un amico, riandare con la mente alle pagine di Breece D'j Pancake ed in particolare del suo unico testo da noi conosciuto, Trilobiti, in cui è possibile rinvenire le stesse atmosfere di un'America profonda, già vista altre volte al cinema e che in questo caso rievoca la dura esistenza della protagonista di Frozen River.Similitudini di mondi che vedono ancora una volta una donna come protagonista in un mondo maschile, gretto e ancestrale, quasi primitivo, che fa inorridire per quello che puoi rilevare sottopelle, dietro le mura delle catapecchie in cui vivono dove la violenza è avvertibile e minacciosa aleggia in tutta la vicenda.Un film che sin dalla fotografia evita di riproporci lo stile usuale del cinema indipendente nel rappresentare queste realtà periferiche, cioè non siamo dalle parti di Larry Clark o Armony Korine per intenderci, ma che riesce a raccontare una storia che ha nel contesto sociale uno sfondo ideale per esprimere il dilemma interiore della protagonista, divisa tra la famiglia inerme, senza un padre, o meglio, senza un uomo che se ne occupi, e la possibilità per la stessa di un riscatto attraverso l'arruolamento nell'esercito, come garanzia di un futuro economico lontano dalla produzione di anfetamine e altri traffici loschi di quelle zone e del proprio padre ex galeotto.Un film in cui sono le donne, nonostante tutto, le figure che dominano e risolvono il mistero (disvelando le verità necessarie e lasciandone sepolte altre), che spinge la giovane protagonista a cercare il padre scomparso, ma senza negare infine un'ipotesi di riscatto anche per quelle figure maschili che sapranno trovare un nuovo ruolo all'interno di un contesto familiare ormai sempre più allo sbando e perso nel gelido inverno evocato dai titolisti.E, infine, parafrasando il più noto finale di uno dei racconti del suddetto Pancake, forse anche per l'eroina di Winter's Bone al termine del proprio viaggio di ricerca tenace e non priva di violenze, sentirà la sua paura allontanarsi in cerchi concentrici attraverso il tempo, per un milione di anni.
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