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writing tuesday- innocente.

Da Leucosia

writing tuesday- innocente.

.§il sogno spezzato§.

dormivi quieta, nella tua culletta. innocente come solo gli angeli possono esserlo. nel nitido candore della tua infanzia, spruzzata da nuvole di borotalco e cullata da soavi carezze. dormivi quieta, immersa in sogni  blu cobalto, unita in un tenero abbraccio con il tuo orsacchiotto preferito. E quei sogni color del cielo erano una primitiva difesa all’orrore quotidiano che poi ti sarebbe toccato vivere; perchè mentre sognavi di fate e di gnomi, mamma tua era in cucina, indaffarata come ogni sera, a impacchettare dosi perfette, candide come la neve. quelle piccole scorciatoie artificiali verso il paradiso raggrumato in pochi minuti da sballo, grammi che avrebbero segnato nel male il resto della tua vita. bussarono quella sera, e con impazienza alla porta di casa. Mena aprì loro, senza stupirsi per l’urgenza eccessiva. perchè conosceva il vizio insoddisfatto dei suoi clienti. ma quella sera non erano i soliti tipi che le chiedevano a volte anche con arroganza mista a disprezzo,  il prezzo di una o due piste di zucchero finissimo. avevano la faccia cattiva, segnata dagli abusi, gli occhi pesti e iniettati di sangue. non erano lì per comprare ma per rubare. Mena si oppose. ma una donna sola non poteva aver la meglio su di un gruppo di lupi pronti a tutto. si insinuarono nelle stanze, sfondarono mobili e strapparono la tappezzeria, poi si accorsero della culletta. un ghigno malefico comparve sul volto del capobranco. in un attimo la piccola di Mena era a mezz’aria, sconvolta dai singhiozzi e sballottata come un pallone da calcio. “Allora! ce li dai o non ce li dai?” la lama di un coltello balenò improvvisamente tra le sue mani. “Vi darò tutto quello che ho! tutto! ma lasciatela stare  la mia bambina! vi supplico!” li condusse in cucina, dove dosava il suo tesoro.  ”bene! così ragioniamo!” fecero piazza pulita di tutto, sotto lo sguardo impietrito di Mena, ma ancora non avevano dato la figlia alla madre. “e di questa qua che ne facciamo?” il più magro del gruppo chiedeva con insistenza che fine doveva far fare alla piccola creatura ormai in preda a una crisi isterica. ”fanne quello che vuoi!” fu la risposta. il tizio pelle e ossa si avvicinò a Mena con la bimba tra le braccia ma, con un sorriso beffardo nell’attimo in cui lei tendeva le braccia per accoglierla finalmente, lanciò la neonata contro la parete. 

poi a riempire lo spazio di un sospiro furono urla agghiaccianti, e vociare di persone, e sirene d’ambulanza. e poi una teoria di agenti, infermieri, medici. tutti al tuo capezzale, a soccorrerti, a sostenerti nella tragica lotta che il tuo corpicino stava affrontando. tutta sola in una stanza d’ospedale, senza il conforto della tua mamma, che subito dopo l’incidente venne condotta in carcere, trattata come una complice disumana, e non come una vittima della bestialità altrui.    

questo post partecipa al writing tuesday dell’Interno 105.



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