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I film che spesso vengono presentati al Sundance hanno quello stile particolare che te li fa riconoscere al primo sguardo. Quella frizzantezza vivida presente nei colori, nella fotografia, nella scrittura e infine anche nel montaggio che ha con il tempo finito per essere un genere a sé, quasi.
Prendete Little Miss Sunshine e Juno, per esempio: temi non nuovi ma trattati con un punto di vista originale e soprattutto con una freschezza di sceneggiatura che li rende moderni e giovani e allo stesso tempo intramontabili.
Questo nuovo genere ha quindi delle sue regole, e se si osa da una parte, non sempre il risultato riesce con il rischio di rendere la pellicola tutt'altro che indimenticabile.
E' questo il caso di Wristcutters, piccolo film datato 2006, presentato ovviamente al Sundance, che pur nella sua originalità pecca di alcuni difetti che non lo hanno fatto esplodere e che soprattutto fanno emergere una mancanza di spontaneità in queste scelte.
La storia è quella molto atipica e molto discutibile di un mondo parallelo dove finiscono i suicidi. Tra questi Zia, giovane depresso, lasciato dalla fidanzata che arrivato in questo desolato mondo viene assunto alla Pizzeria Kamikaze e fa amicizia con lo strano Eugene, la cui intera famiglia, suicidatasi, vive con lui.
Appena Zia avrà notizia che la sua ex Desiree ha commesso lo stesso gesto, partirà assieme all'amico in un lunghissimo viaggio per le strade deserte alla sua ricerca, facendo amicizia con l'autostoppista Mikal, la quale cerca invece di poter parlare con "chi sta ai piani alti" per rimediare all'errore che l'ha portata lì.
Va da sé che l'amore tra Zia e Mikal pian piano sboccerà, mettendo in crisi le scelte e gli obiettivi di entrambi, portandoli a un quasi scontato happy end che non aiuta certo il tema delicato ad uscire dal pericolo buonismo.
Quando si parla di suicidi, parlarne in toni leggeri va infatti bene, ma quando si mostra addirittura un mondo parallelo a loro dedicato, dove possono vivere nuovamente senza problemi anche se senza il permesso di sorridere, bisogna andarci con i piedi di piombo.
Goran Dukić azzarda solo un poco nel suo adattamento della graphic novel di Etgar Keret, e sbaglia forse nel non approfondire molti spunti originali che restano così abbozzati. Ed è un peccato perchè la possibilità di fare miracoli, lo stesso divieto di sorridere che non sembra così sentito, i misteriosi uomini dei piani alti, meriterebbero un maggior approfondimento, che avrebbe così permesso al film di essere più compatto.
Alcune scelte, fortunatamente, salvano il tutto rendendolo sufficiente e godibile, come la visione in piccoli flashback della modalità di morte di ognuno appena si presenta, o la colonna sonora ovviamente molto indie che mescola canzoni dei Gogol Bordello (il cui cantante è servito come ispirazione per il personaggio di Eugene) e di Tom Waits (presente in carne ed ossa nell'enigmatico ruolo di Kneller) ai Joy Division.
Anche gli attori se la cavano, e se è un piacere ritrovare la bella Shannyn Sossamon dopo Le regole dell'attrazione, Patrick Fugit sembra una brutta copia di Ewan McGregor mentre Shea Whigham (Eli di Boardwalk Empire) fin troppo macchiettistico.
Facendo le somme, quindi, Wristcutters è e resterà ai margini di un genere che ha saputo regalare vere chicche, ma non per questo va' dimenticato o accantonato, perchè la sua punta di originalità, per quanto difettosa, ce lo fa apprezzare.
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