Il 1 Gennaio ha preso il via il Calendario del cibo italiano, progetto promosso dall’AIFB per far conoscere la cultura e le tradizioni gastronomiche del nostro Paese.
Un viaggio che si snoda in 366 giornate e 52 settimane nazionali e che attraverso sapori antichi e prodotti tipici “darà vita ad una vera e propria festa del cibo italiano, nell’ottica di un riscatto della tradizione, delle eccellenze, del territorio, della storicità delle testimonianze umane e della tutela delle tecniche tramandate di generazione in generazione, nella consapevolezza che anche la cucina italiana è un patrimonio culturale, le cui ricchezze vanno quindi tutelate e preservate in primo luogo da chi a questa cultura appartiene per origine e per nascita”.
Un post al giorno per 366 giorni ed altrettanti ambasciatori che attraverso i loro post pubblicati nel sito www.aifb.it ci conducono alla scoperta di un piatto o di un ingrediente base della nostra cucina; post giornaliero cui fa seguito la pubblicazione di ulteriori ricette da parte dei contributor che, tra aneddoti, spunti storici e tradizioni di famiglia, ci svelano la vastità e la straordinarietà della nostra cultura gastronomica.
In attesa di essere anche io ambasciatrice per un giorno, rispolvero una vecchia ricetta a me cara per partecipare alla Settimana del cavolo che inizia oggi e che è ospitata da Tamara Giorgetti del blog Un pezzo della mia maremma.
Visto il freddo di questi giorni una zuppetta ci sta proprio bene e visto che l’orto ci regala ancora tante meraviglie è tempo di preparare ai miei due affamati ometti la zuppa di cavolo e patate allo zafferano che con il suo calore (e colore…) ci mette subito di buon umore. Io per renderla un pochino più energetica aggiungo dei crostini ottenuti da pane raffermo ripassato in padella con olio e semi di papavero e avanzi vari di frigorifero (striscioline di speck, formaggio grattugiato) ma vi assicuro che è buona anche nature con un giro di olio e.v.o. delle mie piantine.
Il cavolo è un ingrediente controverso in cucina…lo si ama o lo si odia se non altro per l’odore non piacevole che sprigiona in cottura e che io tento di evitare cuocendolo a vapore nel microonde.
Questa pianta straordinaria dalle mille virtù (diuretica, ricca in vitamina C, valido alleato contro forme reumatiche e affezioni polmonari) è originaria del Medio Oriente ed è arrivata a noi grazie ai Romani ed agli instancabili scambi commerciali dagli stessi operati nel bacino del Mediterraneo. Se Plinio fu il primo a parlare dei cavoli nel I secolo avanti Cristo, descrivendone il loro utilizzo a crudo in cucina, l’impiego farmacologico degli stessi era già noto in epoca greca.
Il cavolo appartiene alla famiglia delle Brassicacee o Crucifere così denominate per la conformazione assunta dal fiore che consta di quattro petali, opposti a due a due, a formare appunto una croce.
Cavolfiore, cavolo broccolo, cavolo di Bruxelles, cavolo nero, cavolo cappuccio, verza…tutte varianti dello stesso genere che si distinguono tra loro per il colore (dal bianco perlaceo del cavolfiore al verde scuro del cavolo nero), la compattezza del fiore disposto intorno al fusto e per le parti edibili (fusto, foglie o fiori…anche se in cucina non si butta via nulla come lo dimostrano le numerose ricette riciclose consultabili su carta o in rete).
Intorno al cavolo si snodano molti aneddoti e modi di dire, basti solo pensare ‘Col cavolo’, ‘Fatti i cavoli tuoi’, ‘Non me ne importa un cavolo’, ‘C’entra come i cavoli a merenda’. Comune è anche l’espressione ‘nascere sotto un cavolo’ la cui origine sarebbe da attribuire al fatto che questo ortaggio, simbolo di vita e fecondità, veniva seminato in marzo e raccolto ben 9 nove mesi dopo in novembre, periodo corrispondente alla gestazione dei bambini. Nei tempi passati i cicli di vita erano strettamente correlati con quelli del lavoro nei campi e i concepimenti avvenivano in primavera (e dunque le nascite nell’autunno successivo) quando i contadini maschi sapevano di avere abbastanza risorse avanzate dal raccolto precedente e dunque sufficienti a crescere la propria prole e le donne potevano ritirarsi per l’avanzata gestazione in un momento nel quale non si lavorano i campi per la pausa invernale. E proprio le donne erano addette alla piantagione e alla raccolta dei cavoli e chiamate levatrici (al pari delle ostetriche di oggi…) perché a loro spettava il compito di estirpare i cavoli recidendo con un punteruolo di legno il cordone ombelicale che li legava alla terra.
Bibliografia:
- Karpos dicembre 2013
ZUPPA DI CAVOLO E PATATE ALLO ZAFFERANO CON CROSTINI (per due persone)
- 2 carote medie,
- 1 cavolo cappuccio bianco piccolo,
- 2 patate,
- 1 foglia di alloro,
- 1/2 porro,
- 6 stimmi di zafferano del mio orto
- 3 cucchiai di olio evo,
- sale, pepe,
- pane casareccio
- semi di papavero
- formaggio grattugiato (facoltativo)
- 2 fettine di speck a filetti (facoltativo)
Tre-quattro ore prima di iniziare la preparazione del piatto mettiamo gli stimmi di zafferano a bagno in poca acqua tiepida.
Laviamo e tagliamo a piccoli pezzi il cavolo cappuccio bianco, peliamo le carote e le patate e tagliamole in piccoli pezzi. Tagliamo il porro a rondelle.
Scaldiamo in una padella dal fondo spesso l’olio extra vergine di oliva e uniamo il porro con la foglia di alloro.
Lasciamo stufare qualche minuto prima di aggiungere le patate, le carote, il cavolo; copriamo a questo punto a filo con dell’acqua tiepida. Lasciamo cuocere fino a quando le patate non risulteranno morbide. Eliminiamo l’alloro.
Possiamo rendere la zuppa più cremosa prelevando 2 mestoli del suo contenuto e frullandoli con un blender. Rimettiamo nella pentola la parte frullata, uniamo lo zafferano e lasciamo cuocere ancora qualche minuto fino a quando la zuppa avrà raggiunto la consistenza desiderata.
Serviamo calda con i crostini ottenuti tagliando il pane a piccoli cubetti e lasciandoli dorare in un padellino antiaderente con un filo di olio.
Per una versione arricchita aggiungiamo speck a filetti croccante e formaggio grattugiato.