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La mia prima volta è stata ad Amsterdam.
Ero dal bassista bravo, quello alto, coll’ego che sciaborda, che sona come ‘na macina, che c’ha il mac a 438576 pollici in una casa de 40 metri quadri.
(con l’occasione, ecco dove trovate il pezzo: http://www.youtube.com/watch?v=FW0XtUjUJKs)
E lì l’ho fatto.
Non me ne vergogno.
Anzi è stata un’esperienza travolgente.
Senza chiedere il permesso, l’ho preso e portato in bagno. Mi sono tolto i pantaloni, e l’ho poggiato sopra di me, sulle gambe.
Partendo dalla copertina ho cominciato a sfogliarlo pagina per pagina: era il secondo libro di Zerocalcare, quello del polpo alla gola, che mi ha tenuto compagnia mentre ero seduto sul trono a restituire a madre terra il kebab transitato attraverso il mio corpo (bhè devo ammettere che era in una forma un po’ diversa da quella che aveva quando l’ho ingerito). E’ stata un’attrazione fatale che ha creato un buco nel continuum spazio temporale: quando sono uscito dalla toilette era passata quasi un’ora, il batterista dormiva sul divano con le braccia sul petto come Tutankamon, il bassista ronfava nel letto a una piazza e mezzo.
Ho mangiato al volo quello che ho trovato. C’erano le lasagne (comprate già fatte da un minimarket olandese di nona categoria) e il tè al limone coi biscotti. Ho ingurgitato tutto contemporanemente, poi ovviamente mi sono messo a leggere di nuovo. Sempre Zerocalcare. Sempre il Polpo. Fino alla fine. Tutto.
Non ricordo bene dove, forse sempre ad Amsterdam. Per lo più incontri brevi e occasionali grazie a qualche amico che aveva il fumetto a casa. Appena potevo mi appartavo e spizzicavo qualche pagina, portandomi a casa ricordi e rimpianti. Enormi rimpianti. Come quello di non sapere dove acquistare il gadget della mia vita, il porta-spade di Damocle.
E poi finalmente arriva Natale.
Bello: i parenti contenti, i regali nei cesti al centro dei divani sopra il tavolino, lo scarto furioso, le risate, i commenti, la riflessione “quest’anno per la crisi abbiamo regalato soprattutto cesti con il cibo”, e poi la busta.
Rossa, di carta evidentemente riciclata da un regalo precedente. Un fiocco striminzito, attaccato con le spille. Mi piace. E’ trash e lo apprezzo.
Tanti auguri Daniele. Tuo Fratello M. c’era scritto sul bigliettino (quello no, non era riciclato).
Non capisco che è, da mio fratello mi aspetto sempre robe strane e particolari.
Stavolta però mi ha preso in contropiede! M’ha proprio fregato, mi ha stupito a mille, perché quando ho aperto ho trovato DUE libri di Zerocalcare.
Minchia! DUE!! Mica uno. Che sta finendo l’università e per comprarmeli non avrà mangiato carne per cinque mesi… sei un mito!
Vabbè, che lo dico a fare, sbotto di entusiasmo. M. si è confermato un grande e io mi becco i due zerocalcari e me li leggo.
Me li leggo a manetta, li ingurgito in due o tre giorni.
Mi piacciono una cifra. Tanto tanto tanto tanto tanto (giusto Jovano’?).
L’entusiasmo sale più del normale, e mi chiedo allora:
perché sono così belli?
Qual è l’ingrediente segreto che fa arrazzare me e altre migliaia di persone (che magari manco sono romani)?
Con una difficile opera di reverse engineering e di introspezione personale e collettiva (oddio, l’introspezione collettiva mi suona di ossimoro…) ecco individuati alcuni motivi per cui Zerocalcare spacca e soprattutto le ragioni per cui ciò che scrive ha – a mio parere – un valore che va oltre il puro divertimento.
- No porno.
Non c’è una sola vignetta con chiappe in piano americano o con posizioni kamasutrali. Il sesso viene menzionato solo dall’amico cinghiale che sta in fissa con ao’ te la devi scopà (riferito a qualsiasi essere di genere femminile).
Grazie Zerocalcare.
Di solito, vedo tette ovunque: quando prendo l’autobus, sulle pubblicità sopra i finestrini, dentro il mezzo, vicino alla vecchietta con le buste della spesa; quando guido la macchina, sui cartelloni pubblicitari vicino al semaforo, che ‘naltropò faccio il botto; se guardo la tivvù… vabbè che lo dico a fare… è rimasta solo Telepesca chan. 31 dove mandano filmati di pescatori pazzi neozelandesi che tirano su squaletti da 300 Kg con canne in lega di grafite da 300 g; anche www.repubblica.it mi avvisa che ad una tizia maggiorata (una modella o attrice, credo) gli si sono afflosciate le tette rifatte dieci anni fa in cui avevano iniettato lo stesso silicone che usano per il sigillare il piatto doccia; vicino alle scuole nemmeno ci passo più, che le ragazzine dell’ITIS qui vicino (che giustamente imitano quello che vedono in tivvù) hanno la scollatura fissa anche a Dicembre, e fra push-up, autoreggenti (autoreggenti de che? Cosa autoreggono? Bho non l’ho capito…), e altre cose a me ignote fanno scattare l’ormone anche ad uno appena uscito dalla sala operatoria, gonfio di anestetici, sedativi e bromuro.
Grazie Zerocalcare per non violentare ulteriormente i miei feromoni. - Parla di noi, racconta la vita quotidiana.
Il protagonista è un sedicente nerd, uno che come noi ha fatto le superiori, che si è innamorato, che è stato sfigato (un po’ lo è ancora…), che ha i pezzi di cibo avanzato sotto la macchina del gas. E non gli va di raccoglierli perché spostare tutto è un casino. Ha un lavoro precario (ma sono le ripetizioni o il lavoro da fumettista?), vive in un quartiere popolare, ha l’account Feisbuc, va su Google ogni due per tre, deve spiegare ai genitori come usare il computer. La sera se va dieci minuti su internet, quando rialza la testa dallo schermo si accorge che sono passate 3 ore. Dai… dite che non vi è mai capitato se ne avete il coraggio!
Grazie Zerocalcare.
Racconti un poco della nostra vita, parli di noi, delle nostre abitudini, delle nostre paturnie, delle nostre ipocondrie, delle nostre speranze.
Sento che mi sei vicino, che stai incasinato come me, che non sono l’unico matto che “dai cerco una cosa su google e arrivo”. Mi fotografi la vita nel fumetto. Sei vicino, ti droghi di serie tivvù anche tu.
Non sei un supereroe alla Superman, che spacca tutto e che ehh magari fossi come lui.
Non devo prenderti come lontano modello da raggiungere.
Infatti, caro Zerocalcare, io sono già come te. - L’immaginario che guida il nostro agire
Attenzione, questo è per me l’aspetto più profondo dell’opera di Zerocalcare.
Capiamo subito a cosa mi riferisco quando osserviamo alcuni personaggi: ad esempio la madre, che viene rappresentata come Lady Cocca del cartone animato di Robin Hood. O come la sua pseudo-coscienza pipparola mentale, raffigurata da un armadillo. O ancora, la voce del suo complesso materno che prende le sembianze del fratello muscoloso, Jesus-like, capellone e figo di Ken il Guerriero, che è in sostanza il rimpiazzo del grillo parlante di Pinocchio (rompe uguale, ma almeno questo è figo).
Cosa è riuscito a fare Zerocalcare in questi frangenti?
Ha fatto una operazione interessante e di valore, con due caratteristiche:
(i) usa personaggi che ci fanno capire al volo il mood, il sentimento, l’idea che vuole comunicare nella vignetta. Gli archetipi post moderni, che hanno sostituito quelli più antichi, come il grillo parlante (ora è il fratello di Ken), la peste “scopa di Dio” (ora sostituita probabilmente da Chuk Norris) o la saggezza e il senso di responsabilità del “Profeta” di Kahlil Gibran (rimpiazzato senza rimpianti da Obi wan Kenobi)
Ci sentiamo carichi di senso di colpa per non aver evitato in qualche modo lo sbandamento di un autoarticolato che andava a ottanta all’ora contromano in un vicolo di periferia? Bhè, sicuramente possiamo ringraziare quella simpaticona dell’ape Maia pronta a sacrificarsi per il suo prossimo come mai nessuno di noi avrebbe fatto ragionevolmente.
Abbiamo sete di sangue, di vendetta perché un coattello di periferia ci ha sorpassato nella fila alla cassa? Dieci a uno che ci sentiamo come Ken Shiro, che con la ragione in tasca andava in giro a vendicare i suoi cari a suon di mosse segrete e massacramenti (esiste ‘sta parola?) di tutti i super cattivoni post nucleari.
E quel senso di conflitto interiore quando subiamo un’ingistizia? Non sarà mica causato dal fatto che quando a dieci anni andavamo a catechismo (= non menare, non essere violento) ci vedevamo anche Giggrobbot (= difendi coi razzi e le fruste Taizan le tue ragioni), che ci spingeva a fargliela pagare al compagno di banco che aveva rubato la gomma da cancellare a quattro colori?
Concludendo
La nostra rappresentazione della realtà è a mio parere fondamentale: ci fornisce una guida ed una bussola per affrontare la vita, per agire. Tuttavia essa deve fare i conti con l’insieme di concetti, di idee, di raffigurazioni che popolano il nostro immaginario, che delineano la nostra personalità e che inconsciamente forniscono informazioni alla nostra volontà.
E Zerocalcare alcune di queste le ha stanate.
E davvero possiamo pensare che ore di lavaggio del cervello passivo passate a ingurgitare in TV atteggiamenti di personaggi reali o di fantasia ci abbiano lasciati incolumi?
Davvero pensiamo che dopo un’ora di De Filippi si possa restare uguali a prima? Crediamo che l’aver visto tutta la serie di Candy Candy non abbia contribuito alla costruzione di quell’apparentemente innato spirito di sacrificio che adesso non ci permette di goderci gli unici dieci minuti liberi della giornata?
Fosse mai che l’altro giorno, quando nell’ora di punta sulla Tuscolana quella poveraccia ci ha strusciato il paraurti per sbaglio e siamo scesi avvelenati sbattendo le portiere e prendendo a manate il suo cofano, che un altro po’ se metteva a piagne, ci credevamo di essere come Steven Seagal in Nico?
Che cacchio capisce il mio inconscio quando dopo Walker Texas Ranger mi vedo don Matteo?
Come coniuga l’arguzia vendicativa di the Mentalist con la violenza caritatevole di Person of Interest?
Grazie Zerocalcare.
Mi hai fatto riflettere. Hai svelato il casino di gente che campa nella memoria flash del mio cervello (sì, indovinato, mi sento particolarmente intelligente e all’avanguardia, e aborro gli obsoleti hard disk col disco).
Bhè, però ora vado che l’armadillo mi sta imparanoiando: dice che lasciare l’acqua accesa sul fuoco mentre scrivo il post non è bene, dopo un po’ evapora tutta e si squaglia il pentolino di IKEA. Bha, sarà vero?
Ma ai pentolini di IKEA non gli fanno i test, quelli delle sollecitazioni termomeccaniche? Quelli che dopo avergli sparato col lanciafiamme li buttano sotto lo schiacciasassi e devono rimanere intonsi?
Bho… l’armadillo mi confonde le idee… e poi che vuole? Sono passate appena tre ore!
Dite che l’acqua è già evaporata?
PS solo per Zerocalcare:
Me raccomando non fà che (fosse mai che ti capita di leggere ‘sto post) me te gonfi o te senti fico. Ma dal libretto de P. Scarpa (quello co’ l’intervista che ho letto a scrocco, in piedi da Feltrinelli mentre speravo che la commessa carina me cacava – cosa che non è accaduta), non me pari er tipo.
Ma non se sa mai, io te lo dico.
Bella.