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Trama: Hana è una semplice studentessa che, un giorno, si innamora, ricambiata, di un misterioso ragazzo. Dalla loro unione nascono Yuki e Ame, due bimbi che, come il padre, sono sia umani che lupi. Rimasta sola dopo la morte dell'amato, Hana si trova nella difficile condizione di dover crescere due figli di cui non comprende appieno la natura...
Guardando Wolf Children mi è venuto in mente il mio viaggio in Giappone. Soprattutto, mi è venuta in mente un’inquietante pubblicità che passava nella Metro: in essa, si vedeva una ragazza che, d’un tratto, decideva di non scendere alla fermata stabilita ma di seguire un uomo sconosciuto e, praticamente, fare quello che faceva lui (che poi, molto banalmente, era andare a bersi una birra in un Izakaya). La pubblicità si concludeva con l’invito ad espandere i propri orizzonti e ad usare la Metro per dare un po’ di brio alla propria vita e io, guardandola, mi sono sentita vincere da una tristezza tale che mi sarei buttata sotto il primo treno. Purtroppo, da quel poco che mi è parso di capire, la vita del giapponese medio, del salaryman se vogliamo, è proprio questa: una vita fatta di routine, governata da regole ferree, dove i rapporti umani sono scarsi, praticamente inesistenti, e persino pranzare o cenare diventano più delle fastidiose azioni di sostentamento da portare a termine il più rapidamente possibile piuttosto che un’occasione di convivio. E voi ora direte, ma cosa c’entra tutto questo con la storia di due bambini lupo? C’entra perché, come nella migliore tradizione Miyazakiana, in Wolf Children si toccano argomenti come la solitudine, la libertà, il contrasto tra una città opprimente e una campagna che offre la possibilità di vivere in una dimensione più umana, tra le regole imposte e l’opportunità di sovvertirle trovando così il proprio cammino e, soprattutto, riscoprendo un’innocenza e una semplicità perdute nella grande metropoli.
Wolf Children è sì una favola, ma in essa si può tranquillamente leggere una pungente critica verso la società moderna, dove il debole viene condannato all’emarginazione e alla solitudine e solo chi riesce ad adattarsi, affrontare le proprie paure e cambiare può sperare di trovare il proprio posto nel mondo. Il destino di Hana e dei suoi due figli, Yuki e Ame, si compie quindi in maniera graduale ed asseconda naturalmente la personalità dei tre protagonisti, che vengono fatti maturare e diventare consapevoli dei loro desideri, delle loro priorità e, soprattutto, della loro vera natura, così come accade nella vita reale, in maniera per nulla scontata (emblematica, in questo, la seconda parte della pellicola) e, soprattutto, senza che nessuna delle loro scelte venga giudicata come buona o cattiva. La loro evoluzione ci viene mostrata semplicemente, mettendo i personaggi di fronte ai problemi della vita di tutti i giorni, come le malattie dei piccoli, la necessità di guadagnarsi da vivere, il bisogno di avere un’istruzione e di farsi degli amici o, magari, trovare l’amore; questi eventi comuni o i piccoli gesti di vita quotidiana vengono complicati dalla natura lupesca dei bambini ed è divertente e commovente vedere la forte e dolce Hana impegnarsi per capire i suoi strani figli così da poterli crescere al meglio ed aiutarli ad integrarsi in una società che, da sempre, considera il lupo come un crudele predatore da cacciare o lo dipinge come il "cattivo" della storia. I protagonisti, come avrete capito, sono tratteggiati in maniera così perfetta da sembrare vivi e reali e sono circondati da figure altrettanto tridimensionali, persone che chiunque di noi potrebbe incontrare nella vita di tutti i giorni e che, in qualche modo, influenzano il nostro modo di essere e di porci nei confronti del prossimo.
Alla storia apparentemente "banale" ma molto complessa e profonda di Wolf Children si accompagnano un character design di una delicatezza incredibile (e incredibilmente acuto per quel che riguarda l'antropomorfismo o meno dei lupi) e un'animazione semplice ma comunque d'impatto, fatta di lunghe, silenziose sequenze "casalinghe" e molto intime che si mescolano a frenetici momenti dove sono la vivacità dei bambini e la forza della Natura a farla da padrone, soprattutto per quel che riguarda prati fioriti (Hana), pioggia (Ame) e neve (Yuki). Il tutto è impreziosito da una colonna sonora che accompagna alla perfezione ogni momento e si conclude nei titoli di coda con la struggente Okaasan no uta (La canzone della madre), il modo ideale per trattenere nell'animo e lasciar riverberare a lungo tutta la potenza del commovente finale. Insomma, non esagero nel definire Wolf Children un capolavoro che poco ha da invidiare alle migliori pellicole dello Studio Ghibli e che potrebbe tranquillamente diventare una delle punte di diamante in un'eventuale collezione dedicata all'animazione nipponica; se, come me, non avete avuto occasione di vederlo al cinema, recuperatelo in ogni modo possibile e preparatevi ad emozionarvi, meravigliarvi e piangere a dirotto con ogni fotogramma di questo splendido anime.
Mamoru Hosoda è il regista e co-sceneggiatore della pellicola. Giapponese, ha diretto film come Digimon - Il film, One piece - L'isola segreta del barone Omatsuri, La ragazza che saltava nel tempo e Summer Wars oltre a episodi delle serie Digimon. Ha 46 anni.
Se Wolf Children vi è piaciuto, non perdete capolavori come Arrietty - Il mondo segreto sotto il pavimento, Princess Mononoke e Ponyo sulla scogliera. ENJOY!
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