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<<Secondo alcune leggende, la donna fu decapitata con la sua stessa falce da un comune essere umano di cui si era invaghita>> spiegò voltando pagina e mostrando loro l’immagine raccapricciante di un corpo mutilato. <<Le aveva letteralmente fatto perdere la testa!>> ironizzò il Novizio, che tuttavia fu ripreso ancora una volta. <<Le azioni sconsiderate dell’amante però non portarono ai risultati sperati, poiché la donna continuò a vivere nonostante la testa fosse stata brutalmente separata dal tronco. In un ultimo gesto disperato, l’assassino bruciò la parte inferiore di Nephes, trafugandone tuttavia il cranio del quale non si ebbe più notizia>> e di nuovo mosse le pagine mostrando le successive immagini non meno dure delle precedenti. <<Questa leggenda ha troppe incongruenze>> disse il Novizio ignorando lo sguardo accigliato di Alamar. <<Come ha potuto decomporsi a tal punto, se davvero era immortale?>>obiettò e lo studioso mostrò loro un taccuino pieno di appunti, forse frutto di congetture personali appuntate nel corso degli anni. <<Credo sia stata sottoposta a diversi incantesimi volti a spezzare la sua immortalità>> rispose l’uomo scrutando gli appunti. <<Ma non ci sono riusciti!>> intervenne all’improvviso Elesya, scura in volto. <<In questo artefatto c’è ancora vita, lo percepisco chiaramente!>> aggiunse. Reilhan si avvicinò allo scrigno e sfiorandolo, confermò la teoria della giovane maga. Lo studioso allora sollevò il teschio e infine lo ruotò, mostrando ai ragazzi un sigillo. Xera si sfiorò la spalla rabbrividendo. <<Non sono pratico di stregoneria e fatture, posso affermare tuttavia che questa runa simboleggi il silenzio>>. I ragazzi restarono senza parole. <<Se le fosse stato impresso solo per farla tacere, come si spiega la decomposizione?>>domandò Xera tenendo stretta la spalla con la mano, ma l’uomo non rispose e all’improvviso cominciò a mormorare la stessa frase come fosse una cantilena: ”Non me lo ricordo!”. <<Come sarebbe a dire?>> protestò Xera, benché l’uomo non sembrò far caso alla sua rabbia. <<Non lo ricordo!>> continuò invece a ripetere, fissando il soffitto con lo sguardo confuso. Reilhan gli si avvicinò per aiutarlo. <<Che cosa sta succedendo?>> chiese preoccupata la giovane maga, ma il curatore scosse il capo, confuso. <<Era lucido fino a un attimo fa! Non riesco a capire che cosa possa essere successo!>> affermò. Dopo alcuni minuti Alamar iniziò a fissarli torvo, <<Che vi prende? Ho forse qualcosa sul volto?>> domandò stranito. <<Siete tornato alla ragione, finalmente!>> rispose Xera ma l’uomo si sollevò dallo sgabello sul quale era stato fatto accomodare, decisamente infastidito. <<Che cosa intendi? Io sono sempre stato lucido. Voi piuttosto. Non appena ho iniziato a esporvi le mie teorie, siete usciti dalla mia bottega sbattendomi la porta in faccia!>>. Le giovani leve si guardarono perplesse, <<Non è così!>> si giustificò Elesya e allo stesso modo il curatore che tuttavia riflettendo su quanto era appena accaduto, trasse le sue conclusioni. <<Siete stato maledetto!>> asserì, <<Non ci sono altre spiegazioni! Qualcuno ha voluto farvi stare zitto con la magia, non potendo prendersi la vostra vita … Proprio com’è accaduto a Nephes …>> suppose Reilhan. In un primo momento l’uomo sembrò non credere alle teorie del ragazzo, poi però si massaggiò il collo che non aveva smesso di pulsare sin da quando i ragazzi si erano presentati alla bottega. Con un rapido movimento abbassò il colletto della vecchia camicia da lavoro e per mezzo di uno specchio, giunse con lo sguardo la dove risiedeva la risposta a tutte le sue domande. Una runa scura, simile a quella impressa sul teschio, imbrattava la sua pelle e ne ardeva le carni. <<Quando …? Non riesco a ricordare!>> farneticò prima di accasciarsi sullo sgabello con ancora in mano lo specchio. Anche Reilhan esaminò il sigillo e seppur non fosse ancora pratico, ricordò che il suo anziano padre aveva spesso avuto a che fare con quel tipo di maledizioni. <<Sarà meglio non sforzare la memoria, fin quando questa runa bloccherà i vostri ricordi. Sento tuttavia il bisogno di consigliarvi un viaggio presso il monastero a sud di Sihlya, vi troverete curatori ben più esperti del sottoscritto>>. Reilhan aiutò l’uomo a ricomporsi e separato l’artefatto dal suo baule, lo ripose nella bisaccia di Elesya affinché desse meno nell’occhio. Le giovani leve decisero infine di congedarsi non prima però di aver chiesto all’uomo il libro con le macabre effigi e il suo taccuino personale, con la speranza di riuscire a svelare il mistero che avvolgeva il teschio. Alamar accettò a una condizione <<Questo non è un regalo, bensì un prestito. Non sono solito separarmi dai miei libri, preziosi come figli per me!>>spiegò, ricordando ai ragazzi parole già udite in passato. <<Nel momento in cui non saranno più di alcun aiuto per voi, dovrete restituirmeli!>>. Nessuno obiettò e per sancire la promessa - a turno - strinsero la mano dell’uomo. Poco prima di varcare l’uscio Xera porse allo speziale un’ultima domanda <<Non posso fare a meno di chiedermi: perché le rose?>>. Alamar ostentò un sorriso malinconico <<La mia defunta moglie adorava quei fiori. Discendeva da un’antica casata nel cui stemma vi erano quattro rose bianche circondate dalle spire di un serpente, le cui fortune tuttavia furono sperperate da un padre maggiormente interessato al vino, piuttosto che alla sua famiglia>>.Lo speziale alzò lo sguardo al cielo e aggiunse <<Mia moglie era solita narrare una leggenda secondo cui un maestoso serpente reale s’invaghì di una rosa bianca. Lei sosteneva che il serpente reale avesse viaggiato a lungo alla ricerca d’acqua, ma invano e così allo stremo delle forze, decise di lasciarsi morire in un vecchio giardino, all’ombra di una rosa bianca. Questa però impietosita dalla sorte toccata al serpente, iniziò a raccogliere la rugiada del mattino con le sue stesse foglie, permettendo infine al rettile di sopravvivere alla siccità. Per giorni il serpente tornò ad abbeverarsi dalla rosa e pian piano se ne innamorò. Quando infine la siccità giunse al termine, il serpente decise di restare accanto alla sua amata e così, ansioso di comunicarglielo, tornò nei pressi del giardino nel quale essa risiedeva. Della rosa tuttavia non era rimasto altro che uno stelo avvizzito e il serpente, compreso il vero sacrificio della sua amata, avvolse i resti del fiore con il suo stesso corpo, cadendo infine in un sonno profondo. I mesi si alternarono, la terra tornò a essere fertile e presto il serpente si destò dal lungo sonno. Quando riaprì gli occhi, notò che molto era cambiato, comprese le spoglie che aveva protetto con le sue spire. Al posto dello stelo avvizzito, infatti, erano nate quattro piccole rose candide, i cui steli si erano fusi al corpo del serpente. Questi comprese di non essere più solo e per il resto dei suoi giorni difese le quattro rose dalle quali non si separò mai più>>. Xera sfiorò il fiocco rosso tra i suoi capelli. Non poté fare a meno di ripensare ad Annabell, chiedendosi che cosa le fosse accaduto in seguito alla sua partenza. <<Era il racconto preferito di Goreha, l’unica eredità – insieme alle rose – che le aveva lasciato sua madre>>aggiunse l’uomo. Il gruppo abbandonò la bottega in silenzio e ancora esausti per il brusco risveglio, decisero di far ritorno alla locanda di Aldaria, lì dove ad attenderli vi trovarono una vecchia conoscenza.
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