La mia assidua attività di “osservatore della musica” mi ha dato come evidente vantaggio il continuo e facile aggiornamento per effetto di “materiale” che mi arriva senza cercarlo. Quello di cui parlerò oggi è frutto di un incontro casuale, in piena atmosfera concerto: quale miglior location per parlare di musica!?
Un conoscente mi saluta… mi presenta un padre il cui figlio suona in una band e in pochi minuti entro in possesso del primo EP dei Winterage, musicisti genovesi, tutti giovanissimi.
Sottolineo la parola”giovanissimi” perché è uno status in netto contrasto con ciò che questi ragazzi sono riusciti a realizzare in studio ( e da quanto sentito, anche dal vivo reggono la responsabilità). E la loro sorprendente “maturità” passa anche attraverso altri aspetti che hanno una certa importanza, e che vedo spesso presi in scarsa considerazione, perché ritenuti secondari rispetto alla musica. Parlo ad esempio di un sito, ben fatto, pronto anche per la versione in inglese, che è il primo luogo in cui si alimenta la curiosità, dopo aver sentito un brano o dopo che un nome di un musicista sconosciuto è arrivato alle nostre orecchie.
Difficilmente di questi tempi si può ottenere successo con la musica di impegno, ma avere un minimo di corretta visibilità è a mio giudizio imperativo per alimentare i propri sogni. Ovviamente tutto crollerebbe se non ci fosse dietro della valida musica.
Ventisette minuti suddivisi su 6 tracce, due della quali cantate, ci regalano il “mondo Winterage”, i cui dettagli scaturiscono dall’intervista a seguire.
Che tipo di musica propongono i Winterage?
Loro la definiscono Power Symphonic Metal”, termine per me, poco incline alle etichette, non usuale, ma che racchiude in se concetti molto chiari, che fondono perfettamente le culture e gli intendimenti dei cinque ragazzi di Genova. Le atmosfere ariose e quasi orchestrali, si fondono alle anime metalliche, più consone allo stato anagrafico medio, con l’aggiunta di ciò che è cultura antica.
La miscela è esplosiva e la qualità delle idee è davvero pregevole. La proposta di un mix tra antico, moderno etradizione, trova illustri predecessori, ma l’accostamento tra violino, cornamuse e la cultura irlandese in genere, con l’anima metal dei componenti la band, poteva essere di difficile realizzazione se non ci fossero state alla base idee chiare e buona tecnica.
I peccati veniali, figli di un “progetto primo”, sono per me secondari, seppur presenti, perché quando alla qualità si accompagnerà la corretta esperienza fatta sul campo, le soddisfazioni arriveranno.
A quel punto sarà lo spirito di gruppo che potrà contribuire a calmierare gli umori e le situazioni. Ma se il buongiorno si vede dal mattino…
Tutte le info necessarie sono reperibili al seguente link:
http://www.erikagili.it/winterage/
Pagina FB:
https://www.facebook.com/pages/Winterage/143638365668535
L’INTERVISTA
Ho ascoltato il vostro album e la cosa che sorprende è la maturità della proposta, in contrasto con la vostra giovane età. Come siete arrivati a sviluppare l’amore per una musica così difficile, da creare e proporre, destinata a restare musica di nicchia?
Altri gruppi di fama, ad esempio i Rhapsody, hanno aperto la pista a questo tipo di contaminazioni, ma l’idea per la nostra musica non è nata unicamente come imitazione, poiché tutti noi abbiamo una sorta di “doppia personalità”: da una parte siamo dei “truci metallari” cresciuti con gli Iron Maiden, gli Helloween e gli Stratovarius, ma ciascuno coltiva parallelamente la passione per musiche diverse. Questo parallelismo ha portato a un’inevitabile fusione dei nostri gusti musicali.
Che tipo di formazione artistica avete alle spalle? Come nasce l’avvicinamento al mondo musicale?
Il nostro violinista Gabriele è cresciuto nella musica classica, figlio di orchestrali e insegnanti di musica, per poi avvicinarsi al metal proprio attraverso i gruppi ibridi tra i due generi. È recentemente entrato in conservatorio, dopo anni di lezioni private. Dario ha studiato privatamente il pianoforte, sospinto dai suoi genitori, per poi avvicinarsi alla musica tradizionale: nel frattempo il metal lo rodeva dall’interno. Riccardo è un chitarrista fondamentalmente solista, influenzato fortemente da personalità quali Satriani, Malmsteen e Timmons: attinge però le sue doti ritmiche dagli insegnamenti di gruppi quali In Flames, Dream Theather, Angra. Fondamentali per lui gli anni di lezioni presso la scuola G. Conte, frequentata anche dal cugino Dario. Davide è uno strano caso di batterista cresciuto a metà tra il metal e l’indie: trovatosi improvvisamente catapultato nel Power Metal, si sta adeguando egregiamente. Dopo un paio d’anni di lezioni private, ha proseguito il suo percorso per conto suo. Matteo, il classico metallaro, fornisce la base ritmica tipica del genere, coerentemente con ciò che insegnano gli Iron Maiden. Come Davide, anche Matteo ha preso lezioni per qualche tempo, per poi proseguire come autodidatta.
Non amo molto le etichette musicali, ma a volte servono per facilitare la comprensione della proposta. Come definireste la vostra musica, in parole semplici?
Ci proponiamo al pubblico come “Power Symphonic Metal”, anche se cerchiamo di rendere la nostra musica più ampia del semplice “Metal” e più varia del semplice “Symphonic”.
L’incontro, nell’album, di strumenti particolari è stato casuale o è la precisa ricerca di un sound che era già chiaro sin dagli inizi?
La nostra musica fin dall’inizio si è configurata in questo modo: ognuno ci mette del suo. Per cui Dario, suonatore di cornamusa e whistles irlandesi, ha giustamente voluto metterci del suo. Per quel che riguarda la parte classica, abbiamo voluto inserire il violoncello, il flauto traverso e la voce del soprano proprio per rendere il suono del disco più genuino e uscire un poco dall’ottica “tastieristica” tipica dei gruppi di questo genere.
Che tipo di rapporto avete con i testi? Pensate siano indispensabili o le emozioni si possono trasferire con la sola musica?
Finora i testi non sono stati la nostra priorità (anzi, a lungo abbiamo lavorato come gruppo unicamente strumentale), ma abbiamo intenzione di lavorare anche su questo aspetto.
Ad ogni modo, il testo non ha il primato dell’espressività, come non lo ha la musica. Una canzone può avere un testo meraviglioso, che possa giustificare scelte musicali semplicistiche, o viceversa. Naturalmente, riuscire a contemperare i due aspetti dovrebbe essere l’obiettivo di tutti.
Che giudizio vi date in fase live? Riuscite ad interagire con l’audience?
Stiamo facendo un grosso lavoro sul live: effettivamente la nostra musica non è il solito hard rock che tanto si presta ad essere suonato facilmente dal vivo. Il rischio di rimanere sul palco impalati, concentrati sullo strumento, è un rischio reale. Noi ci stiamo impegnando per rendere i nostri show il più possibile coinvolgenti, sia dal punto di vista musicale, sia dal punto di vista dell’interazione col pubblico. Siamo ancora piccoli, e l’esperienza ci farà bene! Ci tengo comunque a precisare che il nostro genere è MOLTO penalizzato dal missaggio: per ottenere il suono che vogliamo, la nostra musica necessita di un mix molto accurato che spesso non è fornito dai piccoli locali del genovese.
Come avvengono le vostre creazioni? C’è chi solitamente porta l’idea principale sui cui “ricamare” o i brani nascono in piena collaborazione, sin dalla genesi?
Il nucleo della band, Riccardo, Dario e Gabriele, si occupa della composizione, per così dire, a pari merito. L’idea parte da uno dei tre, e solitamente tutti ci lavorano e forniscono il proprio apporto. Davide collabora naturalmente sotto l’aspetto ritmico, e Matteo cura le linee di basso, senza mancare di proporre alcune sue idee anche sulla composizione dei brani.
Che tipo di rapporto avete conla sperimentazione e, più in generale, con l’utilizzo delle nuove tecnologie?
Non possiamo dire di accogliere la tecnologia a braccia aperte, poiché anche sotto il punto di vista tematico la nostra musica è legata al fantasy, al medioevo e alla mitologia, ma riusciamo a coniugare i due aspetti: in “The King of Fairies” si può ascoltare il suono della cornamusa, fabbricata a mano da artigiani irlandesi, mentre in “Power in My Veins” si può ascoltare un assolo di sintetizzatore dal suono tutt’altro che antico. Mettiamola così: finché la tecnologia riesce a non rovinare l’atmosfera fantasy/medievale della nostra musica, noi la utilizziamo.
Siete consci delle difficoltà che troverete nel proporre musica di qualità, anziché musica easy?
Le stiamo già incontrando! Sulla scena musicale genovese ci è già stato dimostrato quanto poco spazio ci sia per la nostra idea: nell’ambito metal, i locali più grandi si aprono unicamente alle cover-band, mentre la maggior parte dei locali chiude le porte a prescindere, quando sente parlare di “metal”. Fondamentalmente siamo metallari, e in più siamo metallari strambi: non è una grande base per sfondare nel mondo musicale. Se da un lato la componente melodica della nostra musica e la presenza del violino nella formazione possono incuriosire un pubblico anche estraneo all’ambito metal, dall’altro ci alienano buona parte del pubblico di “addetti ai lavori” della musica metal. Quello che ci lascia ben sperare è il successo ottenuto nel mondo da gruppi di questo genere, che sono riusciti a trovare un pubblico e a ritagliare una notevole nicchia di ascolti al “metal neoclassico”. Ad ogni modo il successo non è il nostro obiettivo primario, altrimenti suoneremmo, per l’appunto, musica easy.
Provate a sognare la vostra evoluzione musicale da qui al 2015.
Dopo la pubblicazione del loro primo EP, i Winterage lavorarono con dedizione per portare la propria musica a un livello compositivo e tecnico superiore. Grazie a qualche concerto un po’ più grande, insieme a gruppi del genere già affermati in Italia, riuscirono a ottenere qualche data fuori da Genova, e ad attirare l’attenzione del pubblico, diffondendo il proprio disco tra gli appassionati di Power Metal. Nel 2013 i Winterage iniziarono il lavoro su una nuova autoproduzione in LP, che ottenne l’attenzione di una piccola casa discografica indipendente: l’etichetta si offrì di produrre il disco in 1500 copie, e il gruppo iniziò nel 2014 un piccolo tour per promuovere il disco in giro per l’Italia. Grazie alla visibilità acquisita in seguito a questo tour, nel 2015 i Winterage iniziarono a ottenere le prime date estere in collaborazione con altri gruppi italiani e non. E vissero tutti felici e contenti? Ci sembra abbastanza verosimile (o, almeno, speriamo che lo sia) ma staremo a vedere...