Magazine Cinema
Non un semplice film, non un consueto documentario, ma un ritratto, come il titolo stesso evoca, che si inserisce forse nell'ambito della video installazione, accezione che spesso può far storcere il naso a molti, suscitare prese di distanza da un oggetto filmico che si pone come ibrido tra il cinema, la fotografia, il racconto per immagini, sino al punto di considerarlo un'opera difficilmente apprezzabile per i limiti o i pregi che questo tipo di narrazione comporta e che solo in pochi casi e contesti assurge a vera opera d'arte.Sicuramente un prodotto non facilmente incasellabile, almeno per chi scrive, da cui è rimasto affascinato per il modo in cui viene raffigurata un'icona, rimasta per lo più nell'immaginario sportivo più semplicistico come colui che ha abbattuto il proprio avversario in una finale mondiale con un colpo di testa per lui fatale, da un punto di vista dell'esito agonistico.Il pedinamento visivo operato dagli autori di questo oggetto alieno è un modo per destrutturare una semplice partita di calcio e un campione di quello sport, seguendone passo passo i movimenti in maniera ravvicinata e quasi ossessiva, in cui si è costretti a inseguirne i movimenti, i gesti, il sudore e l'apparente fatica, sino al gesto atletico, che viene presunto, immaginato per poi essere riproposto, ma in maniera sempre e comunque antispettacolare, dove si inseriscono pensieri e parole che si possono ritenere appartenere al campione o agli autori stessi, all'interno di un'arena di cui si percepiscono appena i suoni e i rumori, sino all'inserimento repentino e insinuante della musica dei Mogwai, ancora loro una volta protagonisti musicali di un racconto che tale non è, come solitamente potremmo intenderlo, pensando ad una partita di pallone e forse anche per questo motivo ho amato questo oggetto bizzarro, che andrebbe fruito, come e quando si parla di cinema o opere così totali, sullo schermo cinematografico.
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