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X-Autori #1: parla Chris Claremont

Creato il 20 settembre 2013 da Lospaziobianco.it @lospaziobianco
Speciale: X-Men: 50 anni mutanti
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  • X-Men Seconda Genesi: I tanti padri della rinascita degli X-Men
  • X-Autori #1: parla Chris Claremont

X Autori #1: parla Chris Claremont X Men Marvel Comics In Evidenza Chris Claremont

X Autori #1: parla Chris Claremont X Men Marvel Comics In Evidenza Chris Claremont

Chris Claremont è un autore di fumetti di origine britannica, cresciuto in USA. Il suo nome è indissolubilmente legato agli X-Men, essendone stato lo scrittore unico per ben quindici anni, dal 1975 al 1991. Nella sua carriera ha scritto anche romanzi fantasy e sceneggiato storie per la DC Comics (Sovereign Seven) e per altri personaggi Marvel come Iron Fist e i Fantastici Quattro.

X Autori #1: parla Chris Claremont X Men Marvel Comics In Evidenza Chris Claremont

Ciao Chris, grazie per averci concesso un po’ del tuo tempo. Con difficoltà abbiamo deciso di non dirti quanto il tuo lavoro abbia influenzato la nostra maniera di leggere e amare I fumetti… quindi non ti diremo che l’hai fatto in modo enorme…
Lee e Kirby, creatori degli X-Men, erano ebrei. Anche tu lo sei. Hai vissuto per un po’ in Netiv Halamed Heh (Israele). Hai vissuto la violenza di una guerra religiosa. Pensi che l’esilio, l’antisemitismo e la violenza abbiano in qualche modo aiutato te e i due creatori degli  X-Men a immaginare come un gruppo di persone geneticamente diverso possa essere trattato dall’“homo sapiens”?
La risposta più facile è, ovviamente, sì, nonostante sia obbligato a sottolineare che posso parlare solo per me stesso. Non voglio rispondere per Stan o Jack, o qualsiasi altro scrittore associato con il Canone X.
Circa la domanda, non mi sembra appropriato “limitare” la presentazione del pregiudizio contro mutanti dotati di super poteri a un preciso gruppo dell’umanità.
É qualcosa di applicabile anche al trattamento riservato ai neri negli Stati Uniti, l’ho visto quando vivevo nel sud, o al pregiudizio contro le religioni non “istituzionali” – cioè a come i mormoni venivano visti non troppo tempo fa –  ai gay, ai musulmani, ai giapponesi e ai cinesi – in effetti, le generazioni più anziane vedevano sempre i nuovi arrivati con sospetto. Il che, tristemente, è un atteggiamento tanto vecchio quanto la stessa repubblica.
La mia responsabilità di scrittore era di creare personaggi,negli X-Men, al di là di ogni pregiudizio o ragione che poteva esistere nel/i lettore/i e renderlo capace, o convincerlo, a guardare questa gente semplicemente come delle persone. Individui. Potenziali amici piuttosto che stranieri. E forse facendo così alcune di quelle stesse tendenze potrebbero essere state anche trasposte nella cosiddetta vita “vera”. Non lo puoi sapere, ma ci devi sempre sperare, e provarci.

Gli X-Men oggi contengono una componente politica o piuttosto una componente ideologica?
La differenza, secondo il nostro parere, tra mutanti di “ieri” e quelli odierni risiede nella componente politica che si è sostituita a quella ideologica.

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I tuoi X-Men lottavano per delle idee (il monologo finale di Xavier in X-Men#3 ne è l’esplicitazione), questi di oggi per delle questioni politiche. Cosa ne pensi?
Penso, riguardo al monologo al quale ti riferisci, che stessi guardando a quel momento come all’ultima espressione della mia visione sia di Charley sia degli X-Men. Qualsiasi cosa sarebbe venuta dopo, volevo che I lettori sapessero dove stavano i “miei” ragazzi e le mie storie. Prima di quello, credo, le storie erano strutturate con l’augurio che fossero buone, grandiose, non erano mai pensate come polemiche.
Il punto essenziale era il personaggio, definito dagli individui stessi. Le osservazioni e le conclusioni dei lettori derivavano da quelle basi.
Se gli X-Men fossero diventati polemici, non sarebbero durati così a lungo né avrebbero avuto un tale impatto.

In un certo modo tu hai creato, con il liet-motiv “distruzione e rinascita” tipico di molti tuoi cicli di storie, un loop infinito che continua a persistere da molti anni, ripreso anche da altri autori dopo di te. I personaggi non avrebbero forse dovuto imparare a gestire meglio le loro vite e “crescere” in modo continuativo invece di ciclicamente ricominciare da capo, in un certo qual modo, la loro evoluzione?
Non ne ho idea: la struttura di “distruzione e rinascita” cui ti riferisci ci era imposta dall’alto, a cominciare dalla resurrezione di Jean Grey. L’intero nodo della questione riguardo la sua morte, oltre che creare un finale d’impatto per la saga di Fenice, è stato che noi l’abbiamo trattata come una morte reale.
Rendemmo chiaro ai lettori e ai personaggi che c’erano dei rischi, delle conseguenze e dei costi dovuti al ruolo interpretato.
Se eravamo capaci di uccidere Jean, e far accettare che finisse così, allora nessuno di loro era al sicuro, nel classico senso editoriale. Il fatto che Scott abbia elaborato il lutto per la perdita di Jean, abbia conosciuta e sposata Madelyn, abbia avuto un figlio e che, infine, abbia dovuto scegliere fra diventare un marito e un padre nel pieno senso della parola o subordinare la famiglia alla sua vita, al suo “lavoro”, come capo degli X-Men, doveva mostrare che questi personaggi maturano e crescono così come I lettori. Lui era arrivato al punto in cui aveva deciso di andare avanti.
Per lo stesso motivo, la sua assenza ci diede l’opportunità di mostrare nuovi personaggi e di stabilire legami potenziali fra questi e un’intera nuova generazione di lettori.
Così come l’audience, evolveva il cast, con rinnovata energia tutt’attorno.
E alla base di tutto ciò c’era il fatto che noi (i creatori) dovevamo sempre cercare i mezzi e il momento per cogliere tutti di sorpresa, per far loro pensare: “Cavolo, non avevamo pensato potesse andare così!”. Sperando che quello fosse il momento giusto. Ovviamente, la Marvel come società aveva altre idee e poiché gli X-Men sono una loro proprietà, hanno loro l’ultima parola.

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La tua prima run sugli X-Men è durata dal 1976 al 1991. Qual’è stato il tuo segreto per riuscire a narrare le vicende mutanti per 15 anni di seguito senza stancarti e, allo stesso tempo, cosa hai provato a lasciare la guida della testata alla fine del 1991?
La ragione è semplice: avevo grandi personaggi, stavo lavorando con artisti eccellenti (e per lo più, editori eccellenti), mi piaceva pensare che stavo sfornando qualche buona/ottima idea per le storie. In quelle circostanze, chi si sarebbe annoiato?

La storia che si sviluppa in X-Men#1-2-3 è stata definita il tuo “testamento spirituale”. Era una storia che avevi già comunque pianificato di scrivere oppure l’hai pensata , in un certo senso, nel momento in cui hai deciso di lasciare gli X-Men?
Non “in un certo senso”: è la sola ragione del perché la storia esiste.

Le tue storie mutanti sono caratterizzate da personaggi femminili forti e profondi con i quali ti sei sempre trovato a tuo agio. In un certo qual senso Bendis ti assomiglia in ciò, almeno in questo inizio della sua run mutante: penso a Jean Grey e Kitty Pride in All New X-Men e a Emma Frost sulla nuova Uncanny X-Men. Condividi questa riflessione? E da dove derivava questa tua naturalezza nella gestione delle X-Woman?
Per quanto riguarda Brian, devi chiederlo a lui. Per I personaggi femminili: li ho gestiti in modo simile a come ho gestito quelli maschili, cioé come individui distinti.

Con X-Men Forever hai mostrato che avevi ancora qualche idea per portare avanti gli X-Men. Cosa hai salvato delle tue idee del 1991 e cos’hai aggiunto nel 2009?
Ho salvato le cose buone e ne ho aggiunte di ottime.  (Gli scrittori non parlano mai dei loro piani, potrebbero averne ancora bisogno.)

Pensando all’uso che hai fatto di Nick Fury nei primi numeri di X-Men Forever , c’è mai stato un personaggio lontano dal mondo dei mutanti che avresti voluto inserire nel cast tra i protagonisti delle tue storie?
Interi gruppi di personaggi, probabilmente, ma è più un qualcosa che evolve nel momento in cui la storia o la serie progrediscono.

Magneto e Sinistro sono due villain che nelle tue mani si sono evoluti, diventando personaggi complessi e profondi. Sei soddisfatto della caratterizzazione che oggi è propria di Magneto? E Sinistro è diventato il personaggio che avevi immaginato?
Se ti stai riferendo a come sono stati presentati entrambi i personaggi nelle storie che sono seguite al momento in cui ho lasciato la serie (1991), davvero non saprei. E non credo di averli mai usati di nuovo durante la mia successiva run mutante.

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Che cosa manca a tuo avviso negli X-Men di oggi e cosa invece c’è che tu non avresti potuto immaginare?
Davvero non saprei, non ho tanta familiarità con le nuove storie per avere un’opinione.

Se potessi cancellare un solo evento, creato da te o da altri autori, da tutta la continuty mutante quale sarebbe?
Semplice: tornerei indietro nel tempo, cancellerei la mia partenza nel 1991 e continuerei da dove ho lasciato.

Quale, tra tutti i personaggi che popolano il mondo mutante secondo te è stato ingiustamente dimenticato troppo presto?
Mi spiace, non ne ho idea.

Hai lavorato con tantissimi disegnatori, da John Byrne a Jim Lee solo per citarne due: chi pensi abbia saputo rappresentare meglio gli X-Men tra i diversi artisti che si sono avvicendati negli anni?
I primi che mi vengono in mente, in ordine casuale, sono Jack Kirby, Neal Adams e Dave Cockrum. Sono loro, e specialmente Neal, che hanno richiamato la mia attenzione sull’idea di base e sui personaggi. E di certo senza Dave gli X-Men così come li abbiamo conosciuti negli ultimi 40 anni semplicemente non sarebbero  esistiti.

 Intervista effettuata via e-mail il 5 aprile 2013

Traduzione di Nicole Brena
English version: X-Authors # 1: Chris Claremont speaks

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