Questo libro è gradevole e un’alternativa spassosa ad altri libri di racconti, soprattutto se amate l’humour sprezzante e avete qualche nozione base della vita newyorkese. Qualcosa che gli amanti di Allen dovrebbero leggere, nel bene e nel male.
Perché secondo me il Woody regista è decisamente più godibile: le immagini che dipinge sulla pellicola non sono altrettanto nette sulla carta di questa raccolta, c’è poco da fare.
Il libro è costituito da diciotto racconti disposti senza alcun ordine rilevabile e dalle tematiche più varie. Non so se la loro posizione fosse voluta, ma in effetti il titolo Pura anarchia gli si cuce addosso alla perfezione.
Non mancano i suoi personaggi lunatici portati al limite dell’esaurimento nervoso e la sua comicità cinica fatta di battute spinose, ma secondo me il confronto non regge affatto.
Si legge di diete, autostima afflitta, istruzione, vacanze, Ebay, tecnologie e materiali pseudo-innovativi, di mode in voga nell’alta borghesia di Manhattan, e soprattutto di eventi completamente senza senso. Tra quelli che ho trovato più divertenti ci sono il racconto sulla tata che scrive dei segreti della famiglia per cui ha lavorato e quello dello scrittore che vende preghiere online. Entrambi descritti in modo sottile e con un tocco vagamente snob.
C’è da dire che metà di questi scritti era già comparsa sul New Yorker e che, come ho già detto qualche riga più su, la scrittura e traboccante di citazioni di vita americana ed ebraica – lode all’edizione Bompiani che fa abbondare le pagine di note utilissime.
Non troverete né un crescendo né un vero e proprio culmine, ma rintraccerete in tutto il testo la sua voce che vi accompagna nelle pagine come per raccontarvi barzellette davanti un calice di vino.
Lo ripeto, è piacevole, ma per quanto ami il suo genio mi aspettavo decisamente di più.
Woody Allen, Pura anarchia - Bompiani, 2007, pp. 171.