di Massimo Pittau.
Zeppara (TZèppara) - Villaggetto presso Ales (prov. di Oristano) .
Il toponimo trova riscontro in altri 7 toponimi uguali di Baressa, Barumini, Genoni, Gonnosfanadiga, Guspini, Narbolia, Villaverde, e negli altri Sebera (Ortacesus), Zepparedda (Tuili), TZèppere (Ittiri), Zaparárgiu (Villagrande Strisaili), Tèppera (Scano M.), Teppero (Villanova Monteleone), Tèpparo (Tresnuraghes), Tèppore (Montresta); forse al plur. come indizia il medievale Theppar (CSMB 173) (PLS 121-128).
Esso è da riportare all’appellativo sèbera, sèpera, cèbera, tzèpera, tzèpara, tèpera (anche -pp-) «ghiaia, ciottolame, pietrame, pietraia, collina pietrosa», che è un relitto sardiano o protosardo, probabilmente da confrontare – non derivare – col lat. saburra «zavorra di imbarcazione» (costituita da ciottolame) (già prospettato come di origine etrusca; DELL, DELI, DICLE), antroponimo Saburra, Sabbura (LEN) (suffisso -rr-) .
Il villaggio compare fra le parrocchie della diocesi di Usellus che nella metà del sec. XIV versavano le decime alla curia romana (RDS 1384, 1647, 1853, 2300, 2802) e inoltre tra i villaggi che sottoscrissero la pace fra Eleonora d’Arborea e Giovanni d’Aragona del 1388 (CDS I 841/2) come Cepera. Ed è citato anche nella Chorographia Sardiniae (202.17) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come oppidum Zepparae.- Anche le altre Zeppara sono citate in documenti medioevali, ma la loro esatta identificazione non è sempre facile ed è da farsi di volta in volta.
Solarussa (pronunzia locale Sabharússa) (villaggio del Campidano di Oristano) .
Anche per questo toponimo c’è da dire che, se non si conoscessero le sue antiche attestazioni, neppure il più preparato e più geniale dei linguisti sarebbe in grado di scoprirne l’etimologia (cfr. Santadi).
Nel Condaghe di Bonarcado questo toponimo compare nelle forme di Solarussa, Solagrussa, Solarusa e infine di Cebera grussa (CSMB 25, 28, 32, 68, 172). Considerato che le schede di questo condaghe hanno subìto notevoli rimescolamenti, non è illegittimo considerare come forma più antica quella di Cebera grussa. Il primo componente del nostro toponimo è da connettere con l’appellativo sèbera, sèpera, cèbera, tzèpera, tzèpara, tèpera (anche -pp-) «ghiaia, ciottolame, pietrame, pietraia», relitto sardiano o protosardo, probabilmente da confrontare – non derivare – col lat. saburra «zavorra di imbarcazione» (costituita da ciottolame) (già prospettato come di origine etrusca; DELL, DELI, DICLE), antroponimo (suffisso -rr-) (cfr. Zeppara).
Il secondo componente corrisponde all’aggettivo grussu, russu-a «grosso-a», che deriva dal lat. grussus per grossus (DILS). Pertanto Cebera grussa o Solarussa significa «ghiaia grossa», con un significato che trova riscontro esatto nelle caratteristiche geomorfiche della zona in cui è situato il villaggio: pianura alluvionale del basso Tirso, caratterizzata da abbondante materiale ghiaioso, il quale, inoltre, assume spesso la forma di “cumuli o mammelloni di ghiaia” (LCS I 123).
Il nostro villaggio compare in un documento del Codex Diplomaticus Sardiniae dell’anno 1187 e in un altro del 1336 (CDS I 261/1, 705/2). Poi compare parecchie volte tra le parrocchie della diocesi di Arborea che nella metà del sec. XIV versavano le decime alla curia romana (RDS) e inoltre figura tra i villaggi che sottoscrissero l’atto di pace fra Eleonora d’Arborea e Giovanni d’Aragona del 1388 (CDS I 842/2, 843/2).
Ed è citato pure nella Chorographia Sardiniae (136.35; 194.20) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come oppidum Solarussae.
***Per ulteriori informazioni sugli appellativi citati si veda l’opera di Massimo Pittau, Nuovo Vocabolario della Lingua Sarda – fraseologico ed etimologico, edizione digitale accrescita ed emendata, “Ipazia Books”, 2014 (Amazon). In quest’opera di trova anche la spiegazione delle abbreviazioni e delle sigle della bibliografia studiata.
Featured image, stemma del Comune di Solarussa.