Lo stato dell'arte della ricerca scientifica sulla presenza del batterio Xylella in Salento a che punto è? Non è ancora dato a sapere. Eppure dopo lo stop momentaneo, in coincidenza con le scadenze elettorali, la UE è in attesa della revisione del Piano di eradicazione Silletti. Intanto in assenza di dati certi si è punto e a capo.
A distanza di un anno dalla dichiarazione dello stato di emergenza per la presenza nel Salento del batterio da quarantena Xylella Fastidiosa sub specie Pauca ceppo Co.di.ro., rinvenuto nell'autunno del 2013, non è stata ancora dimostrata la patogenicità del batterio su olivo. Nemmeno è stata stabilita una qualsivoglia correlazione con il fenomeno del disseccamento rapido (co.di.ro.). Fenomeno che, è bene ribadirlo, tanto rapido non è.
La diffusione del fenomeno, a parte la presenza limitatissima e circoscritta a poche piante nel territorio di Oria, è presente solo in alcune ben delimitate zone del Salento occidentale prospiciente l'area gallipolina. In sintesi, a tutt'oggi non sono stati forniti alcun tipo di dati sulla natura e sulla diffusione del batterio, per quanto i ricercatori incaricati affermano la totale diffusione in tutta l'area salentina.
Ciò nonostante, il piano Silletti (per il quale è prevista l'eradicazione del batterio e della pianta ospite, oltre che l'uso massiccio di insetticidi e pesticidi), se non fosse per la pausa dovuta ai presidi spontanei dei territorio e alle sospensive del Tar del Lazio, sarebbe andato avanti con la conseguenza di aver creato il deserto tra le province di Brindisi, Taranto e Lecce. A tutto ciò si è pervenuti anche contravvenendo contemporaneamente al Principio di Precauzione e alle norme degli International Standard For Phitosanitary Measures (ISPM). Misure che la FAO ha pubblicato nel 2005 e che definiscono le procedure sulla gestione fitosanitaria condivise nel mondo sulla base del trattato di Roma del 1951. La UE a sua volta basa normativa riguardante la gestione fitosanitaria (Plant Healt), su questi standard.
L'ISPM No.9 (1998) "Guidelines for pest eradication programmes" definisce le procedure per stabilire la strategia di eradicazione di un organismo nocivo da quarantena. Al punto:"2.4.2 "Conducting cost-benefit analysis for eradication programmes", dice:
One of the first actions to be taken is the preparation of a list of the most feasible eradication techniques. The total cost and the cost-benefit ratio for each strategy should be estimated over the short and long term. The option to take no action, or to take a pest management approach, should be considered as well as eradication options.
All feasible options should be described or discussed with decision-makers. Anticipated advantages and disadvantages, including cost-benefit should be outlined to the extent possible. One or more options should be recommended, recognizing that the ultimate decision requires consideration of the technical options, cost-benefit, the availability of resources, and political and socio-economic factors".
Sarebbe interessante comprendere come e quando questo passaggio sia stato compiuto, quali siano stati gli " decision-makers " consultati (considerando che tra questi soggetti vengono individuate, anche, le associazioni e i comitati; quale documento sia stato redatto, poiché non se ne ha contezza.
E' importante sottolineare che il punto 2.4.2 termina sostenendo che:
"One or more options should be recommended, recognizing that the ultimate decision requires consideration of the technical options, cost-benefit, the availability of resources, and political and socio-economic factors".
Non sembra ci sia nelle decisioni prese una valutazione su risorse e fattori socio politici. Sembra che la logica del piano sia stata mutuata senza nessuna valutazione di fattibilità da quello che hanno fatto in California per cercare, inutilmente, di rallentare la diffusione del batterio sulla vite.
Il ceppo Co.di.ro., dunque, potrebbe essere, per quel che ne sappiamo, un ceppo naturalmente mutato di Xylella fastidiosa sub. pauca ipovirulento o addirittura antagonista dei ceppi aggressivi di Xylella fastidiosa sub. fastidiosa e sub. pauca, come riportato dal lavoro condotto in California da George E. Bruening et al. Su ceppi di Xylella mutati in laboratorio, in cui si è dimostrato che i ceppi mutati non solo non erano patogeni, ma impedivano ai ceppi virulenti di moltiplicarsi all'interno dei vasi xilematici della vite. Informazioni certamente note al mondo della ricerca. Meno note a quei profani a cui mancano adeguati strumenti di conoscenza, ma che non per questo devono restare all'oscuro.
C'è poi la questione del Principio di Precauzione attraverso il quale s'indirizza una condotta cautelativa per quanto riguarda le decisioni politiche ed economiche sulla gestione delle questioni scientificamente controverse. La normativa parla esplicitamente solo della protezione dell'ambiente, ma con il tempo e nella pratica il campo di applicazione si è allargato alla politica di tutela dei consumatori, della salute umana, animale e vegetale.
Questo assunto è stato promosso dall'Unione Europea, ratificando la Convenzione sulla diversità biologica di Rio de Janeiro (93/626/CEE,[2]), ed esplicitando la politica comunitaria con la Comunicazione della Commissione COM(2000) 1 Final (2 febbraio 2000). Nel testo si legge (§ 1):
Il fatto di invocare o no il principio di precauzione è una decisione esercitata in condizioni in cui le informazioni scientifiche sono insufficienti, non conclusive o incerte e vi sono indicazioni che i possibili effetti sull'ambiente e sulla salute degli esseri umani, degli animali e delle piante possono essere potenzialmente pericolosi e incompatibili con il livello di protezione prescelto.
Non si capisce, preoccupa e pone interrogativi inquietanti il fatto che, trattandosi di un batterio da quarantena, non si sia allargata la ricerca su base internazionale e multidisciplinare. Tutto resta secretato nelle mani di pochi soggetti addetti tra Università di Bari, CNR, CRSFA Basile Caramia di Locorotondo e CIHEAM-IAM Bari (Istituto Agronomico Mediterraneo Bari). Perché?
Due università tra le più prestigiose in Italia, quella di Bologna e quella di Perugia, già un anno fa, inoltrarono all'Osservatorio Fitosanitario della Regione Puglia, la richiesta di poter avviare liberamente ricerche sul batterio pugliese. Richieste che sono state inspiegabilmente negate. Perché?
Due articoli della Costituzione della Repubblica Italiana sanciscono senza mezzi termini i canoni della ricerca scientifica secondo il nostro ordinamento giuridico.
Dice la Costituzione:
Art. 9 La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.
Art. 33 L'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento.
Siamo convinti, anche a fronte di quanto esposto, che sia necessario e prioritario garantire la libertà di ricerca, così come sancita dalla Costituzione. E' necessario che il ricercatore, nello svolgimento del lavoro di ricerca, avendo questo delle implicazioni e ricadute anche immediate per la vita delle comunità umane, garantisca imparzialità rispetto alle scelte delle parti politiche contrapposte. Alla scienza spetta il compito di trasmettere alla polis quelle conoscenze e tecnologie necessarie alla realizzazione del bene e del progresso umano. Starà poi all'amministrazione della polis indirizzare le vie di applicazione delle tecnologie e delle conoscenze nel pieno rispetto dell'ordinamento giuridico e democratico.
Cosicché qualora un ricercatore avesse l'ambizione di dedicarsi all'amministrazione della polis, mettendo a disposizione di questa la propria esperienza e conoscenza in campo scientifico, allora sarà il caso che il ricercatore rinunci al suo lavoro di scienziato per dedicarsi al meglio delle sue forze a servire la polis con il rigore della scienza, senza che questo implichi una deficienza e restando in pieno, parte determinante e attiva per la vita della comunità umana.
Quello che ci preme ora è andare all'essenza del problema: le implicazioni che inducano politica e ricerca a indulgere in interessi conflittuali molteplici che si concentrerebbero nelle due figure, quella del ricercatore e quella del politico una volta che i ruoli si sovrappongano. Una sovrapposizione la quale, lungi dall'avere la stessa validità ed efficacia di quella di natura sessuale, che genera nuova vita, porta al contrario alla nascita di un mostro, tanto scientifico, quanto sociale, economico e culturale. E' lecito dubitare che gli attuali attori della ricerca scientifica responsabili degli enti succitati, viste le attività svolte contemporaneamente in diversi organismi pubblici (istituzioni di ricerca, istituzioni politiche) e privati (aziende ed enti), alcuni di questi non siano incorsi in imbarazzanti e pericolosi conflitti di interesse?
Già Platone, 2500 anni fa, ci metteva in guardia da questo pericolo. 2500 anni passati i quali non c'è stato giorno in cui l'uomo non abbia dovuto combattere per affermare quei diritti primari, inalienabili sanciti poi nella nostra Costituzione. Una costituzione che condividiamo, non tanto perché ce lo impone la legge, quanto perché quella legge è il frutto di profonda condivisione e di conquiste pagate anche con il sangue di milioni di vite umane.