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XI) i figli dei marinai

Da Foscasensi @foscasensi

(continua il dialogo di Florio)

“È così, esistono persone segnate da un dono e una malafede – non possono dimenticare. E tu ne avrai servite al tuo banco: hanno girato un caffè con una mano di troppo sugli zigomi o si sono fermate, non avevano nulla da dirti, e non ti sarai curata della loro presenza come non ti avrà interessata l'altra inconsistenza in cui trovavano a tratti riposo o inquietudine, in cui era sciolto il resto delle cose, le cose che non avrebbero conosciuto nemmeno se qualcuno le avesse portate per loro al livello della ragione, se, mettiamo, io fossi stato là e fossi riuscito, e le avessi dette loro tutte, o quasi, con le parole degli uomini: le cose di pancia, le cose che sai bene non avrebbero mai germogliato nel terriccio del caffè.

Ma io Fosca parlo a vanvera. Non potrò mai avvicinarmi alla varietà di sentimento dei nostri simili e i dissimili. Cosa agita il cuore di un cane o di una volpe. Cosa infiamma i galli quando si beccano a morte, cosa la circospezione dei coleotteri, il volteggiare delle api. O la portata del sacrificio di cui si sente oggetto il tordo o il rospo se per caso li stringi il pugno. Tremano, ma è un palpito mortale, come sono convinto tremino anche gli alberi alle prime ammaccature d'ascia, o se i cacciatori li scorticano, praticano un anello alla base del tronco e li lasciano morire piano, per sparare sugli scheletri dai quali sono cadute tutte le foglie ai merli e le quaglie.

Ma a questo livello per me è già troppo, non so più dove guardare. Lo smarrimento umano forse è astratto, in un certo senso più velenoso. Quelle tue persone avranno preso una colazione e se ne saranno andate senza parlare, e tu pulendo i bicchieri avrai provato un sentimento di arricciare la bocca, un'amarezza, una cosa vicina all'opacità. Cos'era, ti domandi. Ma io non posso spiegarti la rassegnazione, colombella mia (permetti, ti vezzeggio alla maniera russa), perché si arriva anche a dimenticarla e per di più a te, semplicemente, farebbe male.

Perché Fosca, ti osservo da un po'. Sei dimagrita. Sulle scale, prima, eri in affanno. Non è da te. Non alla tua età.”

Non ho mai avuto una salute, come si dice, sulla quale poter contare. Da giorni la primavera smentisce ogni mia boccata d'aria, più secca e più fredda di quello che mi aspetto, quasi un'unghia in corpo. Oppure un nodo tutte le volte che ingoio. Ma è normale, per me, e sempre meglio di quando da bambina deliravo per le febbri, o mi picchiavo la testa coi libri per mandar via l'emicrania, e poi mi buttavo sul letto e lasciavo che ogni cosa scivolasse col respiro e la voce fuori, fuori di me: una voce inarticolata, semplicemente un serpentello d'aria, quasi un fischio lasciato andare sul sudore dei cuscini. Se passava qualcuno mi tappavo la bocca e riprendevo quando tutto era silenzioso.


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"le cose di pancia, le cose che sai bene non avrebbero mai germogliato nel terriccio del caffè"


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