Javier Zanetti è stato il protagonista di Sfide, il programma di Rai3 condotto da Alex Zanardi. Ecco cosa ha detto Pupi per raccontarsi:
“Non mi sono mai arreso. E la mia storia è la storia dell’Inter. La maglia dell’Inter ero fiero di indossarla, sia la maglia che la fascia di capitano. E più ero in difficoltà più interista mi sentivo“.
GLI INIZI – “In quel periodo lì lavoravo da muratore con papà e òlui mi chiedeva cosa volevo fare. E lui mi disse di provare ancora. Poi è cominciata la carriera da giocatore”
CHE SORPRESA – “Mi chiama Passerella per dirmi che mi aveva preso l’Inter. Non potevo crederci. Sono tornato in camera ho richiamato Paula e neanche lei ci credeva”.
SCONOSCIUTO - “Arrivai con un sacchetto di plastica e dentro le scarpe di calcio. Quando mi sono affacciato dal terrazzo si sono accorti di me, i giornalisti pensavano fossi uno di loro”.
QUELLA VOLTA CON HODGSON – “Stavo giocando bene e non capii la sostituzione. Ero molto deluso ed arrabbiato, volevo giocare fino alla fine. Sono arrivato in panchina e in un minuto scatta un battibecco tra noi due”.
IL GOL DI PARIGI – “Urlo lascia a Simeone che stava per calciare. Ho chiuso gli occhi, ho calciato forte ed è finita all’incrocio, pensavo di mandarla al terzo anello“.
IL MATRIMONIO – “Si, mi sono allenato anche quel giorno. Ho fatto il pranzo con gli invitati, poi ho detto vado ad allenarmi”.
IL 5 MAGGIO – “C’era tanta gente interista intorno a noi. Sembrava Milano all’Olimpico. Pensavamo che avremmo fatto un gol in più e che avremmo vinto, ma è successo ilk contrario. Finisce il lacrime. Un ritorno a Milano pieno di tristezza. Una sconfitta che fa capire tante cose. E forse cose così le devi provare per arrivare alla vittoria“.
FACCHETTI – “Parlavo spesso con lui mi diceva cosa significava la maglia dell’Inter. Questa sintonia fuori dal campo, insieme alla sua famiglia sono un regalo molto forte. E la sua presenza era importante per tutti noi. Siamo andati in ospedale prima della finale di SuperCoppa e gli avevamo promesso che avremmo dato tutto. Perdevamo ma quando abbiamo pareggiato abbiamo pensato che ormai era fatta. Abbiamo chiamato Giacinto e gli abbiamo detto che avevamo sofferto, ma avevamo vinto. Qualche giorno dopo è venuto a mancare ed è stata una grande tristezza per il mondo nerazzurro e per il calcio in generale. Persone come Giacinto sono rare“.
MOU – “Stavo andando in Argentina per le vacanze e in aeroporto squilla il telefono: ‘Sono José Mourinho. Tu sei il capitano e voglio dirti che ho appena firmato con l’Inter”. Mi ha dato per primo la notizia. E’ stata una cosa che ho apprezzato molto“.
BARCELLONA – “Quando arrivano le partite importanti non dormi tanto. Fai fatica rispetto al solito. Il problema non era solo Messi, ma tanti campioni che in qualsiasi momento potevano inventarsi tutto. Con un uomo in meno al Camp Nou, contro questi mostri. Abbiamo messo in campo più delle nostre possibilità, più del cuore. Volevamo andare in finale. Eravamo concentratissimi. Però erano fenomeni, ti andavano mia lo stesso. Quando mi è sfuggito una volta Messi, mi è andata bene. Lo ha fermato Julio Cesar. Quando hanno segnato l’1 a 0 mancavano cinque minuti più recupero, minimo otto minuti, sembrava un’eternità. Camp Nou pieno, sentivo i tifosi a fianco. Era una bolgia. I tifosi nostri in alto, lontani. Guardo Samuel che si mette le mani nei capelli, non avevamo visto che il gol di Bojan era stato annullato per un fallo di mano di Yaya Tourè. Dopo questa sofferenza abbiamo avuto la grande gioia di poter giocare una finale di CL”.
LA FINALE DI MADRID – Il 22 maggio era Santa Rita, a mezzanotte ero in camera con Cordoba e pregavo perché ci aiutasse. Per me è stata una serata fantastica e se avessi potuto avrei abbracciato uno a uno tutti i tifosi dell’Inter. Non ero io, la mia faccia si era trasformata, ero felice, si era compiuto il mio sogno.