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Yu Lan Dancong oolong (da Canton Tea)

Da Lasere

Vi avevo accennato che avremmo assaggiato insieme gli otto tè di Canton Tea premiati nel 2010 con le ambite stelle dei Great Taste Awards, ma in questi giorni c’è stato un altro tè, di questo stesso rivenditore (qui la sua scheda), che ha monopolizzato la mia attenzione, a dispetto del fatto che non gli sia toccata neanche una stellina piccina così, e ho deciso di concedergli la precedenza.

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Si tratta di un oolong cinese mediamente ossidato proveniente da piante della celeberrima varietà Dan Cong: più simili ad alberi che a cespugli e dalle foglie particolarmente ampie e robuste, si narra abbiano origini botaniche antichissime; la piantagione in cui crescono si trova sulle morbide alture dei monti Wu Dong (400~600 metri slm), prossimi alla città di Chaozhou nella provincia del Guangdong, nel sud-est della Cina.

A sentir nominare “Dancong” è naturale, se si ha una certa confidenza con il vasto mondo degli oolong, pensare d’istinto a foglie dal colore molto scuro, dalle caratteristiche sfumature marroni-rossastre dovute all’elevata percentuale di ossidazione e a un’intensa tostatura, cifre solitamente distintive di questo tipo di tè; il nostro Yu Lan è dunque una variante che si discosta un po’ dalla norma, per regalarci peculiarità inattese, e, come vedremo, entusiasmanti.

Le foglie sono bellissime a vedersi: lunghe e intere, attorcigliate in senso verticale come abitualmente avviene anche per gli altri oolong della famiglia. Il colore da asciutte è un verde piuttosto scuro fino a marrone, ma dipinto a tocchi più chiari e giallo ocra: da ciò si deduce la parziale ossidazione a cui accennavamo, minore rispetto agli altri Dancong, verificabile con ancora maggior chiarezza osservando le foglie infuse, che recuperano una luminosità screziata di bordeaux nelle pieghe e ai bordi (si veda la foto in fondo al post).

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La caratteristica principale derivante da queste sue più modeste ossidazione e tostatura è racchiusa nel nome: l’espressione Yu Lan allude infatti al fiore di magnolia (gli altri nomi con cui è conosciuto sono appunto Phoenix Magnolia, Magnolia Blossom, Magnolia Dancong); annusando le foglie asciutte si è avvolti da un aroma floreale che ha dell’incredibile per un tè non profumato né aromatizzato, simile per intensità a quello dei migliori Tie Guan Yin, ma più netto e zuccherino: non fiori di campo ma corolle più vanesie, dal profumo denso e conturbante, che per profondità ricorda quello del gelsomino – se pur in tono minore – o dell’iris, ma senz’ombra di stucchevolezza. Non si smetterebbe mai di annusarlo!

Ed è una fragranza instancabile, che dura oltre ogni aspettativa, tazza dopo tazza: se la sera lasciate le foglie usate scoperte in una stanza della casa, per esempio, la mattina seguente scoprirete che ne avevano ancora a sufficienza per profumare l’ambiente quanto e più di un mazzo di fiori!

L’ho infuso una prima volta “all’occidentale”, diciamo così: l’equivalente di un cucchiaio da minestra per 150 ml d’acqua a 90° C circa, per due/tre minuti. Il risultato è stato ottimo, delicatamente dolce e sottile in bocca, fragrantissimo all’olfatto, piacevole anche nella seconda e terza infusione.

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Poi è stata la volta della maniera gong fu, per metterlo nella condizione di esprimersi al meglio delle sue possibilità: un piccolo gaiwan da 100 ml, una quantità maggiore di foglie, un veloce lavaggio e infusioni brevi, a partire da trenta secondi circa, per poi salire pian piano nelle successive (mi sono fermata a sei).

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Vi prego di notare l’accozzagl… – ehm ehm – il creativo sincretismo dei miei allestimenti tèistici! (Cina + Toscana + Taiwan ;-)

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In questo caso l’infuso, più concentrato, rivela sfumature fiorite ancor più intense e appaganti. Infusione dopo infusione, esuberanza, rotondità e dolcezza vanno comprensibilmente attenuandosi; il corpo si assottiglia lasciando emergere note più complesse, secche ed aspre, non meno interessanti e gradevoli – erbe aromatiche? un che di rosmarino o salvia -, di pari passo con una moderata astringenza che lascia in bocca un vivace e duraturo retrogusto di petali e limone, particolarmente rinfrescante.

Un tè generoso com’è raro trovarne, insomma, che racchiude in sé indoli diverse, ognuna di grande fascino: da provare!

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Durante il gongfu-cha avevo un aiutante attento e assennatissimo, le cui funzioni principali erano essenzialmente: infilare il suo tartufo bicolore in ogni recipiente, vuoto o pieno che fosse; sgranocchiare il contaminuti; e in generale mettere alla prova la mia abilità nel riuscire a non far ribaltare un vassoio colmo di bricchi tazzine e altre fragilità nonostante la presenza di un curioso “diavoletto della Tasmania” nelle immediate vicinanze (e già che ci sono ve lo presento: si chiama Rascal e ha da poco compiuto i tre mesi di cucciolaggine :-)

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Le foglie infuse, distendendosi, rivelano chiaramente i segni dell’ossidazione parziale, coincidenti con le parti più rossastre… che io più le guardo e più mi sembrano meravigliose! Prima di risolvermi a gettarle nel compost che ho in giardino le ho stese una ad una, come in verità mi capita spesso di fare con qualsiasi oolong: chiudere il cerchio, concludere il cammino, facendole tornare semplici foglie dischiuse, di nuovo solo foglie, serenamente inutili, e calme.

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