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Zecchillo e Brunetta

Creato il 13 ottobre 2013 da Nonzittitelarte

Zecchillo e BrunettaGiuseppe Zecchillo: “Se il Ministro sarà ascoltato la lirica potrà tornare grande come un tempo”.

Finalmente un politico importante denuncia il parassitismo dei teatri lirici italiani. In un intervento, trasmesso dalla TV, il Ministro della Funzione Pubblica, Renato Brunetta, ha dimostrato di avere le idee chiare sui teatri lirici italiani nella loro ambiqua qualità di Fondazioni… finanziate dallo Stato.

L’on.Brunetta ha detto fra l’altro:”… i teatri lirici italiani dovrebbero essere quasi tutti commissariati, perché gestiti in modo irresponsabile da persone in gran parte incompetenti e fannulloni”. Il Ministro Brunetta non solo se ne è accorto ma finalmente lo ha anche detto espIicitamente. Avrebbe dovuto farlo molto prima; sono anni che dura questo andazzo. Quella del Ministro è una presa di posizione sicuramente positiva nell’interesse della cultura musicale dei cittadini e dell’erario, che la finanzia. 

Lo SNAAL si è sempre battuto contro la gestione inefficiente di certi teatri lirici, la quale ha sprecato miliardi in allestimenti tanto sfarzosi quanto inutili, con il solo risultato evidente di ridurre il cartellone e diminuire le recite; cosa ovviamente contraria alla cultura musicale della comunità.­ In qualità di segretario dello SNAAL ho condotto personalmente questa lotta, ma nessuno aveva voglia di ascoltarmi, perché… perché a certi signori interessa più la loro carriera e i loro congrui emolumenti piuttosto che l’utenza e la funzione dei teatri loro affidati.

Molti di questi signori si crogiolavano nel tran tran e alzavano la voce solo per lamentarsi che erano troppo pochi. Queste ipocrite lamentele servivano soltanto a giustificare i paurosi deficit di bilancio, che accumulavano stagione dopo stagione. Spesso e volentieri la Scala, e ancor più gli altri teatri, restano chiusi; sui portoni e sui giornali appare l’ipocrita scritta: “Riposo”. Quante volte ho denunciato che i teatri lirici italiani lavorano troppo poco: una media di 220 giorni di “riposo” l’anno contro i 66 dei teatri tedeschi e austriaci, i 140 circa dei teatri francesi e così via.

Di conseguenza, gli spettatori si dileguano cercando altre possibilità di svago e d’interesse. Per richiamare la gente a teatro non c’è bisogno di scenografie mirabolanti, bastano le opere del repertorio più noto e popolare per fare il “tutto esaurito”. Si ricorderà la famosa “Traviata”, che il M.o Muti programmò per 5 recite, aumentate poi a 7, causa la grande richiesta di biglietti, successivamente a 12 per lo stesso motivo, e infine trasmessa su un maxi schermo in Galleria per altre 5 sere per poter accontentare, almeno in parte, il gran pubblico che voleva vedere l’opera. Questo èl’esempio lampante che il mio criterio di giudizio è esatto.

Ma perché   ci si domanda   tanta repugnanza da parte dei dirigenti a programmare opere del repertorio popolare con poca spesa, senza nuovi allestimenti, ma utilizzando quelli (bellissimi) usati poche volte e poi accantonati nei magazzini? Perché ci sono di mezzo certi direttori d’orchestra, che fanno molte incisioni discografiche e che non sono interessati a ripetere “Rigoletto”, “Traviata”, “Butterfly” ecc. delle quali opere ci sono già decine di edizioni, che si fanno concorrenza; ma sono interessati a lanciare prodotti non concorrenziali: ­opere obsolete, ripescaggi pseudo culturali, spartiti dimenticati perché non eccelsi: Sicché i teatri si riempiono nelle serate inaugurali (per un fatto snobistico, modaiolo, e per i biglietti omaggio); poi restano deserti.

La cultura davanti alle sedie vuote ho sempre detto   che cultura è? Non di rado i dirigenti, e anche i Sindaci, usano i teatri lirici come “fiore all’occhiello” per serate d’onore, o per interessi clientelari, o per le loro pubbliche relazioni. Il teatro paga gli artisti e i tecnici, ma non incassa nulla, perché lo spettacolo é offerto gratuitamente agli ospiti, ai loro amici, agli amici degli amici, ai tirapiedi ecc. Né abbiamo taciuto sul fatto che i cachet di certi artisti, gestiti da note agenzie, sono superiori in Italia che all’estero. È noto che lo stesso M.o Muti percepiva compensi astronomici alla Scala, mentre all’estero accettava cifre decisamente inferiori. In tal modo i teatri lirici italiani   purtroppo trasformati in Fondazioni dall’affrettata e ottusa Legge Veltroni – non si potranno riassestare mai: spese pazzesche, produzione scarsa e poco interessante, scelte artistiche clientelari, sponsors che invece di arrivare, partono velocemente, dirigenti impuniti se incapaci, non premiati se efficaci … e il lavoro degli artisti che cala spaventosamente, tanto che molti lavorano nei teatri stranieri, ma non in patria.

Cosa fare dunque per cambiare sistema? Anzitutto auspichiamo che il Ministro Brunetta voglia rivedere, o meglio, rifare la cosidetta Legge Veltroni per dare un assetto serio, efficace e funzionale ai teatri lirici. Un assetto determinato a evitare l’attuale dispendio irresponsabile e a porre fine alla fuga degli utenti. Non è un’impresa facile, forse bisognerà procedere per gradi, ma   ne siamo certi   se c’è la volontà politica di riuscire; si riuscirà. Ne è esempio l’energica fase di ricostruzione dopo il disastroso terremoto in Abruzzo. Non credo di esagerare dicendo che bisogna considerare i teatri lirici come zone gravemente disastrate nel panorama delle istituzioni culturali italiane.

(Giuseppe Zecchillo   Segretado nazionale SNAAL)

fonte: http://www.musictriboo.it

 

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