Magazine Talenti

Iper-inferno [15]: “Procel”

Da Ludovicopolidattilo

dead fly art 1Le mosche morte di Magnus Muhr vi intratterranno altrimenti se cliccherete qui.

Guidare col finestrino aperto lato-guidatore sera-estiva braccio-fuori effetto-fresco non è attività priva di conseguenze. Veicolato da una connivente femmina adulta di dermatobia hominis che chiunque, entomologi a parte, scambierebbe per una mosca qualsiasi, vengo deposto all’interno del tuo agevolmente raggiungibile e altrettanto agevolmente violabile orecchio sinistro. So essere uovo quanto occorre. So divenire larva quando occorre. So scavare dentro di te senza che tu ne sia consapevole. Senza dolore dunque. Non senza conseguenze.

Raggiunto il cervello faccio una nuotatina nel liquido cerebro-spinale che a dirla tutta non è disprezzabile nemmeno come drink. Mi guardo in giro nel lobo temporale. Ho tempo. Individuo l’area di Wernicke, quella che mi interessa, la raggiungo. Sono qui, nel giro temporale superiore, rostralmente alla corteccia uditiva primaria. Gongolo. Mi fregherei le mani se le avessi. Ci siamo.

Scavo facendo meno danno possibile nella tua neocorteccia. Mi avvolgo nelle tue connessioni cortico-corticali e cortico-sottocorticali come in un bozzolo. Mi intrappolo. Sembro un alpinista che passa la notte imbrigliandosi nelle corde sul versante pakistano del K2 prima dell’ascesa finale. Sembro una versione deficiente di Tarzan incastrata in mezzo alle liane. Inspirerei se si potesse. Calmo. Fermo. Ora. Il mio morso dentro la polpa di neuroni, glia e fibre nervose della tua saporita neocorteccia. Qui di mielina non ce n’è. Peccato. Sarebbe come la maionese tonnata sull’omonimo vitello. Serro la mascella con tutta la forza che ho e non mollo qualsiasi cosa accada. Stringo e penetro nella polpa neuronale e quando sono arrivato abbastanza dentro e ci sono stato abbastanza a lungo siamo diventati la stessa cosa. Quasi.

Ora, se la letteratura scientifica attualmente disponibile, le teorie di Rauschecker, gli studi basati sull’imaging a risonanza magnetica funzionale e la tomografia a emissione di positroni non dicono cazzate, ho i miei denti piantati nell’area corticale deputata alla comprensione e alla produzione del linguaggio. Del tuo linguaggio. Quindi d’ora innanzi sarò io a parlare con la tua bocca. Io parlo/tu zitto. Io parlo/tu taci. Sono la larva di mosca che ti dirà cosa dire. Proviamo.

Inizio ad ascoltarti per trovare il ritmo. Comprendo come parli tu. Come sali, scendi, attendi, incalzi, latiti, esplodi, indugi, assedi. Imparo come respiri prima di ogni emissione vocale. Ti sento dire Prediligo la toma d’alpeggio di media stagionatura. Ti sento dire I noduli al seno di Jennifer sono di natura benigna. Ti sento dire Restituiscimi il CD del clavicembalo ben temperato nell’esecuzione di Helmut Walcha. Sperimentiamo.

Una variazione quasi impercettibile per iniziare. Prediligo la toma d’alpeggio di stagionatura intermedia. Meno male che i noduli al seno di Jennifer sono di natura benigna. Per favore restituiscimi il CD del clavicembalo ben temperato nell’esecuzione di Helmut Walcha. Funziona. Diamoci dentro.

Oso inserire un piccolo paradosso. Prediligo la toma d’alpeggio di eterna stagionatura. I noduli al seno di Jennifer sono di natura karmica. Restituiscimi il CD del clavicembalo relativamente ben temperato nell’esecuzione di Helmut Walcha. Funziona. Incalzo.

Il tutto per tutto. Prediligo la toma d’alpeggio di media stagionatura sia come alimento sia come coadiuvante nell’ambito dei più sfrenati giochi erotici. I noduli al seno di Jennifer sono di natura benigna e il turgore delle sue mammelle mi fa sbarellare. Restituiscimi il CD del clavicembalo piuttosto ben temperato nell’esecuzione di Helmut Walcha o darò fuoco al tuo condominio. Ho il completo controllo. Posso fregarmene delle conseguenze sociali. Guido io.

Lasciamo perdere i giochini e facciamo sul serio. Devo solo attendere che tu sia immerso in una folla di estrazione sociale variabile. Manifestazioni, eventi pubblici, fiere campionarie. Va bene tutto. Quando accade sono pronto. Se sei salito su un supporto, pidistallo, luogo elevato, stabile piattaforma, trespolo, pulpito o torre, ancora meglio. Si udirà senza problemi quanto ho da dire. Accade adesso e io inizio a parlare con la tua bocca e le mie parole sono queste.

La parola che pronunciate più spesso è Io. La seconda parola che pronunciate più spesso è voglio. La terza parola che pronunciate più spesso è tutto. Avreste modo di dire molto altro ma vi risolvete a dire, ma vi limitate a dire, Io voglio tutto. Avreste modo di dire io Ti amo all’albero che vi fa ombra, netta l’aria e tiene insieme la terra della montagna affinché non vi seppelisca la dimora e invece dite Io voglio tutto. Avreste modo di dire io Ti amo a una donna, a un poema, a una sinfonia, a un cielo, a un progetto, a una stronzata qualsiasi purché sublime imprevedibile stronzata sia. Dicendo Io voglio tutto ciò che intendete dire in realtà è Io sono tutto. Dicendo Io sono tutto ciò che intendete dire in realtà è Io sarò sempre. Avete il linguaggio e la bocca per dirlo. Avete le parole per nominare ogni cosa e avete capito che quando nominate una cosa con il nome che non è il suo dite poesia. Eppure dite Io voglio tutto. C’è la parola sbagliata che fa diventare meraviglioso l’oggetto cui erroneamente si riferisce e fa scoprire di quell’oggetto un lato nascosto, una funzione ignorata. La sua bellezza. Dite quella parola sbagliata. Piuttosto dite la parola giusta e attendete il momento opportuno, in cui sarete liberi di dire la parola sbagliata, ma non dite solo ineludibilmente incessantemente Io voglio tutto. Scrivete ciò che non potete ancora dire. Qualcuno leggerà ciò che avete scritto. Quanto non può essere detto ora verrà scritto nel libro chiamato Hypertartaros e il suo nome spaventerà quanti non sono pronti a leggere. Quanti non sono pronti a sapere. Quanti non sono pronti a dire. Usate la bocca per sputare, masticare, leccare, sbavare e ruttare o peggio ancora per non dire nulla. Usatela piuttosto per dire chi siete e ciò, immediatamente, diverrete. Sembro uomo ma sono l’essere che calpestereste e calpesterete incontrandolo innanzi al piede. Dico di essere uomo e oggi lo divento. Se avrò fame non mangerò più del cervello che mi ospita. Piuttosto morirò che nutrirmene. Comprendere e dire le parole che oggi ho compreso e detto vale molto di più di una vita di verme.

Perché proprio io mi chiedi. Poiché apristi il finestrino lato-guidatore al male.



Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :

Magazine