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In Trance. Cinema e Ipnosi

Da Renzo Zambello

In trance

 

Buongiorno. Ben ritrovati. Spero che le vacanze siano state belle e rigeneranti per tutti.

Vorrei  ricominciassimo   in maniera un po’ soft, ad esempio,  parliamo di un film. Ve ne propongo uno  che ho visto ieri sera e  vale la pena di vedere: “In Trance” di  Danny Boyle. Un  thriller. Il regista oltre a voler creare e ci riesce, suspense,  ha la pretesa di parlare della mente, raccontare come funziona e come possa essere manipolata con  l’ipnosi. L’idea non è proprio originale, pensiamo ad “Inception” con Leonardo di Caprio.

Simon, il protagonista,  è un ragazzo dal viso pulito che lavora come battitore in una prestigiosa casa d’aste.  In realtà, al di la dell’aspetto si capisce subito che non è proprio uno stinco di santo,  ha dei problemi e si è accordato con una banda criminale per rubare un quadro di Goya. Il furto però non va secondo le aspettative e  il quadro sparisce si  dall’asta  ma alla fine nessuno ce l’ha e nessuno sa dove possa essere. Simon che la  rubato è stato colpito  alla testa e il trauma gli causato una amnesia  che gli impedisce di ricordare dove l’ha nascosto. Non mente, non ricorda proprio e neanche le torture fisiche  che i suoi compagni gli infliggono gli fanno superare  l’amnesia.  Alla fine il poveretto  accetta  di farsi curare,  o meglio di tentare con l’ipnosi e sceglie come terapeuta  l’affascinante dottoressa Elisabeth Lamb.  Ben presto però la dottoressa capisce che la situazione di Simon è complessa e più  ella entra nella sua  mente e ne spiega le dinamiche  più il mistero del furto si aggroviglia.

Non temete,  non vi svelo il finale del film ,  parliamo di Ipnosi.

Per la verità,  la trama  si piega un po’ su se stessa e alcuni passaggi non sono molto chiari. Il regista sembra giocare con la parola e l’immagine nel tentativo di creare volutamente  sensazioni di confusione anche nello spettatore. La pretesa è di indurre in chi sta a guardare uno stato alterato di coscienza, una leggera trance.  Perché no?  Forse ci riesce,  ma è normale. Non c’è niente di misterioso. Ognuno di noi davanti ad un quadro, ad un film ma anche entrando in alcune chiese, leggendo un libro, una poesia, ammirando un paesaggio, guardando un oggetto,  una persona che ci appare particolarmente interessante e in mille altre situazioni,  entriamo in uno stato modificato di coscienza e cominciamo a sognare, ricordare e sogni e ricordi si confondono. E’ il passaggio tra l’emisfero sinistro, quello razionale e il destro,  quello emotivo. Gli psiconeurologi  spiegano che  stiamo bene quando possiamo utilizzare in maniera fluida questo interscambio. Quando la realtà e la fantasia che viene processata dal ricordo,  si mescolano  senza  censure. Quando possiamo ricordare, immergerci nel nostro inconscio senza il  timore di essere “puniti”.

Simon non lo può fare, qualcosa lo blocca.

Al di la della trama del film che ripeto vale la pena di vedere, il regista propone una sua teoria sul funzionamento della  mente che è interessante. Ad esempio c’è un discorso sui meccanismi di dipendenza  che mi è sembrato vero ed alcune affermazioni sono illuminanti.  Sono poi spacciate come nuove teorie, delle banalità.  Ad esempio dice la dottoressa Elisabeth:  noi siamo i nostri ricordi, il nostro vissuto. Quando questi ricordi li percepiamo come pericolosi e li censuriamo provochiamo un deficit nella percezione di noi stessi.  E’ il classico meccanismo di difesa freudiana, la nevrosi.

Il regista aggiunge però  qualcosa  e dice: attenti, se andiamo a rimuovere questo meccanismo non è assolutamente detto che tutto ritorni normale e troviamo ciò che abbiamo perso. Nella metafora cinematografica: il quadro, anzi, ci possiamo trovare davanti ad un groviglio quasi inestricabile. Verità e menzogna si confondono e non possono essere separati. E’  questo  il  tema del  film ed  è vero. Oltre la difesa c’è il magma dove verità e menzogna, buono e cattivo, bello e brutto, bianco e nero sono un tutt’uno. Ciò che non è credibile è la soluzione terapeutica proposta e anche un po’ enfatizzata dal regista: l’ipnosi.

Devo dire  che  Danny Boyle è credibile nella suo tentativo di capire ed esplorare le alterazioni degli stati mentali,  al punto che anche  grossolane  contradizione con se stesso evidenziano la sua buonafede e  volontà di ricerca. La dottoressa Elisabeth dice che solo il 5% della popolazione può essere indotta in trance,  ma che serve una terapia che funziona sul 5% della popolazione? Tanto più che ella cura   tutto il giorno nevrosi di ogni tipo e, i pazienti guariscono o ritrovano ciò che hanno perduto anche in una sola seduta. Esagerato? Certo ma, racconta della voglia di  “trovare”,  ma soprattutto la fatica di abbandonare la fantasia magica dei bambini. La fatica di confrontarsi con i fantasmi archetipici, con il magma.

Sapete qual è il titolo del quadro di Goya che viene rubato?  “Streghe nell’Aria”.

 

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Tags: cinema, ipnosi, magia, psicoterapeuta, psicoterapia, Trance


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