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In quanto maschi. L’androcidio

Da Marypinagiuliaalessiafabiana

E’ un fenomeno altrettanto in crescita. Uomini che subiscono violenza e altrettanto vengono uccisi in quanto maschi. Si chiama androcidio ed è un fenomeno che in Italia è in crescita. Ma chi sono gli autori? 

A differenza del femminicidio, spesso gli autori di questo reato sono spesso altrettanti uomini ma ciò che stupisce è la differenza tra carnefici e vittime. I carnefici sono coloro che hanno introiettato modelli maschili “dominanti” e stereotipati e per questo scelgono le loro vittime in base alla loro non appartenenza e condivisione dei modelli di maschilità fortemente radicati nella nostra cultura. O semplicemente perché hanno “rubato la loro preda”, in quanto cresciuti con l’idea che la loro partner sia di  loro proprietà.

Oggi si apprende di  ragazzo accoltellato semplicemente perché difendeva una ragazza dalla violenza del suo fidanzato. L’aggressore ha tirato fuori il coltello e lo ha colpito, dopo averlo stordito con alcuni pugni. Perché difendere una donna dall’”uomo nero” può essere conforme ai modelli di mascolinità eroica ma non se si tratta del proprio fidanzato e se si finisce per diventare vittime. E’ chiaro che questo è il classico reato di violenza di genere, se non un vero e proprio tentato androcidio: l’uomo che non deve per nessun motivo rispettare una donna. 

Del resto fa parte della nostra cultura e gli androcidi, così come i femminicidi, per questo motivo sono molto frequenti. Sopratutto per questioni “d’onore” come scrivono i media come se ci trovassimo ancora negli anni ’50  o in Arabia Aaudita. Ma a dispetto dei termini ancora in uso, tutto ciò avviene ancora oggi, perché in fondo l’Italia resta tutt’oggi un paese arretrato.

Un uomo, infatti, ieri è stato accoltellato perché l’aggressore temeva che fosse l’amante di sua moglie. La vittima, soccorsa dal “118” ha una lesione al fegato ed è stata ricoverata in prognosi riservata. Uomini che usano i simboli del fallo per ferire a more o quasi i loro rivali. Queste storie si sentono tutti i giorni.

Accoltellato, pochi giorni fa, anche un ragazzo “colpevole” di aver “rubato” la fidanzata all’aggressore.  In fin di vita, invece, un ragazzo per aver rivolto uno sguardo alla fidanzata di un altro. Per uno sguardo ad una ragazza, come nel più integralista dei paesi sotto la Sha’ria.

Un altro ragazzo trova la forza di denunciare chi lo picchiò per aver avuto la “colpa” di invitare a ballare una ragazza che piaceva ai suoi bulli.

Sebbene fosse più comprensibile difendere una donna da un uomo che le fa delle avances, la situazione non cambia. Sono stati i parenti della commessa ad accoltellare la vittima. Avete presente quella cultura dove alle donne viene tolta l’autodeterminazione di difendersi da sole o a denunciare i molestatori, costrette a vivere in sudditanza rispetto ai loro parenti che devono dimostrare prove di virilità e dimostrare al baldo giovane che la donna che stava molestando era sua? Avrebbero reagito allo stesso modo se al posto di una loro parente ci fosse stata un’altra donna?

Ma la cronaca si fa sempre più nera. Un ragazzo è stato picchiato dal padre perché omosessuale. Il Padova mattino pubblica la notizia con questo triste commento: “Un padre è sempre un padre, anche se ti picchia perché ha scoperto come sei veramente e ha conosciuto la tua natura”. Insomma: è colpa tua che sei gay, sei tu sbagliato, è la tua natura che non va bene, lui aveva intenzioni buone, quelle di correggerti anche se aveva un pò esagerato. Perchè l’omosessualità è una malattia in quanto contrasta con la virilità italica. Per questo motivo un liceo ha avuto la benpensata di pubblicare la lista degli studenti gay, riportandoci all’orrore del nazismo.

Per lo meno abbiamo capito il clima culturale dove avvengono tutti questi reati di genere. Per fortuna non c’è stato alcun morto. Forse perché finora le violenze fisiche più devastanti le subiscono le donne o semplicemente per una fortuna che ci auguriamo. Ma è un fenomeno in crescita.



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